Medicine, malati per carenza farmaci
Farmaci carenti. Indisponibili. Ritirati. Genericamente mancanti. Attualmente nel nostro Paese sono oltre tremila le molecole che, al 20 agosto secondo l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), non arrivano nelle farmacie creando una valanga di disagi, e spesso producendo una caccia al tesoro che va ad arricchire società estere che, complice l’aumento esponenziale delle molecole introvabili, moltiplicano i loro bilanci. Si va dalla Farmacia del Vaticano a quella di San Marino, per approdare al big del sistema FarmaMondo, oltre 100 anni di esperienza, cuore logistico e aziendale a Chiasso, spedizioni in 80 Paesi. A cominciare, naturalmente, dall’Italia.
«Facciamo un po’ di chiarezza perché la questione è complessa» esordisce Filippo Anelli, medico di famiglia e presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici. «A volte capita che alcuni farmaci siano irreperibili, magari perché la produzione non è adeguata alle richieste, o perché si sono verificate difficoltà produttive o a causa di provvedimenti regolatori. Si tratta però di situazioni transitorie, come accaduto per l’Amoxicillina sciroppo o il Creon. Ci sono poi quelle irreversibili, determinate da terapie basate su medicinali non reperibili nel nostro Paese. In questo caso il quadro cambia». E il paziente si trasforma in un segugio, mettendo mani al portafogli pur di non cambiare cura.
Esemplare il caso di Cristina Barbuti, emiliana, che ha una cadenza fissa con la prescrizione necessaria alla madre, paziente cronica, che in Italia è fuori commercio: «Per reperire il Tofranil per mia mamma» spiega, «devo andare ogni tre mesi a San Marino. Prendo la macchina, mi faccio i miei 200 chilometri, e acquisto il farmaco. È complicato? Molto. Mi fa piacere? Per niente. Ma non ho alternative. Ho parlato con lo specialista che da anni la cura, ma cambiare trattamento potrebbe portare a rompere il già precario equilibrio delle sue giornate».
Simile la storia di Miriam Pirini, sarda, che invece ricorre alla spedizione via posta: «Mando la ricetta dello specialista via email a San Marino e pago in contrassegno il Dipiperon, il farmaco che uso da tanti anni e che mi permette di vivere in modo sereno. Solitamente in due giorni mi arriva a casa, e poco importa per i venti euro del corriere». In questa caccia al tesoro è ricercatissima - per questioni meramente logistiche - la Farmacia Vaticana, nata nel 1874 come riserva di medicinali per il Papa e i cardinali, e oggi punto di riferimento - come spiegano senza giri di parole - per «chiunque abbia bisogno di medicinali ed in particolare di quelli esteri non reperibili in Italia». Con mille metri quadri di esposizione, la farmacia gestisce circa 40 mila referenze e - sempre stando ai dati ufficiali - «riceve ogni giorno una media di duemila persone, delle quali più del 50 per cento proviene dall’esterno dello Stato della Città del Vaticano». Un business da svariati milioni di euro.
«Nel silenzio totale ci troviamo davanti a un’emorragia silenziosa di denaro che esce dalle tasche degli italiani per finire in quelle di farmacie internazionali» commenta un buyer di medicinali che pretende l’anonimato. «Si tratta di un giro di affari poco noto che viene presentato come una risposta ai bisogni dei pazienti, e invece è fatto esclusivamente sulla loro pelle. Si tratta di un problema storicizzato nel sistema, che evidenzia l’assoluta follia del mercato: un prodotto reperibile nel cuore di Roma, alla Farmacia del Vaticano, è praticamente introvabile in tutta la Capitale e nel resto del nostro Paese. Qualcuno potrà notare come sia attiva una procedura di emergenza che, in accordo con le Asl locali, permette di importare determinati medicinali. Ma si tratta di pratiche spesso farraginose e con tempi lunghissimi, che non riescono a rispondere alle necessità tempestive di chi sta male e che sovente vengono sconsigliate dagli stessi operatori».
Emblematico il caso dell’atomexitina, principio attivo utilizzato principalmente per il trattamento del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Adhd) nei bambini, negli adolescenti e negli adulti. «Venduto sotto il nome commerciale di Strattera per la produzione di Eli Lilly, appartiene alla classe degli inibitori selettivi della ricaptazione della noradrenalina (Nri) e a differenza degli stimolanti, che sono comunemente usati per trattare l’Adhd, non è una sostanza stimolante e agisce aumentando i livelli di noradrenalina nel cervello. Insomma è fondamentale per chi soffre di queste patologie, peccato che nel nostro Paese sia ormai introvabile e così migliaia di persone devono reperire questo preparato o l’equivalente pagando di tasca propria dai 50 ai cento euro a confezione» aggiunge il buyer.
Effettivamente la commercializzazione di Strattera - iniziata nel 2013 con la rimborsabilità totale a carico del Sistema sanitario nazionale - è stata interrotta il 30 settembre 2023. Secondo la nota diramata dall’azienda d’accordo con Aifa, la motivazione «è dovuta a limiti di fornitura e non a problemi di sicurezza o di efficacia». Ed è così che, come prassi, dopo la scadenza dei lotti in commercio, non sono più stati disponibili nuovi farmaci e i pazienti hanno cominciato a vagare alla ricerca della molecola.
«Prima di sottolineare i rischi dell’acquisto di medicine all’estero, serve una premessa doverosa: anche un solo paziente italiano che in grave difficoltà e di certo molto preoccupato, sia costretto a rivolgersi ad altri Stati per reperire un farmaco, rappresenta una ferita a quell’universalismo che è uno dei punti di orgoglio del nostro Servizio sanitario nazionale, e che rende l’Italia un baluardo di civiltà a livello mondiale» ragiona Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani (Fofi). «Detto questo» prosegue Mandelli, già parlamentare di Forza Italia «l’irreperibilità di alcune specialità medicinali è a volte un dato di fatto, ma grazie a un Tavolo tecnico sulle indisponibilità è nato un agile vademecum dal titolo Non si trova, consultabile da chiunque sul sito dell’Aifa. In ogni caso, anche nei casi di effettiva indisponibilità, il cittadino può contare su una rete di professionisti, spesso attivata proprio dal farmacista, che l’obiettivo di non interrompere comunque la terapia dispensata: o fornendo al paziente un’alternativa di cura, naturalmente validata dal medico, oppure facendo sì che il prodotto mancante o un suo analogo siano reperiti all’estero, ma sempre sotto la supervisione dell’Agenzia italiana del farmaco, che deve autorizzare l’importazione. I pazienti dovrebbero affidarsi con fiducia alla rete approntata in Italia per le situazioni di carenza di medicine, e non tentare di aggirarla per cercare di procurarsi oltrefrontiera quelle di difficile approvvigionamento. Scavalcare la competenza delle Autorità sanitarie equivale ad acquistare all’estero farmaci la cui sicurezza ed efficacia non sono state valutate dall’Aifa». Un rischio che è meglio non correre.