La lezione di Giuseppina persa nei boschi
- e questo non ci meraviglia, vedremo poi perché – la storia di Giuseppina Bardelli, 88 anni, che si è persa in un bosco e ci è rimasta per quattro giorni e poi, fortunatamente, è stata ritrovata. Una storia a lieto fine ma che ha, a mio parere, molto da insegnarci. La vicenda è molto semplice: nei giorni scorsi, la signora Giuseppina era andata con il figlio a «caccia di funghi», a un certo punto è scivolata in una scarpata, il figlio non l’ha più vista e non l’ha più trovata nessuno per quattro giorni.
Si sono dati da fare in molti, a Monterecchio nel Varesotto, a cercarla perché conosciuta da tutta la comunità e quindi - in Italia queste cose succedono ancora - la comunità stessa si è data da fare su e giù per i boschi.Finalmente un ragazzo, Matteo, appunto dopo quattro giorni l’ha ritrovata, ha provato a metterle il collare, pensando a qualche trauma alla testa, ma Giuseppina, senza neanche pensarci un attimo e dimostrando anche un notevole senso dell’ironia dopo quattro giorni passati all’addiaccio, gli ha detto: «Così mi uccidi tu». Non ho avuto modo di conoscere Giuseppina, ma dev’essere proprio un bel tipo, perché una che reagisce così ai primi soccorsi dopo giorni e notti dispersa in un bosco ha una forza che neanche mille influencer messi insieme che se la sarebbero tutti fatta addosso. Peggio ancora i leoni da tastiera, quelli che insultano senza farsi conoscere: forse li avrebbero trovati in stato confusionale (del resto è il loro stato normale), ma aggravato dalla situazione.
Ma torniamo a Giuseppina. Che non si è persa d’animo e, pur sentendo le voci dei soccorritori, non riusciva a farsi sentire. Chiunque altro, in quelle condizioni, avrebbe pensato che fosse finita. No, lei ha bevuto acqua piovana, col buio si copriva col fogliame per avere una specie di coperta e così dormiva. È stata visitata varie volte da qualche animale, in particolare una volpe alla quale ha raccontato che le parlava dicendo: «Non farmi niente, io sono brava, serena» oltre a questo tutte le sere recitava il rosario perché, nonostante la forza, comunque sentiva male, essendosi rotta alcune costole con una di queste che le ha perforato, per fortuna superficialmente, un polmone. Come ha dichiarato il figlio avrà bisogno di qualche giorno di degenza, e ci credo, io probabilmente sarei morto o mi avrebbero dovuto ricoverare in psichiatria e passare lì un po’ di tempo. Io di anni ne ho 22 meno di lei; ma, in realtà, ho un secolo in più vista la reazione di Giuseppina.
La nostra eroina è nata nel 1936. Era il 1946 quando aveva dieci anni e in Italia si votava tra Repubblica e Monarchia e veniva eletta il 2 giugno la Costituente. Questo vuol dire che Giuseppina da piccola è incappata nella Seconda guerra mondiale. Ha conosciuto i bombardamenti, le sirene che li annunciavano, la lotta dei partigiani, il fascismo, i nazisti, ha visto gli americani che liberavano la Penisola, magari è stata sfollata e di certo, a meno che i suoi non fossero contadini, ha sofferto anche un po’ di fame e se non l’ha sofferta lei ha visto soffrirla ai genitori e alla popolazione. Poi, però, ha visto anche l’Italia più bella, quella del Dopoguerra, quella dell’entusiasmo di ricostruire un Paese distrutto, di godersi la libertà ritrovata, di vedere tutti che si rimboccavano le maniche e, sotto i governi De Gasperi, ricostruivano il Paese.
Dunque, ha visto un’Italia bruttissima e un’Italia bellissima, con una classe dirigente politica che ispirava fiducia in tutti comunque la si pensasse. Questo lo ha visto tra i dieci e i vent’anni. Ora, se sommiamo i vent’anni di Giuseppina dal ’36 al ’56 capiamo molto della sua reazione in quei terribili quattro giorni passati nel bosco da sola. Perché è vero che oggi ha 88 anni, ma la sua fibra si è strutturata in vent’anni formidabili e tragici della storia italiana e quella struttura non si perde perché, se Dio ti assiste e la natura ti ha dato un fisico forte, l’anima, lo spirito, il cuore, la mente rimangono capaci di reagire al peggio e capaci, parimenti, di essere grati alla vita per ciò che si è passato. Giuseppina mi ha fatto venire in mente mio babbo, lui morto prematuramente ma gioioso di vivere fino in fondo come la mia mamma perché ambedue, lei in Toscana e lui in un campo di deportazione per due anni, hanno vissuto il peggio e poi si sono gustati e hanno respirato a pieni polmoni tutto il meglio che la vita offriva loro. Questo ci insegna la storia di Giuseppina nel momento in cui qualcuno va in crisi per un brutto commento sui social. A confronto del tempo in cui Giuseppina ha costruito la propria vita oggi è un tempo di inconsistenza dove si vive spesso di nulla e per nulla. Come diceva Eduardo De Filippo: «Ha da passà ’a nuttata».