Così la mafia acquista energia
Soggetto di Ursula von der Leyen, sceneggiatura di Bankitalia... manca, purtroppo, la regia di Francesco Rosi altrimenti si potrebbe puntare all’Oscar con un film horror: «Le mani sulla campagna». I sostenitori del green a ogni costo non vogliono sentirselo dire eppure nelle granitiche certezze sul futuro di un’umanità a emissioni zero si aprono ampie crepe e si addensano sospetti d’illegalità mentre monta una sempre maggiore insofferenza delle popolazioni che si chiedono se una pala eolica o un pannello fotovoltaico piazzati in un’area protetta siano davvero un aiuto alla natura. Di certo i colossi della finanza non credono più agli Esg che sono, per farla breve, i «titoli verdi»; quelli che la Banca centrale europea spinge forsennatamente, che l’Europa, unica al mondo, ha regolamentato e che invece in America hanno sollevato enormi dubbi. Dall’inizio dell’anno i big della finanza hanno ritirato 21 miliardi di dollari dagli investimenti «ambiente, società e governance».
Ha cominciato Jp Morgan Asset Management a liquidare il portafoglio green, ma a fare rumore è stato il passo indietro di Black Rock quando il Texas Permanent School Fund ha ritirato ad aprile dal fondo di Larry Fink un investimento da 8,5 miliardi di dollari sostenendo che stava spingendo troppo sulle energie alternative. Che però sono un affare. Di certo in Europa dove si è fatto di tutto per spingere i pannelli fotovoltaici costruiti in Cina e le pale eoliche anch’esse cinesi. Ancora di più in Italia dove le cosiddette fonti rinnovabili sono state ampiamente foraggiate dalle bollette e dalle imposte degli utenti. Nel momento in cui entra in vigore la legge Ue sul «ripristino della natura» che sottrae terra da coltivare spunta dai cassetti della Commissione antimafia quella sceneggiatura a cui si accennava di Bankitalia di cui non si vuol parlare, ma che mette nero su bianco ciò che tutti sanno: le energie verdi sono l’ultimo, lucroso business della malavita organizzata. Le mafie (incluse quelle straniere) hanno trasformato le pale eoliche in eccezionali «lavatrici» dei proventi dalla droga, vogliono il controllo dell’installazione e gestione degli impianti fotovoltaici perché sono una fonte di guadagno facile e, certo, una straordinaria arma di ricatto: se mi fai lo sgarro ti lascio al buio.
A dirlo non è qualche lobbista dei carburanti fossili, ma Enzo Serata, direttore Unità di informazione finanziaria (Uif), l’ente anti-riciclaggio della Banca d’Italia. Il 31 luglio ha presentato alla Commissione antimafia il suo rapporto su: Criminalità organizzata ed economia legale. Sostiene Serata in base all’analisi delle «Sos» (le operazioni sospette segnalate all’antiriciclaggio dll’istituto mazionale): «È emersa nel corso del 2023 la presenza di fitte reti di imprese contigue a organizzazioni criminali che hanno avanzato richieste di accesso ad agevolazioni pubbliche, anche in ambito Pnrr, i cui proventi sono poi stati in parte impiegati in triangolazioni con intermediari siti in altri Paesi comunitari per essere destinati in Cina». Aggiunge il rapporto del direttore Unità informazione finanziaria: «Interessi della criminalità organizzata continuano a essere riscontrati nel settore delle energie rinnovabili, sia nelle fasi connesse all’acquisto delle aree da destinare agli impianti sia nelle attività di progettazione, costruzione e installazione degli stessi. Seppur diffusi sull’intero territorio nazionale, rilevanti concentrazioni sono presenti in aree a elevata densità mafiosa. Sono emersi acquisti di terreni agricoli per l’installazione di impianti fotovoltaici con il riconoscimento di elevate provvigioni a favore degli agenti immobiliari in legami d’affari con nominativi indagati per fatti di criminalità organizzata. In numerosi casi, le parti venditrici risultavano rappresentate dal medesimo procuratore, che, una volta incassato il prezzo, ha trasferito denaro al venditore per una parte sensibilmente inferiore rispetto a quanto percepito».
Su pressione dell’Europa Mario Draghi, quando era a capo del governo, con il decreto semplificazioni del giugno 2021 modificò il codice ambientale consentendo, per dare attuazione al Pnrr, l’installazione di pannelli fotovoltaici e pale eoliche ovunque anche attraverso l’esproprio di aree agricole su semplice richiesta di chi voleva realizzare l’impianto per le rinnovabili. Lo stop ai pannelli su aree coltivate è poi arrivato col decreto agricoltura del ministro Francesco Lollobrigida e approvato nel maggio scorso. In tutto il Paese Italia ci sono proteste contro l’installazione di pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Le più clamorose riguardano ora una ventina di Comuni sull’appennino umbro-marchigiano nella zona che va da Gualdo Tadino fino alla scenografico Castelluccio di Norcia, piana celebre per la sua fioritura primaverile. Il progetto prevede 80 pale eoliche di 200 metri di altezza. Per innalzarle si stanno eseguendo scavi a 20 metri di profondità, in mezzo al parco regionale di Colfiorito e lambendo il parco nazionale dei Sibillini, dove vengono impiegate tonnellate di cemento e di ferro.
Per attivare i cantieri vengono tracciate strade che stanno disboscando la montagna. Si sono formati comitati che stanno organizzando continue manifestazioni. Lo stesso accade in Maremma, in val di Cornia, dove ci sono 43 domande per parchi eolici e fotovoltaici. Lì gli agricoltori si sono sollevati e sempre in Toscana stanno spuntando nei campi decine di mega container che ospitano gli accumulatori per immagazzinare le energie rinnovabili. Ne hanno piazzati a Cavriglia nell’Aretino, a Rosignano sullaCosta degli Etruschi. Il presidente della Regione Eugenio Giani (Pd) si barcamena tra il non dovere dispiacere ai verdi che lo sostengono e le proteste che montano. Ha solo detto: «Valuteremo i progetti ascoltando anche gli agricoltori». Ma la Maremma è destinata a spiantare ulivi e vigne per far posto alle installazioni: come vuole l’Europa, come prescrive la legge sul ripristino della natura, come la sinistra ecologista impone. Eppure un allarme rosso dalla Commissione antimafia è arrivato. Nella relazione del presidente dell’Arera - l’autorità per l’energia - inviata al Parlamento a fine luglio Stefano Besseghini certifica: «Gli oneri di sistema sono stati una voce rilevante negli ultimi 13 anni: abbiamo pagato circa 162 miliardi, dei quali circa 142 miliardi di euro a copertura degli incentivi attualmente operativi per le rinnovabili». Perché stupirsi che facciano gola alla mafia? A spiegarlo serve la formidabile battuta del protagonista de Le mani sulla città, Edoardo Nottola: «Il denaro non è un’automobile, che la tieni ferma in un garage: è come un cavallo, deve mangiare tutti i giorni». Ma siccome si nutre di sé stesso, se muoiono i campi non gliene importa niente.