Dentro le viscere della città: i segreti della Gorizia sotterranea
GORIZIA Canali, cunicoli, gallerie, camminamenti. La Gorizia sotterranea è uno scrigno di sorprese che ben pochi conoscono. Chi, invece, ha esplorato questo patrimonio che si cela ai nostri occhi è il Centro ricerche carsiche “Carlo Seppenhofer”.
Maurizio Tavagnutti, anima e memoria storica del gruppo speleologico, potrebbe scrivere un libro su ciò che c’è “di sotto”. Del resto, scendere - scrive in un libro lo scrittore-alpinista Bear Grylls - «è come aprire le porte di un nuovo mondo: si tratta di un ambiente ricco di sorprese nascoste, a tratti claustrofobico e poi vasto, vuoto e pieno, totalmente disabitato».
[[ge:gnn:ilpiccolo:14599799]]
Sotto via Petrarca
Chi è al corrente, ad esempio, che esiste una galleria sotterranea che si trova, interrata, su uno dei due controviali della centralissima via Petrarca? Per accedervi bisogna scendere in un pozzetto di circa tre metri, superare un breve cunicolo e, poi, entrare in quella che è la galleria principale che scorre parallela a via Petrarca, partendo da corso Verdi fino a via Cadorna e al parco della Valletta del Corno. Una galleria molto interessante, intrigante e antica che rappresenta l’ultimo tratto di una complessa rete di canali che, anticamente, servivano da “raccoglitori” delle acque reflue, provenienti dal colle del Castello di Gorizia per, poi, esser convogliate nel torrente Corno.
[[ge:gnn:ilpiccolo:14599800]]
La storia della “grapa”
Solo successivamente questi canali chiamati “grape”, nome derivato dal tedesco graben che significa fosso, furono coperte per consentire il passaggio delle carrozze, determinando una serie di gallerie percorribili dall’uomo. «La grapa - racconta Tavagnutti - era un lungo canale nato come opera di difesa alla base del colle del Castello».
[[ge:gnn:ilpiccolo:13786108]]
La collocazione storica è dubbia: si pensa appartenga al periodo compreso tra il 1300 e il 1500. Il suo percorso parte da via Rastello, attraversa via Roma e raggiunge via Oberdan, da qui prosegue per via Morelli e passando via Crispi, il giardino della Camera di commercio, via De Gasperi raggiunge infine via Mazzini, chiudendosi all’altezza di via Rabatta.
[[ge:gnn:ilpiccolo:14599793]]
Questo canale rappresenta probabilmente la prima rete fognaria della città. «Tant’è che nella galleria da cui si accede da piazza Vittoria, accanto alla fontana del Nettuno, e che raggiunge piazza De Amicis (Palazzo Attems), ci sono tuttora scarichi fognari che non rendono esattamente piacevole l’attraversamento», racconta ancora Tavagnutti.
Una testimonianza storica
Per capire come si sviluppava la grapa, ricordiamo la testimonianza storica del compianto Luciano Spangher nell’ormai lontano 2001. «Le piccole sorgenti ormai essiccate che, oltre alle acque meteoriche, alimentavano il canale provenivano a Nord delle falde del colle del Castello sopra il grande prato che avrebbe formato poi piazza della Vittoria e a Sud dalle falde della collina dove sorge oggi l’Università di Trieste sopra San Rocco. Questo ramo passava sotto il muro della Braida Lantieri superando l’attuale via omonima che venne poi costruita in rilevato nel 1912. I due rami che si erano formati si riunivano poi nell’attuale via Morelli, deviavano sotto il macello e il nuovo canale di dirigeva verso il Corno passando a fianco dell’ex cinema Moderno e per la via che affianca il giardino pubblico. Con il tempo il canale si era riempito di rifiuti e si era ridotto a un vero immondezzaio, cioè una grapa, nome con il quale vennero poi identificati, per traslazione tutti i fossi costruiti per raccogliere immondizie».
Una risorsa turistica
Queste risorse potrebbero essere sfruttate turisticamente anche nell’ottica della Capitale europea della cultura? «Sì, ma riferendomi ad esempio alla galleria cui si accede da via Petrarca, mi chiedo chi possa assumersi la responsabilità di portare là sotto tutta questa gente?», spiega Tavagnutti. Sono problemi oggettivi anche perché sarebbe opportuna un’operazione di messa in sicurezza.
Il deposito di birra nascosto
Ma ci sono anche altre curiosità nel sottosuolo di Gorizia. Il numero uno del Seppenhofer cita anche la cantina «ubicata in mezzo al parco della villa che sorge accanto alla storica ferramenta Cantarin. Un tempo - spiega Tavagnutti - lì risiedeva la contessa de Baguer Baum. Gli attuali proprietari, un paio di volte, ci hanno fatto entrare in quella suggestiva costruzione sotterranea che deve essere stata una fabbrica o un deposito di birra. Secondo il mio parere, risale al 1.600. È una delle tante chicche che Gorizia “nasconde” e di cui pochi sanno dell’esistenza».
Ci sono anche «la caverna militare che si trova in corrispondenza del capolinea dell’ascensore al Castello e le gallerie del Parco della Campagnuzza, realizzate dopo la presa di Gorizia. Si trovano sulla riva sinistra dell’Isonzo, ai margini Sud del Parco fluviale, appunto, della Campagnuzza».
Le gallerie usate nel corso della guerra
Nella parte terminale, la suggestiva area verde si caratterizza, infatti, per le alte pareti verticali di conglomerato debolmente cementato, di età quaternaria. La verticalità e l’altezza delle pareti furono sapientemente sfruttate dall’esercito italiano, nella Grande Guerra, dopo la presa di Gorizia, creando una lunga linea di baraccamenti per le proprie truppe a difesa dei bombardamenti austro-ungarici.
Secondo gli storici, è presumibile che le gallerie servissero, essenzialmente, come depositi di materiale logistico delle truppe. Al momento, sono state ispezionate dal Centro di ricerche carsiche Carlo Seppenhofer di Gorizia due gallerie, ri-individuate con le sigle Ca-Go 1 e Ca-Go 2, in attesa di inserirle nel catasto delle cavità artificiali della società speleologica italiana. Attualmente solamente la prima è stata oggetto di rilievo topografico.