Il killer di Sharon, altro che psico-soccorso rosso, il gip lo inchioda: il suo stato mentale “totalmente integro”. E non solo…
Nell’interrogatorio con pm e inquirenti il killer di Sharon Moussa Sangare aveva sostenuto di non sapere perché abbia ucciso. Di più: nel drammatico racconto degli ultimi istanti di vita della povera barista 33enne, ha addirittura rivelato di aver chiesto scusa alla vittima per quello che si apprestava a fare, preda di un irrefrenabili raptus, frutto di un immotivato desiderio di uccidere. «Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa», ha detto l’assassino di Sharon nell’interrogatorio della confessione…
E da quel momento il silenzio dei buonisti ha parlato in suo soccorso più di mille parole. Parole che, quando ci sono state, hanno virato sulla pista dell’infermità mentale possibile. O, peggio ancora, si sono concentrate più che altro a polemizzare sui post di Salvini – vedi Luana Zanella, capogruppo dell’Alleanza Verdi e Sinistra che ci ha imbastito su un caso – e su strumentali motivazioni demagogicamente intestate alla causa Ius soli.
Stato mentale integro e premeditazione: viene giù il castello di carte dei buonisti sul killer di Sharon
Oggi però il castello di carte arraffazzonato dai soliti, immancabili buonisti, tra silenzi e polemiche di contorno, è venuto definitivamente giù. E a stigmatizzarlo in queste ore arrivano le motivazioni addotte dal gip nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere che convalida il fermo di Sangare. Per il magistrato del tribunale di Bergamo Raffaella Mascarino, infatti, che ha disposto la custodia cautelare in carcere per Moussa Sangare, lo stato mentale del 30enne nel momento dell’omicidio di Sharon Verzeni era «totalmente integro».
Il gip nell’ordinanza di convalida del fermo: il suo «stato mentale era totalmente integro»
E ancora. «Se pure le motivazioni addotte dall’indagato in ordine alla spinta che ha portato a commettere il fatto di sangue può destare qualche perplessità in ordine al suo stato mentale, nel momento di compiere l’omicidio però – recita un passaggio dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere – la lucidità mostrata nell’adottare tutta una serie di accorgimenti sia nei momenti precedenti al delitto, come l’aver vagato in giro fino a incontrare il bersaglio più vulnerabile, e in quelli immediatamente successivi», quando sfreccia in bicicletta, sceglie strade secondarie, perde il berretto che aveva in testa e torna indietro a recuperarlo. E «anche gli accorgimenti dei giorni seguenti», quando nasconde coltello e indumenti, cambia capigliatura e modifica la bicicletta, «evidenziano uno stato mentale pienamente integro».
I soggetti puntati da Sangare prima di identificare la sua vittima
Ma allora in cosa risiede il perché di tanta gratuita violenza? Di un accanimento malvagio perpetrato a danno di una vittima innocente, scelta però non proprio a caso. Ha vagato per oltre mezz’ora per i paesi della Bergamasca Moussa Sangare, prima di scegliere «il bersaglio più vulnerabile», sottolinea la gip Raffaella Mascarino nell’ordinanza con cui dispone la custodia cautelare in carcere per il 30enne che ha confessato l’omicidio di Sharon Verzeni. Sangare, infatti – a quanto si apprende da fonti qualificate – prima minaccia i ragazzini. Poi prende di mira una persona col computer a bordo di un’auto nel parcheggio del cimitero di Chignolo d’Isola. Quindi ne punta un altro che definisce ‘un pelato’. Quindi si concentra su un uomo che stava fumando una sigaretta, poi fa una prova di sgozzamento su una statua di donna a Terno d’Isola.
E infine vede e sceglie di colpire Sharon Verzeni, l’unica donna incontrata sulla sua strada. «Condotte – viene evidenziato nell’ordinanza – che denotano, ferma la originaria motivazione omicidiaria, come l’indagato abbia a lungo indugiato alla ricerca del bersaglio giusto, alla fine individuato nella povera Sharon Verzeni». Una «donna sola», che lui descrive «come intenta a guardare le stelle».
Il killer di Sharon resta in cella: il gip riconosce anche le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi
Non solo. «A fugare qualsiasi ulteriore perplessità – aggiunge la gip – c’è anche il fatto che Sangare «è stato portato in psichiatria subito dopo l’ingresso in carcere e non è stata rilevata alcuna traccia di patologia psichiatrica. Né remota, né recente». La sera dell’omicidio – a quanto raccontato dal 30enne – non avrebbe consumato alcolici né droghe. E non è ancora tutto, perché anche sul fronte della premeditazione, la gip del tribunale di Bergamo ha convalidato il fermo per omicidio pluriaggravato di Moussa Sangare, disponendo per il 30enne che ha confessato di aver ucciso Sharon Verzeni la custodia cautelare in carcere, come richiesto dalla procura, riconoscendo sia l’aggravante della premeditazione, che quella dei futili motivi.
