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Август
2024

Il sospetto della mano dell’uomo dietro a due degli ultimi incendi sul Carso

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DOBERDò Su due dei roghi divampati nelle ultime settimane alle pendici del Carso si allunga l’ombra del dolo. Ad appiccare il fuoco potrebbero esser stati uno o più piromani, lo sospetta la Forestale che non trova altra ragione per giustificare, in quei due casi, l’origine delle fiamme.

Si tratta degli incendi scaturiti lunedì a Doberdò del lago vicino alla strada che conduce a Jamiano, dove sono andati bruciati tre ettari di bosco, e di quello precedente, in data 11 agosto, nell’area di Moschenizza, dove le lingue di fuoco hanno avuto più vasto raggio d’azione, divorando 5 ettari di terreno, e dove s’è richiesta un’interruzione di viabilità sulla sr14 per consentire l’intervento degli elicotteri, effettivamente poi riusciti a domare i focolai di più impervio approdo.

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Anche qui, come a Doberdò, l’origine delle fiamme a ridosso di un sentiero. Ovvero di un percorso di per sé agevolmente raggiungibile. A discendere il sospetto dell’intervento antropico. Non sono stati trovati inneschi o altri oggetti utili ad avvalorare quello che per il momento è un sospetto, una pista investigativa da non respingere, anzi. Ma non è dirimente.

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La diavolina, per esempio, lascia forse tracce? E purtroppo anche l’“ingegno” dei presunti piromani, fa notare qualche addetto ai lavori di lungo corso, s’è affinato rispetto alla classica bottiglia con la candela rinvenibile dalle nostre parti negli anni Ottanta. Il fuoco, inoltre, brucia tutto e annerendo ogni spazio su cui corre copre pure ogni possibile traccia.

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Particolari perplessità ha destato, nel rogo a ridosso di Monfalcone, l’unico punto di fuoco che s’è sviluppato due metri oltre un muretto a secco, per giunta in un tratto in salita e distante però da ferrovia e A4. Sospetti altresì per l’incendio di Doberdò, vicino a un sentiero. Roghi di dubbia matrice, che non hanno consentito di escluderne l’origine dolosa. Non riconducibili a scintille, fulmini, accidentali cadute di mozziconi di sigarette. Che, a fronte d’un sottobosco non così secco come nel 2022 – quando a detta di esperti quasi bastava guardarlo perché s’incendiasse, tanto l’arsura aveva reso più esposto a rischi combustione il verde –, non avrebbero determinato l’energia capace di sprigionare fiamme di tal portata.

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Da escludersi il dolo, invece, per l’incendio di mercoledì a Forcate, dove una scintilla (o un surriscaldamento) potrebbe aver rivestito un ruolo cruciale. Senz’altro una coincidenza, il pressoché concomitante incendio a Redipuglia, dove tuttavia, data la preminente necessità di evacuazione, sono ancora in corso accertamenti per valutare l’incipit del fuoco, scaturito nel bosco, senza escludere ipotesi colpose o dolose. Qui, area della Grande guerra, le operazioni di spegnimento si sono rese ancor più complicate per l’esplosione di un ordigno bellico.

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I forestali hanno proseguito la bonifica sui punti fumanti o ancora caldi per scongiurare una ripresa delle fiamme. Viste le alte temperature e il vento ci sarà un nuovo controllo oggi. Negli anni si sono avuti, particolarmente sul Vallone, roghi di dubbia matrice. Quindi che vi possa essere un piromane non è da escludersi. È ritenuto per esempio doloso l’incendio nel gennaio 2023 in salita Mocenigo a Monfalcone, in un ventoso pomeriggio d’inverno, stagione non proprio consueta per i roghi sul Carso: arduo accreditare fattori accidentali.

Sul tema si registra intanto l’intervento della consigliera regionale dem Laura Fasiolo: «Domare gli incendi è un’azione assai complicata e lo abbiamo imparato sul Carso, preda frequente di piromani o persone incoscienti. Perciò è necessario che la Regione investa ancor di più nella prevenzione, incentivando il pascolo in zone sensibili». In un’interrogazione chiede alla giunta Fedriga di sostenere tali attività su terreni abbandonati così da «creare cinture taglia-fuoco».