Morbo della lingua blu uccide cinque yak in un allevamento
VALCHIUSA. Cinque yak di proprietà di Fulvio Bringhen, appassionato allevatore di animali esotici tra i quali, in passato, anche alcune renne, sono morti colpiti dal morbo della lingua blu nell’allevamento di località Fiaut, lungo la strada che da Inverso, frazione del Comune di Valchiusa, sale verso il Rifugio Cima Bossola.
Altri due esemplari sono ora sottoposti a cure veterinarie da parte del professionista di fiducia dell’uomo che, insieme con la moglie Antonella, vive da oltre trent’anni in una caratteristica e accogliente casa in pietra circondata da un grande parco ai piedi della Bossola. Sono disperati, Antonella e Fulvio. Quest’ultimo non ha saputo trattenere le lacrime mentre raccontava l’accaduto a un amico.
«Speriamo che si salvino almeno i due capi per ora sopravvissuti all’epidemia» diceva.
Appartengono alla specie bovina, gli yak. Ed era stato il grande alpinista altoatesino Reinhold Messner ad importare per primo questi animali in Italia, quarant’anni fa, a Solda, in provincia di Bolzano. Fulvio e Antonella a loro volta importarono nella loro dimora inversese i primi tre yak nel 2011: Kociss, un maschio della razza tibetana e Caprì e Surì, femmine della specie della Mongolia.
Persone sensibilissime nei confronti degli umani così come verso gli animali, la coppia originaria di Bajo Dora (Borgofranco). «Era un sogno che cullavo da tempo, quello di possedere degli yak, soprattutto perché l’atteggiamento di questi animali nei confronti dell’uomo è quello che più si avvicina alla mia filosofia di vita» spiegava Fulvio Bringhen.
Lui ed Antonella scendono ogni giorno appunto a Bajo Dora per raggiungere la loro azienda. «Quando la sera rientriamo a casa dopo una giornata di lavoro ci basta ritrovare i nostri animali per ritemprarci lo spirito e liberarci la mente dalle preoccupazioni», raccontavano.
Era ormai parte della famiglia, la colonia di yak dei Bringhen, coppia benvoluta dalla gente di Inverso che si augura che i due esemplari finora scampati all’epidemia possano sopravvivere.