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Сентябрь
2024

Bandiera jugoslava sul palco: Bijelo Dugme nella bufera

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BELGRADO. La Jugoslavia è morta e sepolta, ma il suo fantasma riesce ancora a suscitare forti emozioni. E polemiche senza fine, ben sopra le righe. Jugoslavia che è di nuovo protagonista delle cronache balcaniche a causa di una band iconica, emblema dello “Yu Rock”, al centro di furiose dispute in questi giorni in Croazia.

Si tratta dei Bijelo Dugme, forse il più celebre gruppo rock nella regione, nato a Sarajevo nel 1974, con Goran Bregovic fra le sue anime e poi per decenni al top delle classifiche fino alla disgregazione della Jugoslavia. Ma ora il gruppo è tornato in tour, riempie di nuovo stadi e palazzetti in tutti i Balcani per il 50esimo della sua formazione. Durante una tappa della tournée non tutti, fra il pubblico e altrove, hanno però apprezzato la performance. La miccia, al concerto a Spalato dei Bijelo Dugme, quando il frontman Alen Islamovic, mentre sui maxischermi alle sue spalle scorrevano gigantesche bandiere jugoslave, ha intonato “Pljuni i zapjevaj, moja Jugoslavijo” (Spunta e canta, Jugoslavia mia), uno dei pezzi forti della band, capace di far risalire l’audience come ai tempi relativamente felici e tranquilli degli Anni Ottanta.

In Croazia, tuttavia, una piccolissima parte del parterre ha fischiato Islamovic per la canzone troppo “filo-jugoslava” e per i tricolori con la stella rossa. Ma le contestazioni non si sono limitate ai fischi. Dopo il concerto, ad aprire le danze contro l’apologia della Jugoslavia è stata l’Associazione dei reduci croati delle guerre jugoslave, che hanno presentato addirittura una denuncia contro gli organizzatori del concerto e hanno chiesto che il cantante Islamovic sia dichiarato «persona non grata» in Croazia. Il suo “crimine”? Aver fatto propaganda «dell’ideologia comunista e dei suoi simboli», di quel regime che ha sulla coscienza «crimini terribili commessi» sul suolo croato. Sulla stessa lunghezza d’onda, anche gli ex volontari “Difensori di Vukovar”, che hanno chiesto un’inchiesta sulla «promozione» degli odiati simboli della Jugoslavia a Spalato. Successivamente, le critiche sono ulteriormente salite di tono.

Cantare quella canzone «in una città che è stata sotto un assedio brutale» da parte dell’esercito federale, la Jna, altro non è che «una provocazione verso il popolo e lo Stato croato», ha affermato così il braccio spalatino del Movimento patriottico (Dp), partito della destra nazionalista oggi nel governo nazionale. Dp che è andato oltre, consigliando di non nascondere il caso sotto il tappeto, a meno che «in futuro i cittadini non decidano di farsi giustizia da soli, ripulendo il palcoscenico da organizzatori e cantante».

Difficile però che il caso diventi giudiziario, per una «canzone nata 40 anni fa», ma riproporla in Croazia è stato «imbarazzante», la posizione del ministro degli Interni croato, Bozinovic. Ma ci sono anche voci dissonanti. L’ultradestra usa questi pretesti per far sentire la sua voce, ha sostenuto la cantautrice croata Alka Vuica, mentre l’ex ministro socialdemocratico croato Ranko Ostojic ha condannato le «aperte minacce» della destra contro Islamovic.

I Bijelo Dugme hanno evocato uno Stato «di cui tutti abbiamo fatto parte», quella Jugoslavia che non può avere di per sé «una connotazione negativa assoluta», la voce del celebre avvocato Anto Nobilo. Nel frattempo, Islamovic ha detto di essere solo «un impiegato» di Bregovic, leader del gruppo e di cantare ciò che gli viene chiesto. Ma ha ammesso di essere ora preoccupato per sé e la propria famiglia