Il killer di Sharon «ha ucciso per capriccio: cercava emozioni forti»
Moussa Sangare ha ucciso Sharon Verzeni «nella più totale assenza di qualche comprensibile motivazione, in maniera del tutto casuale, assolutamente gratuita, per non dire addirittura capricciosa», scrive la gip del tribunale di Bergamo nell’ordinanza di 39 pagine con cui ha disposto la custodia cautelare in carcere per il 30enne reo confesso. La giudice, tra l’altro, evidenzia «che l’omicidio sembra commesso da un soggetto che spesso in preda alla noia, non avendo stabile attività lavorativa. Impregnato dai valori trasmessi da un genere musicale che esalta la violenza, il sesso estremo, l’esigenza di prevalere attraverso la soggezione sugli altri».
Il gip nell’ordinanza: il killer di Sharon «ha scelto il bersaglio più vulnerabile»
Un uomo che «aveva architettato come passatempo quello di lanciare coltelli a una rudimentale sagoma di cartone, con apposto alla cima un cuscino su cui era disegnato un volto umano, sia stato assalito dal desiderio di provare realmente emozioni forti. In grado di scatenare nel suo animo quella scarica di adrenalina che Sangare ha cercato di descrivere, seguita da uno stato di benessere e relax». Un pensiero, quello che «l’esistenza di una giovane donna sia stata stroncata per soddisfare motivazioni di questo genere», che come opportunamente rileva il gip, «lascia francamente attoniti».
Dalla sagome in casa alle “esercitazioni” sulla statua di donna nel parco…
Soffermandosi sulla premeditazione, poi, impossibile prescindere dalla considerazione che quella notte il killer di Sharon era uscito di casa con in tasca 4 coltelli. Oltretutto, in questi giorni è stato reso noto anche che nell’appartamento che occupava abusivamente è stata trovata una sagoma di cartone con sopra uno smile sulla quale l’uomo pare si sia “esercitato” per compiere l’omicidio. Quel che non era ancora emerso ancora, ma in queste ore trapela rilanciato da diversi siti, è che Sangare – come riferisce Il Giornale tra gli altri – aveva «fatto delle altre prove con la statua di una donna che si trova nel parco di Terno».
Sopralluogo in casa Sangare: isolati reperti giudicati d’interesse investigativo
Nel pomeriggio, infine, i carabinieri del Ris di Parma, insieme al personale del Reparto Analisi Criminologiche (Rac) del Racis di Roma, del Reparto Crimini Violenti del Ros e del Nucleo Investigativo Carabinieri di Bergamo, hanno effettuato un accurato sopralluogo in un’abitazione nel comune di Suisio dove viveva il trentenne indagato per l’omicidio di Sharon Verzeni. Nel corso dell’attività sono stati isolati alcuni reperti giudicati d’interesse investigativo, che saranno successivamente esaminati nei laboratori del Ris di Parma. E parlando di reperti, il primo attenzionato dagli investigatori è proprio il coltello: l’arma del delitto.
Sangare e il coltello tenuto come “ricordo” dell’omicidio
«Non l’ho buttato nel fiume perché ho pensato che avrei potuto trovarlo ancora lì. Volevo tenerlo per avere memoria di quello che avevo fatto, come un ricordo». Queste le parole di Moussa Sangare, durante l’interrogatorio in carcere di questa mattina, con cui l’uomo indagato per l’omicidio di Sharon Verzeni ha risposto alla gip Raffaella Mascarino che gli chiedeva come mai avesse sotterrato sulle sponde dell’Adda il coltello che lui stesso ha detto di aver usato per uccidere. E perché non lo abbia invece buttato nel fiume come gli altri tre di cui si è disfatto. Una risposta, quella dell’uomo, che fuga ogni dubbio residuale. Se mai ce ne fossero ancora…
Il killer di Sharon, proteste dei detenuti: e scatta il trasferimento
E di dubbi sembrano averne pochi i detenuti del carcere di Bergamo dove Sangare è rinchiuso e da dove, da quanto si apprende da fonti investigative, il 30enne che ha confessato l’omicidio di Sharon Verzeni verrà trasferito a breve a un altro istituto penitenziario. Il motivo è: tutelare la sua incolumità. Nella casa circondariale di Via Gleno, infatti sono state lanciate bombolette incendiarie e c’è stato del nervosismo da parte della popolazione detenuta al momento dell’ingresso di Sangare…
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