Un affitto giusto è possibile
Con l’esplosione dei prezzi, dovuta anche al dilagare delle locazioni brevi per i turisti, trovare un appartamento dove stabilirsi è sempre più arduo. Ma una serie di provvedimenti potrebbero calmierare il mercato. Ecco come funzionano.
La corsa degli affitti non lascia scampo a chi è alla ricerca di un tetto per un periodo più lungo del mordi-e -fuggi da turista. È proprio il boom delle locazioni brevi, spinte dall’«overtourism», il fenomeno dell’ultimo anno, a far alzare i prezzi. Ma una serie di provvedimenti potrebbero calmierare il mercato anche se i tempi non si preannunciano brevi. Stiamo parlando del decreto Salva casa che sana una serie di piccole irregolarità, rimuovendo gli ostacoli che rendono difficoltoso vendere un immobile che ha qualcosa fuori posto. Un pacchetto di misure che sembra ritagliato su misura per la domanda attuale del mercato orientato ai piccoli tagli, a uso di chi ha poche disponibilità economiche o vuole fare un investimento. L’obiettivo, come ha sottolineato il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, è «l’ampliamento dell’offerta abitativa e, auspicabilmente, anche una riduzione del costo degli affitti». L’altro provvedimento è l’introduzione del Cin, il Codice identificativo unico nazionale, che dovrebbe combattere la piaga delle locazioni in nero.
C’è poi un altro fattore che sta dando risultati: con gli sconti fiscali un nuovo affitto su tre è a canone calmierato. Ma andiamo con ordine. Qualche numero è utile a capire in quale contesto queste misure si innestano. Secondo l’ultimo report pubblicato dal portale immobiliare Idealista, nel primo trimestre di quest’anno il costo degli affitti ha mostrato una nuova crescita pari al +5,3 per cento. Questo incremento ha portato il prezzo medio al metro quadrato a 13,2 euro mensili con punte di 23,3 euro a Milano, 20,7 a Firenze, 17,8 a Venezia e 16,1 a Roma. Rispetto allo stesso periodo del 2023, l’aumento è stato del 13,9 per cento. A Milano durante la Design Week, nell’aprile scorso, prendere casa a Brera per una settimana è arrivato a costare più di settemila euro, mentre normalmente si va tra le 150 e le 200 euro a notte. Una media che a Venezia è di 209 euro a notte, a Roma 250 euro, Firenze intorno ai 200 euro, anche se appartamenti con vista sulla cupola del Brunelleschi toccano i 500 euro al giorno a persona.
Cosa sta succedendo? Per trovare uno dei responsabili bisogna andare a Francoforte, in Germania. Finché i tassi determinati appunto dalla Banca centrale europea resteranno alti, impattando sui mutui, l’acquisto di una casa continuerà a essere un privilegio per alti portafogli. Quindi chi ha bisogno di un tetto sulla testa deve rivolgersi al mercato delle locazioni. Punto due: aumentando la domanda, per la banale legge del mercato, salgono i prezzi. Terzo: i b&b. Approfittando dell’esplosione del turismo, chi ha un immobile, piuttosto che farci entrare qualcuno che dopo un paio di mesi non paga ed è difficile da mandare via, lo mette su Airbnb. Il che significa, incassi sicuri spesso in nero e zero problemi di morosità. Confesercenti ha stimato che in Italia dal 2014 a oggi, i b&b sono aumentati del 147 per cento, raggiungendo le 34.975 unità. Solo sul portale Airbnb, ad agosto, ci sono state in offerta oltre 700 mila sistemazioni, di cui l’85 per cento circa appartamenti riconvertiti all’ospitalità turistica, per la maggior parte gestiti dal proprietario. Il fenomeno è particolarmente diffuso nelle grandi città dove si concentra il flusso turistico ma dove la domanda di alloggi è maggiore: nei comuni con oltre 250 mila abitanti le imprese della ricettività diffusa sono passate in dieci anni da 2.823 a 8.579, con un incremento del 204 per cento. Ma gli affitti brevi sono dilagati anche nelle piccole località con una popolazione compresa tra cinque e 15 mila abitanti (+136 per cento) e nei micro-comuni con meno di cinquemila residenti (+80 per cento).
Questo tipo di attività imprenditoriale è anche favorita dalla facilità con cui si possono evadere le imposte. Mancano i controlli e tante realtà non sono nemmeno sulle piattaforme online ma vivono di passaparola. Un freno al «nero» dovrebbe venire dall’introduzione del Cin, il Codice identificativo unico nazionale, a partire da settembre, in vigore per i contratti di durata inferiore a 30 giorni. Per richiederlo si deve accedere alla banca dati delle strutture ricettive sul sito del ministero del Turismo. Il Cin deve comparire in ogni annuncio ed essere esposto all’esterno dell’immobile. La mancata registrazione comporta una multa da 800 a ottomila euro mentre se non viene esposto la sanzione è da 500 a cinquemila euro.
Invece chi affitta più di quattro immobili senza la segnalazione certificata, rischia di dover pagare da due a diecimila euro. Per le imposte si può scegliere tra la cedolare secca (il 21 per cento sui proventi) e l’Irpef. Alcuni critici sostengono che le sanzioni non sono poi così alte da disincentivare l’illegalità. Con appartamenti nelle grandi città affittati a 400 euro a notte, i costi del rischio di sottrarsi al fisco sono presto fatti. Ma il presidente di Scenari Immobiliari, Mario Breglia, è ottimista: «Il Cin regolarizzerà un mercato ora selvaggio. Le banche dati sono sempre più interconnesse ed è facile far emergere gli abusi. Senza contare che gli stranieri sono abituati a pagare con la carta di credito e in anticipo, sulle piattaforme di prenotazione delle stanze». Breglia fa anche notare che «i proprietari sono più sensibili al tema della sicurezza. Affittare a chiunque, senza alcun tracciamento, significa esporsi al rischio di vandalismi, di ritrovarsi la casa distrutta e dover affrontare spese ingenti per le riparazioni del caso».
Richieste di locazioni così alti non sono la normalità, riguardano piuttosto situazioni particolari di immobili in zone centralissime e durante eventi di richiamo. In altri casi invece è emerso un fenomeno interessante, spinto dagli sconti fiscali. Dalle rilevazioni dell’Agenzia delle entrate emerge che un contratto di affitto su tre è a canone concordato, che è quello definito dalle intese locali. Nel primo trimestre di quest’anno il 28,4 per cento del totale (nel 2016 erano il 22,6 per cento). In questo canale calmierato rientra anche il 3,8 per cento delle locazioni agli studenti. «Spesso non si considera che gran parte dei proprietari preferiscono formule sicure anche se meno redditizie» commenta Breglia. L’affitto concordato è distante dai livelli di mercato ma ai proprietari consente di applicare la fiscalità agevolata della cedolare secca al 10 per cento, anziché al 21 per cento, e lo sconto fiscale del 25 per cento sull’Imu (più eventuali aliquote ridotte decise dai Comuni). Inoltre, sul fenomeno può aver inciso il timore che inquilini disposti a versare il maggior canone di mercato alla fine si rivelino morosi. Questo però non vuol dire che il problema della casa ha imboccato la strada della soluzione. I contratti concordati possono essere ancora onerosi per le categorie fragili. Qualcosa però si sta muovendo, e nella direzione giusta.