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Terreni edificabili solo sulla carta, ultimi 4 anni di Imu rimborsati

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Un cittadino feltrino ha vinto la battaglia contro il Comune riuscendo ad ottenere il rimborso Imu, precedentemente versato negli ultimi 4 anni, in base all’applicazione dell’articolo 53 della costituzione italiana in materia di terreni interamente ricadenti su area a vincolo idraulico e in base a delle recenti sentenze della Corte di cassazione.

Sono le abitazioni che insistono lungo i corsi d’acqua, nel caso specifico il torrente Sonna.

Grazie a tutto ciò il Comune di Feltre è stato costretto a rivedere le proprie pretese fiscali e a bonificare l’importo economico precedentemente riscosso erroneamente. In tutto sono 508 euro.

Una sentenza che probabilmente interessa altri cittadini di Feltre e che ovviamente vale in qualunque comune italiano e si riferisce anche a un eventuale vincolo ferroviario.

L’articolo 53 prevede che tutti i cittadini e gli stranieri con interessi economici in Italia abbiano il dovere di contribuire alle spese dello Stato mediante prelievi fiscali, in ragione della capacità contributiva di ciascuno e secondo criteri di progressività (e non di proporzionalità).

Dall’introduzione dell’Ici (ora Imu), il tema della tassazione delle aree fabbricabili è stato quello che di più negli anni ha generato contenzioso tra Comuni e contribuenti.

La questione che maggiormente ha impegnato la giurisprudenza è stata senza dubbio quella della corretta tassazione delle “aree fabbricabili” definite tali dal piano urbanistico comunale, ma “in concreto inedificabili” per la presenza di un vincolo sul terreno che ne impediva lo sfruttamento edificatorio in quel determinato anno d’imposta. Il caso in questione è legato ad un terreno di fatto inedificabile perché soggetto a “vincolo idrogeologico”.

Dopo anni di studio, la Corte di cassazione è arrivata alla conclusione che la corretta tassazione Ici/Imu di un’area fabbricabile è tutta una questione legata alla corretta individuazione dello specifico valore venale del terreno, nel senso che il prelievo tributario sarà compatibile al principio di capacità contributiva solo quando la base imponibile sarà pari all’effettivo valore venale del terreno, valutato ai sensi dell’art. 5, comma 5, del DLgs. n.504/1992, quindi alla luce della sua reale potenzialità edificatoria o di altro utilizzo ammesso.

Come precisato dalla Suprema Corte nelle recenti pronunce, se è pur vero che un terreno che viene inserito dallo strumento urbanistico comunale tra le area fabbricabili anche nel caso in cui risulti in concreto inedificabile, acquisisce “natura giuridica” di area edificabile (in quanto astrattamente edificabile), questo però non determina necessariamente l’aumento del suo “valore venale” e il conseguente aumento del prelievo tributario, ma determina solo il mutamento del criterio di tassazione da quello “catastale” (tipico dei terreni agricoli) a quello del “valore venale” (tipico delle aree fabbricabili).

Quindi, riprendendo i due criteri guida sanciti dalle Sezioni Unite nella sentenza Corte di Cassazione, del 28/09/2006, n. 25506, ai quali tutte le nuove pronunce della Suprema Corte fanno riferimento, si possono trarre i seguenti principi ormai consolidati: il terreno inserito nello strumento urbanistico tra le aree fabbricabili diviene giuridicamente un terreno edificabile anche se sono presenti vincoli che impediscono in concreto l’utilizzo edificatorio dello stesso e pertanto soggetto al criterio del “valore venale” per la determinazione della base imponibile.

Quindi, nel caso del contribuente feltrino, su un terreno edificabile sulla carta, ma non edificabile nella realtà per la presenza di vicoli di vario genere, se i criteri di calcolo vengono applicati correttamente, il contribuente subirà un prelievo che non sarà mai superiore a quello giustificato dal reale valore del bene posseduto. Una sentenza che può essere presa in mano in qualsiasi Comune italiano.