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Сентябрь
2024

Tra i re della velocità alle Olimpiadi, il segreto di Akani Simbine si chiama Friuli: «Qui mi sento a casa»

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La sua abitazione e il suo cuore sono in Sudafrica. Ma Gemona, Majano e il Friuli sono qualcosa più di un semplice posto dove allenarsi. Sono la sua base in Europa, dove si sente «come se fossi a casa».

Akani Simbine non poteva trovare parole più forti per descrivere cosa significhi per lui questa terra, che lo accoglie dal 2013. Uno degli uomini più veloci del mondo, il quarto classificato sui 100 metri ai Giochi Olimpici di Parigi, costruisce parte dei suoi successi qui, dove arrivò neppure ventenne. Lo sprinter, mentre mette a punto l’ultima parte di stagione, racconta i suoi anni nella zona collinare della regione e rivela come non abbia nessun intenzione di cambiare il luogo dove svolge la sua preparazione estiva.

Simbine, com’è nato il suo legame con Gemona e il Friuli?

«Era il 2013 e, al tempo, avevo lo stesso manager di Oscar Pistorius, che già si allenava qui (il sudafricano primo atleta amputato a gareggiare nell’atletica ai Giochi Olimpici, ndr). Il mio agente mi prospettò la possibilità di venire in Italia, a Gemona, dove lui portava i suoi atleti e da dove poi viaggiavano per gareggiare in Europa. Ho accettato. Per me era la prima volta fuori dall’area meridionale africana, da cui ero uscito solo nel 2012 quando stabilì il nuovo record junior sudafricano sui 100 e corsi successivamente in 10’’19».

Cosa ha apprezzato maggiormente sin da subito del “ritiro” friulano?

«All’Hotel Willy, dove alloggio dall’inizio della mia esperienza italiana, mi fanno sentire come se fossi parte della loro famiglia. Mi sento come se fossi a casa, direi che è la mia casa lontano da casa. È bello avere questo feeling in un altro paese, incontrare persone che ti conoscono. Mi trovo a Gemona da fine maggio, torno in Sudafrica a settembre: è un periodo importante della preparazione, da qui mi sposto per scendere in pista in ogni parte del mondo. Mi aiuta molto stare in un posto così. Da Willy dormo sempre nella stessa camera, lui conosce già le mie preferenze. E sul cibo il personale della struttura ci viene incontro, assecondando le nostre abitudini alimentari, diverse dalle vostre. E’ bello perché cerca sempre di venire incontro alle richieste che abbiamo noi atleti».

La struttura di Gemona, in cui si è sempre allenato, è ora in rifacimento. Come si trova adesso a Majano?

«Bene, come a Gemona, che dispone di una pista buona, veloce. Qui si può fare tutto ciò che è necessario e quando serve. È positivo poter usufruire di un impianto così. Un altro aspetto che mi piace è che qui so come muovermi, giro in bicicletta. Questa è la mia casa europea, perché cambiare? Nella vita di un’atleta non c’è tempo per trovare un nuovo posto, analizzarlo e adattarsi. C’è bisogno di un luogo dove ti senti bene e in cui pensi ad allenarti. Poi ha anche imparato qualcosa in italiano, oltre al “mandi” (sorride, ndr)».

Simbine, come valuta il quarto posto di Parigi sui 100 metri? E che sapore ha la sua prima medaglia internazionale, conquistata nella 4x100?

«Sono soddisfatto del risultato individuale. Mi sono migliorato durante i turni, arrivando poi al primato personale in finale. È ciò che volevo assieme al mio allenatore. Chi mi ha preceduto ha corso leggermente più veloce di me, ma non sono rimasto deluso come dopo le precedenti finali olimpiche. L’argento nella 4x100 rappresenta un momento di felicità, tanti nel circuito mondiale sostenevano che fosse arrivato il tempo di conquistare una medaglia e ce l’ho fatta. Sono molto regolare, dal 2016 sono sempre tra i primi otto nei 100 metri e questo dice tanto non solo su di me, ma anche sul mio staff e sul loro lavoro. A Tokyo, ai mondiali del 2025, punto a salire sul podio della prova individuale».

Una parola sul suo rivale italiano Marcell Jacobs?

«È un grande atleta, che è stato sfortunato visti i tanti infortuni. Tuttavia ha più volte confermato di essere un ottimo sprinter e si sa, in questa disciplina bisogna lottare parecchio. Ho molto rispetto per lui».

Per chiudere: giocava a calcio ed era un ala destra, giusto?

«Sì. Mi piace il football, era il mio sogno diventare un calciatore. Seguo la serie A, un po’ l’Udinese. Ero stato allo stadio un paio di anni fa per il match con la Roma, volevo vedere Josè Mourinho, il mio idolo».