Argentina, Milei mette il veto alla legge voluta dal parlamento per alzare le pensioni. Proteste di piazza represse dalla polizia
La motosega di Javier Milei si è inceppata, ancora una volta. Il presidente è nervoso, così il suo governo. Lo si vede nel modo rabbioso con cui ha reagito al voto del parlamento argentino della scorsa settimana, grazie al quale sono state alzate le pensioni. Il mantra di Milei è quello del pareggio di bilancio, risultato che va raggiunto solo diminuendo la spesa pubblica, non cercando di aumentare le entrate. Per questo il ritocco migliorativo del coefficiente di ricalcolo mensile delle pensioni, votato anche da chi alla Camera e al Senato siede nella maggioranza, va in direzione opposta ai desiderata presidenziali. Milei ha già detto che metterà il veto. Il dispositivo tornerà quindi nelle stanze parlamentari e potrà diventare legge solo se i due terzi del parlamento voteranno a favore. Proprio per questo associazioni di pensionati e pensionate hanno manifestato in centro a Buenos Aires, ma il corteo è stato represso dalla polizia. “Ci hanno preso a manganellate e ci hanno spruzzato gas urticante, è stata una follia”, ha affermato uno degli anziani che aveva aderito alla protesta, convocata dall’Unione dei lavoratori pensionati in lotta (Utjl) di fronte al palazzo del Congresso .
Pensionate e pensionati difendevano l’immediato innalzamento dell’8% delle pensioni. Con questo voto la “minima” arriva a circa 250 euro mensili, una cifra ben lontana dalla soglia di povertà che è fissata, per una famiglia di quattro persone, a circa 786 euro. E a settembre sono già stati annunciati nuovi aumenti per luce e gas. Secondo Milei “l’aggiustamento” delle pensioni inciderà sul PIL per l’1,2% e questo mette in crisi il raggiungimento dell’equilibrio fiscale. Ma il nervosismo dentro le maglie del governo è dato da altro, ovvero dalla difficile relazione con la coalizione di maggioranza e soprattutto con l’ex presidente Mauricio Macri. La Libertà Avanza, il partito di Milei, occupa pochi posti alla Camera e ancora meno al Senato. Ogni manovra deve passare, necessariamente, per i voti di Insieme per il Cambiamento – la coalizione elettorale tra Proposta Repubblicana (Pro) e Unione Civica Radicale. E se i radicali argentini non hanno mai digerito Milei, Macri (Pro) ha deciso di cavalcare l’ondata facendo pesare i proprio voti. Ed è proprio nelle tensioni con l’ex presidente che si è creato lo spazio per il voto a favore del ritocco delle pensioni.
Ma lo scontro di potere non è solo dentro le diverse formazioni che appoggiano la presidenza di Milei, ma anche all’interno della stessa formazione del presidente. Se per mesi si sono alternate voci, spesso zittite con violenza, di tensione tra Milei e la sua vice, Victoria Villarruel, ora lo scontro tra i due è palese. Soprattutto dopo che sei parlamentari di La Liberta Avanza hanno incontrato in carcere alcuni militari, condannati per crimini commessi duranti gli anni ’70, all’epoca della dittatura militare. Il caso è esploso ed è diventato elemento di discussione da bar, con Milei che ha detto pubblicamente che la situazione carceraria dei repressori della dittatura non è parte della sua agenda politica, mentre Villarruel ha preferito stare in silenzio. Ma per molti la visita in carcere è stata una mossa della vice presidente.
Le opposizioni sociali e istituzionali festeggiano e si intestano le vittorie ad ogni stop che il presidente subisce. Ma le difficoltà che Milei incontra nell’imporre la sua “motosega” sulla società sembrano arrivare da vicino e sono da ricercare negli scontri di potere nell’ultra destra. Questo all’alba del terzo incontro sudamericano del Foro di Madrid, alleanza dell’ultradestra internazionale nata nel 2020 su iniziativa del partito spagnolo Vox, che prenderà il via il 5 settembre a Buenos Aires.
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