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Stefano, professione carrozziere:  «Passione per le auto e impegno per riportarle ad essere nuove»

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BARONE CANAVESE. Da sempre innamorato di automobili e soprattutto di riparazioni a livello di carrozzeria, Stefano Brach Zanino, 35 anni, di Barone Canavese, ha trasformato la sua passione in un mestiere ed ha ereditato l'officina di famiglia. Una scelta che, con il passare del tempo, per lui si è rivelata sempre più azzeccata e soddisfacente.

Com'è nata l'idea di svolgere l'attività di carrozziere? «Devo tutto a mio padre Adriano, il quale mi ha saputo trasmettere questo lavoro, soprattutto nei suoi aspetti più professionali. All'età di sedici anni ho scelto se continuare ad andare a scuola all'Itis di Ivrea, oppure iniziare ad entrare nel mondo del lavoro, preferendo la seconda opzione, non tanto perché volessi appendere i libri al chiodo, quanto più perché volevo entrare al più presto nel mondo del lavoro, cominciare così ad essere sempre più indipendente ed iniziare a costruirmi il futuro. In quegli anni poi, giocavo anche a calcio nell'allora Real Canavese e con gli allenamenti non era mai facile conciliare il tutto. Ho imparato i rudimenti del mestiere da mio padre, cercando ogni giorno di apprendere sempre di più, fino ad aprirmi qualche anno fa un’officina dove riparo le autovetture da un punto di vista della carrozzeria».

Quali sono le parti più difficili e facili di questo lavoro?
«Partendo da quella più difficile, sicuramente quella di occuparmi di autovetture su cui non ho mai lavorato prima e che non conosco in maniera approfondita: tagliare saldare, raddrizzare la lamiera, capire quali sono le parti da sostituire e se sono già disponibili in officina o se sono a ordinare, ma anche le ore di lavoro per rimettere la macchina a nuovo e la spesa che il cliente deve sobbarcarsi, sono tutti aspetti molto importanti, in cui è fondamentale avere le idee chiare per fare un lavoro efficace e di qualità. Per quanto riguarda invece la parte più facile, o per meglio dire meno difficile di questo lavoro, direi sabbiare, stuccare, carteggiare ed infine verniciare».

Ha avuto la possibilità di riparare autovetture particolari?
«Ho riparato qualche Duetto, macchina prodotta da Alfa Romeo e vecchie 500 Fiat, auto d'epoca che ho dovuto restaurare da capo a piedi. È stato molto entusiasmante lavorare u queste auto, vista la loro storia nel mondo automobilistico italiano».

Generalmente, quante automobili ospita nella sua officina e qual è il periodo dell'anno di maggior afflusso?
«In media ricevo dalle cinque alle dieci auto a settimana, ma il numero non mi spaventa, più che altro è importante tanto la quantità di auto presenti in officina, ma valutare l'entità del danno di ciascuna macchina ed organizzarmi così con il lavoro da svolgere, in base anche alle esigenze del cliente. Per quanto riguarda invece il periodo di maggior affluenza di autovetture, dopo le ferie estive in particolare le persone vengono a portarmi l'autovettura da riparare, mentre per quanto concerne il periodo di minor aiuto da parte del carrozziere è quello invernale, perché si circola meno sulle strade, con il rischio di incidenti che è di conseguenza minore (a livello di danni provocati da eventi atmosferici, la grandine estiva è sostituita dal gelo e dagli eventi nevosi)».

Che cosa consiglia a chi si vuole avvicinare per la prima volta a questa professione?
«Innanzitutto per poter svolgere questo lavoro di carrozziere bisogna avere la passione per il mondo delle auto, in particolare riportarle il più possibile a come sono uscite dal concessionario. Le strade praticabili poi sono due: la prima è quella di frequentare corsi per specializzarsi sempre più in questo settore, cercando sempre di aggiornarsi sulle nuove metodologie di lavoro e tecniche innovative che usciranno con il passare del tempo per migliorare sempre più la qualità del lavoro d'officina, con soddisfazione della clientela, che poi ritorna nuovamente. La seconda invece, è quella come nel mio caso, di autodidatta, in cui però non si smette mai d'imparare, perché ogni macchina ha una riparazione diversa dall'altra ed il bello di questo lavoro è anche questo».

E la speranza di Brach Zanino è che la tradizione di famiglia possa continuare in futuro con lo stesso entusiasmo, professionalità e competenza avuti prima dal padre Adriano e poi ora dal figlio Stefano.