Il punto di vista di Giampiero Pinzi: «Ho visto il pressing alto, ma c’è tanto da lavorare»
Giampiero Pinzi apre il suo album dei ricordi prima di un’Udinese-Lazio che da sempre gli divide il cuore, ma lo fa soprattutto a tre soli mesi dalla salvezza conquistata a Frosinone, quand'era ancora un addetto ai lavori in casa bianconera al fianco di Fabio Cannavaro.
Una salvezza che il “Giampi” ricorda svelando alcuni retroscena degni di un’impresa notevole e che va oltre la delusione personale della mancata riconferma. L’Udinese di Runjaic è ripartita dal 3-4-2-1, lo stesso modulo con cui si è salvata con Cannavaro.
Pinzi, sotto quali aspetti l’ha trovata cambiata?
«È presto per giudicare, perché il vero campionato inizia dopo la prima sosta. Tuttavia, ho visto un pressing alto portato dalla squadra a inizio gara a Bologna, dove poi la partita ha detto che c’è da lavorare ancora parecchio».
Contro la Lazio si aspetta dei progressi?
«Mi aspetto la stessa partenza molto forte di Bologna, ma poi bisognerà vedere la durata, la strategia e l’atteggiamento senza palla contro una Lazio che ha dei bei “motori” in mezzo al campo. Ha cambiato molto l’ossatura, col Venezia è partita piano e poi ha accelerato. Per me è una partita speciale, e senza l’assillo del risultato spero in un pareggio pirotecnico».
A proposito di cambiamenti, nell’Udinese Lovric e Payero faticano a interpretare la mediana pari...
«Perché sono poco abituati a giocare in quel modo, dove è sempre un continuo stare attenti tra marcatura e copertura. C’è da lavorarci, ma è un sistema che dà più opzioni in avanti».
Dove è arrivato Sanchez, che però si è subito infortunato.
«Il Niño porterà tantissimo entusiasmo e sarà un esempio per tutti perché è il primo ad arrivare al campo e l’ultimo a lasciarlo. Lui si ricorda ancora dell’assist che gli feci a Cagliari con un passaggio in uscita, appena fuori la nostra area. Poi se n’è andato in porta da solo. Ho visto che è tornato anche Inler, ragazzo serio che avrà il compito di far capire ai giocatori cosa significhi l’Udinese per questa terra. Guidolin ce lo faceva capire portandoci in centro perché voleva che stessimo a contatto con la gente, in modo da integrarci e avere una carica in più».
E Pinzi ci sarebbe potuto ancora stare nello staff?
«Premetto che quando sono stato chiamato ho detto subito di sì, e direi ancora “sì”, perché per l’Udinese io ci sarò sempre. Detto questo, il calcio è uno sport che implica delle scelte e ci sta che la società abbia preso le sue. L’importante è dirsele in faccia piuttosto delle mezze parole che poi rovinano i rapporti. A me è rimasta la grandissima soddisfazione per aver contribuito alla salvezza, così come lo è stata per Cannavaro».
A proposito, l’ha sorpresa la scelta di affidarsi a un allenatore straniero?
«La trovo inusuale, anche se ciò che conta è la filosofia di un tecnico che porta il suo credo. La differenza poi la fa sempre la capacità di capire le caratteristiche dei giocatori da abbinare alle proprie idee e anche di saperlo fare in fretta, perché il campionato italiano non ti aspetta».
E lei ne sa qualcosa vista la salvezza conquistata in rincorsa all’ultima giornata a maggio...
«È stata una corsa contro il tempo condotta in un tritacarne nervoso cominciato dalla partita surreale con la Roma, passando per la beffa di Bologna, dove meritavamo di vincere, fino alla serata di Frosinone che colloco tra le mie emozioni più forti. E pensare che in settimana avevamo dieci giocatori in campo ad allenarsi, di cui pochi tra quelli che poi hanno giocato. Eravamo senza Pereyra, Thauvin, Lovric e con Bijol che era rientrato da poco dall’infortunio».