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Август
2024

Macron da Vučić a Belgrado: sul tavolo i Rafale e il nucleare

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Caccia militari e forse anche nucleare. Saranno questi con alta probabilità i temi più caldi sul tavolo di una visita di due giorni considerata fondamentale per il futuro, dalle autorità al potere in un Paese chiave nei Balcani, la Serbia. Visitatore eccellente è il presidente francese Emmanuel Macron, atteso a Belgrado oggi e domani, cinque anni dopo l’ultimo viaggio del leader dell’Eliseo nella capitale serba, ma a soli cinque mesi da un tête-à-tête a Parigi con il presidente serbo Aleksandar Vučić.

Ma cosa viene a fare, Macron? Vari indizi segnalano che la visita è effettivamente importante. E potrebbe rappresentare una svolta di enorme peso per la Serbia, almeno in due settori – la difesa e l’energia. Difesa – quella aerea – che dovrebbe essere modernizzata attraverso l’acquisto di caccia “made in France” dalla Dassault Aviation, dodici Rafale che andranno a sostituire vecchi Mig.

E che Belgrado mira ad acquistare da Parigi sganciando la bellezza di tre miliardi di euro, una cifra assai impegnativa per un Paese in crescita, ma che non naviga di certo nell’oro. Macron «chiuderà l’intesa» sui Rafale una volta atterrato a Belgrado, hanno così assicurato fonti vicine all’Eliseo all’agenzia Bloomberg evocando la finalizzazione di un contratto di cui si parla da mesi. Rafale che, oltre a dare lustro all’aeronautica militare serba, simboleggeranno anche un cambio di rotta importante per l’orgogliosamente neutrale Belgrado, che in passato si era rivolta a Mosca, Minsk, ma anche a Pechino per svecchiare il proprio esercito e l’aviazione.

Di certo, la Serbia vuole i Rafale e avrebbe in cassa i soldi necessari. Rafale che daranno «una nuova grande forza alla Serbia» e «vogliamo nuovi aerei, i soldi non sono un problema», aveva anticipato lo stesso Vučić ad aprile, dopo il vertice con Macron a Parigi. Ma Vučić, alla vigilia dell’arrivo del suo omologo francese, ha evocato anche altre possibili intese con Parigi, che potrebbero cambiare il volto di questa parte dei Balcani.

«Firmeremo un accordo con un’azienda energetica francese» che permetterà alla Serbia «nel giro di alcuni anni di non essere un Paese senza elettricità e molti Stati lo saranno» in un futuro non lontano, ha suggerito cripticamente Vučić.

La parafrasi? Esperti e analisti in Serbia non hanno avuto dubbi, soprattutto dopo che a Belgrado, da mesi, si sta accennando alla prospettiva di cancellare il divieto post-Chernobyl di costruzione di centrali nucleari, deciso dall’allora governo jugoslavo di Ante Markovic. Apripista del nuovo corso, il ministero dell’Energia di Belgrado che la settimana scorsa ha effettivamente avviato procedure per la cancellazione dell’embargo sull’atomo.

E non sembra un’ipotesi balzana l’aiuto della più grande potenza europea nel nucleare civile, la Francia, a favore di una Serbia sempre più interessata all’atomo. Ma se così sarà, lo si scoprirà a brevissimo, dopo l’atterraggio di Macron, che con Vučić parlerà sicuramente anche di allargamento Ue e Kosovo.