Degrado a Cannaregio, residenti terrorizzati: «Di sera qui c’è da aver paura»
Sembra che tutti, tra San Girolamo, la Baia del Re e i Tre Archi, abbiano un episodio da raccontare. C’è chi si è visto rubare i panni stesi, chi ha beccato bande di ragazzini incappucciati fare dispetti nel cuore della notte, chi ha assistito a baruffe e chi ha visto persone farsi una dose sulle scale di casa. «Questa non è più la zona che conoscevano» dicono Eugenio e Alberto, rispettivamente 94 e 87 anni, nati e cresciuti alla Baia del Re, ogni mattina prendono posto sulle panchine smaltate di rosso e guardano il sestiere specchiarsi nelle acque della laguna e non lo riconoscono più. «Da un paio di mesi le cose sono peggiorate, noi siamo anziani ma siamo preoccupati per i giovani» dicono, «il problema è che il Governo non fa abbastanza, servono pene più aspre».
Anche Fabio Bianchi passa spesso dalla Baia del Re, dove vive il padre anziano. «Una volta questa era la zona più tranquilla di Venezia, ora c’è da stare attenti a passare di sera. Non so cosa sia successo, probabilmente è legato al fatto che sono arrivati molti extracomunitari» dice.
«Non sono solo i “foresti” il problema, molti sono ragazzi di qua, che conosciamo» scuote la testa Margherita Cavallin, residente in uno dei condomini alla Saffa. «Qui la situazione non è terribile come in Baia o a San Girolamo, ma che ci sia lo spaccio è noto a tutti» aggiunge. Lo scorso giugno, non a caso, ha trovato un ragazzo che si bucava sulle scale di casa sua. Alla Saffa, tra l’altro, c’è un piccolo comando dei vigili ma in diversi cittadini lamentano che non sia un presidio su cui poter contare, perché spesso chiuso o comunque non d’aiuto a chi fa le segnalazioni.
La scorsa settimana, sempre restando nella zona, dei ragazzini mentre stavano giocando hanno trovato sul tetto di un piccolo gabbiotto che serve in caso di incendio, per collegare le pompe dei vigili del fuoco, un grosso coltello da cucina. «Tutto è passato nel silenzio» commenta una mamma, «è possibile che i nostri figli, giocando, ritrovino un’arma?».
Spostandosi in fondamenta Cannaregio, nessuno esita a puntare il dito contro il sottoportego dei Vedei, sempre più spesso un punto di ritrovo per gli spacciatori e teatro di litigi e risse tra gli stessi. Non solo, nei bar si racconta anche di molestie ai danni di alcune ragazzine, scappate di corsa prima che la situazione prendesse una piega peggiore. Quanto c’è di vero e quanto, nel gioco cittadino del telefono senza fili viene ingigantito? Quanto quest’angolo di sestiere è effettivamente in balia del degrado e della delinquenza? Trovare una risposta è difficile, ma le esperienze dei residenti compongono un mosaico in cui, di certo, non traspare una situazione di serenità e tranquillità. Lo conferma anche Claudia Lacchin, che vive dietro il Ghetto Novissimo.
«Qualche giorno fa mi hanno rubato dei pantaloni che avevo lasciato stesi fuori» racconta, parlando di dispetti piccoli e grandi che alla lunga stancano. «Un po’ di tempo prima c’era un gruppo di ragazzini che staccava l’intonaco dalle case e lo lanciava contro la porta di un magazzino vicino a casa mia. Una sera avevo la finestra aperta e hanno buttato delle pietre anche nella mia cucina. Se qualcuno di noi si fosse trovato lì, anche solo per bere un bicchiere d’acqua, che sarebbe successo?» si chiede. Non nasconde una punta di amarezza: «Spesso le forze dell’ordine sanno chi sono i responsabili di certi episodi che vediamo, i residenti segnalano, ma sembra esserci sempre una scusante. O sono giovani o sono pericolosi ed è meglio lasciar perdere. Così, nessuno ci tutela» conclude.
Il tema è anche questo perché a Cannaregio c’è una paura sottile e silenziosa che unisce i residenti: spacciatori e vandali vivono spesso nella casa accanto e si temono ritorsioni. Si sanno nomi e cognomi, a volte anche la storia familiare, «perché alla fine Venezia è un paesotto» conferma Cavallin e, da paese che si rispetti, non ci si fida ad esporsi troppo. Per questo ci si affida alle forze dell’ordine anche se la percezione che hanno i cittadini è quella di non essere tutelati a sufficienza.