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Август
2024

Marco Vernetti, insegnante di educazione motoria: «Il segreto è il gioco di squadra»

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PAVONE CANAVESE. Fresco vincitore di concorso scolastico statale, Marco Vernetti, 39 anni, di Pavone Canavese tra pochi giorni inizierà il suo lavoro di insegnante di educazione motoria all'Istituto comprensivo Ivrea 2 e per la precisione alle scuole primarie cittadine Costantino Nigra, San Bernardo, Bellavista e San Grato. Oltre a svolgere ora il ruolo di insegnante, e precedentemente quello di educatore scolastico dall'età di 25 anni, Vernetti è stato anche giocatore di calcio, come portiere al Quincitava, dirigente ed attualmente è anche allenatore, da tre anni.

Qual è stata la differenza nel passare dal ruolo di educatore a quello di insegnante?

«Questa è una risposta molto difficile da dare: come educatore ho capito che è più importante lavorare sui bisogni specifici e socio-comunicativi del ragazzo che si ha di fronte, mentre per quanto riguarda il ruolo di insegnante è più importante la parte didattica. I due ruoli sono però molto simili e in entrambi mi sono trovato molto bene, anche perché in tutti i posti dove ho avuto la fortuna di lavorare ho sempre incontrato colleghi molto preparati sotto tutti i punti di vista».

Ripercorriamo la sua carriera di insegnante: quali sono stati e come sono stati gli inizi?

«Dopo essermi diplomato all'Itis di Ivrea come tecnico meccanico ed aver svolto l'università a Torino, dove ho studiato Scienze motorie in attività fisiche adattate (Suism), mi sono sempre più appassionato al mondo del sociale e così, dall'età di 25 anni, ho svolto il ruolo di educatore scolastico alla Cooperativa Alce rosso di Ivrea a Villa Girelli, dove andavo da piccolo a fare il centro estivo. Sono passato dall'essere un fruitore a un educatore di bambini grazie anche alla frequentazione di numerosi corsi di formazione specifici, attraverso un percorso molto importante di crescita in tutti i sensi. Mi è sempre piaciuto poter lavorare in questo ambito, soprattutto con gruppi di persone, in questo caso minorenni, dove pazienza, personalità e piacere sono state tre caratteristiche fondamentali per poter riuscire a svolgere al meglio prima il ruolo di educatore e poi quello di insegnante».

Quanto tempo ha svolto questo lavoro e poi com'ha proseguito la carriera nel mondo della scuola?

«All'Alce rosso ho lavorato per 11 anni prima di passare a fare l'insegnante di sostegno, prima alla scuola secondaria di primo grado a Castellamonte e, successivamente, con la stessa qualifica, a Strambino. Ho svolto il lavoro di educatore e insegnante sia alle elementari che alle medie e, anche se solo per un breve periodo di tre mesi in sostituzione, alle superiori, trovandomi comunque bene in tutti gli ambiti».

Quali sono le prerogative per poter essere insegnante?

«Bisogna innanzitutto avere la giusta attitudine, riuscire a trovare l'empatia necessaria con la classe, sapendo approcciare nel modo giusto sin dai primissimi giorni, ma soprattutto è fondamentale riuscire a far sentire i ragazzi tutti importanti, a motivarli e anche a spronarli quando serve. Un bravo insegnante, poi, non deve mai avere la presunzione di essere superiore all'alunno visto il ruolo che ricopre, ma cercare sempre di non perdere mai di vista quella che è la sua missione: far rispettare le regole e insegnare concetti utili per il futuro di tutti i ragazzi. Si ragiona e si lavora sempre in squadra, questo è il mio piccolo grande segreto».

Quale futuro vede in questa professione?

«Partendo dal presupposto che da piccolo non avrei mai pensato di fare un giorno l'insegnante, men che meno di educazione motoria, figura regolamentata soltanto da pochi anni, tanto che il concorso a cui ho preso parte è stato il primo in questo ambito, credo che questa professione sia molto bella perché mi permette di conoscere novità per quanto riguarda la gestione di un gruppo, perché sono a contatto con persone ognuna con una propria personalità e un obiettivo da raggiungere al termine dell'anno scolastico. Il fatto, poi, che abbia sempre giocato a calcio prima e poi sia diventato dirigente, e ora anche allenatore, mi è stato d'aiuto anche nel lavoro in un’aula di scuola, dove di solito gli studenti oscillano tra i venti e venticinque. In entrambi i casi, infatti, si devono rispettare e condividere delle regole, sempre mettendo davanti il bene del gruppo. La scuola mi permette di imparare per il calcio e viceversa».