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Август
2024

FdI in Veneto, divisioni e sgambetti. Ecco come è diviso il potere tra i Fratelli

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Da “Fratelli coltelli” a Caino e Abele, ogni gioco di parole di questo tenore è buono per i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

Il partito che alle ultime elezioni europee ha segnato in Veneto uno strabiliante 37,6% è lacerato dalle correnti. Prima, con percentuali da zero-virgola, non se ne accorgeva nessuno.

Ora però tocca amministrare il potere e anche una partita minima come la scelta di un assessore diventa un terreno di battaglia. Con il consueto tributo di morti e feriti, e ovviamente di vendette da consumare nel futuro prossimo, leggasi prossime elezioni regionali.

Le correnti

Se si parla di galassia di Fratelli d’Italia in Veneto non si può prescindere da una divisione che vede Luca De Carlo con Francesco Lollobrigida da un lato e Adolfo Urso con Elena Donazzan dall’altro.

Il terzo “polo” di FdI, è quello del senatore veneziano Raffaele Speranzon, che però viaggia da solo, forte del suo rapporto personale e diretto con Giorgia Meloni. È l’unica eccezione, perché per il resto sono sportellate vere.

«In Fratelli d’Italia non ci sono correnti», si affretta a ribadire il segretario regionale Luca De Carlo. «Ci sono certamente sensibilità diverse e credo che queste siano uno strumento di crescita per un partito e che contribuiscano allo scambio di idee».

La divisione nelle province venete

L’ultima tornata di congressi del partito di Giorgia Meloni in Veneto ha fatto emergere questa divisione in tutta la sua radicalità.

A Padova c’è stato lo scontro tra la corrente che fa riferimento a Enoch Soranzo, e quindi a Donazzan e Urso, con quella rappresentata da Filippo Ascierto che invece sta con De Carlo.

La segreteria provinciale l’hanno vinta quelli di Soranzo ma sul terreno qualche maceria è rimasta e non si può dire che ora Padova abbia una componente coesa di FdI. In questo contesto un po’ accidentato devono muoversi i consiglieri comunali Elena Cappellini, Matteo Cavatton e Enrico Turrin.

Anche a Treviso il congresso l’hanno portato a casa gli “ursiani”, con Claudio Borgia che ha sconfitto il decarliano Giuseppe Montuori. Il giovane Tommaso Razzolini, di Valdobbiadene, osserva e vivacchia.

Situazione anomala invece a Vicenza, dove Silvio Giovine, deputato e discepolo di Elena Donazzan, è saldo alla guida della sezione locale del partito. Deve però convivere con la “variante Berlato”, cioè con Sergio Berlato, europarlamentare al secondo giro, storico esponente di FdI e autentica macchina da voti. Idolo dei cacciatori e vicino ai movimenti Novax, conserva una sua indipendenza in virtù di rapporti personali con i leader nazionali. Ma c’è anche Joe Formaggio, che sta con De Carlo ma non fa sgambetti.

Al di là dei poli molto influente è anche l’elemento “Verona”, non fosse altro per la tradizione destroide che si porta in dote la città veneta. Da lì provengono il presidente della Commissione giustizia Ciro Maschio, l’europarlamentare Daniele Polato e il nuovo consigliere regionale Stefano Casali.

A Rovigo spicca la figura emergente di Valeria Mantovan, giovane sindaca di Porto Viro, legata alla corrente di Lollobrigida e vincente al congresso contro il candidato di De Carlo. Nei mesi successivi però è confluita nel gruppo che fa riferimento al segretario regionale.

Quanto a Venezia, Lucas Pavanetto viene bollato come decarliano ma in quel territorio non si muove foglia che Speranzon non voglia. E questa è la suddivisione territoriale. Poi però c’è l’attività politica reale. E qui vengono i problemi.

Lo stallo

La promozione di Elena Donazzan al Parlamento Europeo e la necessità di nominare un sostituto sempre nel bacino di FdI ha dimostrato quanto sia profonda la divisione tra i colleghi di partito.

Valeria Mantovan è la candidata di De Carlo e Lollobrigida, osteggiata però in ogni modo da Donazzan e dai suoi che invece avrebbero voluto come assessore Soranzo. Fonti qualificate raccontano settimane di pellegrinaggi a Roma, in cui tutti i protagonisti hanno provato a perorare la propria causa al cospetto di Giovanni Donzelli e qualcuno perfino di Giorgia Meloni.

Con il presidente Zaia in evidente imbarazzo, nell’attesa del nome per procedere con la sostituzione in giunta. La politica veneta guarda e commenta: «Vogliono amministrare la regione e non riescono a nominare neanche un assessore».