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Kosovo-Serbia, rischio escalation: carabinieri schierati a Mitrovica

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BELGRADO Uno stillicidio di passi quantomeno incauti e casi controversi, che sta portando verso una nuova, pericolosa escalation. È il quadro che riguarda il nord del Kosovo, area a maggioranza serba sempre più inquieta a causa delle ultime mosse delle autorità kosovare e di una serie di eventi che hanno messo in allerta la minoranza serba.

Eventi come quelli registrati venerdì, quando la polizia kosovara è intervenuta per chiudere svariate istituzioni “parallele” serbe in quattro comuni a nord, che fornivano servizi importanti alla locale comunità, tra cui il Fondo pensioni, imprese pubbliche comunali, uffici amministrativi. Si trattava delle ultime rappresentanze concrete e insieme simboliche della Serbia in Kosovo. Kosovo dove non c’è però più spazio per servizi «illegali», ha sentenziato il ministro degli Interni kosovaro, Xhelal Svecla.

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«L’intrusione di membri armati della polizia speciale di Kurti», il premier kosovaro, in edifici «da cui dipende la sopravvivenza dei serbi» rappresenta «un pericoloso passo verso un’escalation di ampia portata», forse addirittura un conflitto, ha avvisato invece il ministero degli Esteri di Belgrado, mentre anche Ue e Usa hanno stigmatizzato l’operazione decisa da Pristina.

Che un’escalation sia dietro l’angolo è stato confermato ieri anche dallo schieramento di blindati e di carabinieri italiani della missione Nato Kfor, in tenuta antisommossa, sul ponte principale sul fiume Ibar, segno della divisione di Mitrovica tra nord serbo e sud albanese, che Kurti vorrebbe riaprire al traffico malgrado l’opposizione dei serbi del Kosovo, di Belgrado. E dell’Occidente – che negli ultimi giorni ha nuovamente bacchettato Pristina per le sue «azioni non coordinate», senza risultato.

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Ultimi passi verso il caos che arrivano dopo settimane di alta tensione, nel nord, con i serbi privati di istituzioni-chiave e spogliati di simboli, sostituiti da altri da loro avversati e letti come una provocazione. A far discutere, in particolare, l’apertura di una filiale delle Poste del Kosovo sul viale principale di Mitrovica nord, ufficio che va a occupare una delle tante succursali delle Poste serbe chiuse d’autorità da Pristina nei mesi scorsi. Poco distante, è apparsa l’insegna di Vala – Kosovo Telecom, operatore mobile kosovaro.

A fare scalpore è stata anche l’inaugurazione in gran pompa di un supermercato Meridian Express, catena kosovaro-albanese con 44 negozi nel resto del Kosovo, nella parte serba di Mitrovica, il primo del genere. A breve, seguiranno altre iniziative di aziende albanesi, con il via a pasticcerie, un fast food e farmacie di grandi catene kosovare, sempre in una parte di Mitrovica che, finora, era per loro off-limits.

Aperture – come quella che appare imminente del ponte principale tra nord e sud – che seguono a tante altre chiusure. Chiusure come appunto quelle delle filiali delle Poste serbe e della banca Postanska Stedionica, nell’ambito della “guerra del dinaro”, che ha stabilito la messa fuorilegge della valuta serba, sostituita dall’euro, che ha corso legale in Kosovo.

Stessa sorte anche per i distributori di carburante con il logo Nis, il colosso serbo degli idrocarburi. Poi c’è il nodo delicato del cambio forzato delle targhe serbe con targhe kosovare e delle patenti rilasciate dalla Serbia per i residenti del nord, sostituite con quelle del Kosovo. Nel frattempo, sui social circolano appelli al boicottaggio dei negozi gestiti da albanesi. I serbi che vi entreranno «saranno fotografati e sanzionati», si legge su uno dei messaggi. E visto il contesto, è evidente che basta una scintilla per far deflagrare l’area. —

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