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Август
2024

Ius scholae, a Venezia sono 17mila gli studenti senza cittadinanza

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Riforma della cittadinanza ai minori stranieri, nati in Italia, o residenti qui da anni. Tema che divide, tra i favorevoli allo Ius soli, come il centrosinistra, e lo scossone al centrodestra di Forza Italia che con Tajani torna a rilanciare lo Ius scholae. Nuovi cittadini italiani sono necessari sia per tenere testa al calo demografico che per garantire i conti dell’Inps sulle pensioni.

A Venezia il tema della cittadinanza è sentito. Il capoluogo, specie in terraferma, vede l’immigrazione cambiare i quartieri. Oggi l’85% delle persone con altra cittadinanza abitano in terraferma. Il 36% dei bambini e delle bambine che vivono in terraferma tra 0 e 9 anni hanno altra cittadinanza. Alcune zone hanno una concentrazione di residenti immigrati fra il 37 e 32%. Esempi: il quartiere Piave, Santa Barbara a Chirignago, Cipressina, Marghera centro. Zone dove la percentuale di bambini e bambine tra zero e 4 anni, non italiani, arriva anche al 63%.

Nel Comune di Venezia tra gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado ben il 21,6 per cento di ragazzi ha una cittadinanza non italiana. Percentuale che in provincia è del 16,4 per cento.

I dati li fornisce Gianfranco Bonesso, attivista ed esperto di immigrazione, che in passato è stato il dirigente dell’ufficio Immigrazione del Comune di Venezia. Dai dati dell’Ufficio statistica del Ministero dell’Istruzione, pubblicati pochi giorni fa, ecco la platea di possibili aspiranti nuovi cittadini italiani del Veneziano. I dati (riferimento l’anno scolastico 2022-2023) per l’area metropolitana veneziana indicano che gli studenti stranieri sono 17.168 (infanzia, elementari, medie e superiori) il 16,4% dei 104.947 studenti complessivi. Quelli nati in Italia sono 11.421, il 66,5% del totale non italiani. A Venezia si contano 7.552 alunni con cittadinanza non italiana (sono il 21,6% dei circa 35.000 studenti complessivi). La stima dei nati in Italia è di circa 5 mila. Se si parla di Ius soli interessati sono quasi 11.500 in provincia. Con lo Ius scholae, a seconda dei cicli scolastici presi a riferimento, si arriva a poco più di 17 mila potenziali futuri nuovi cittadini.

Bonesso, che sta seguendo con attenzione il dibattito nazionale. Una normativa nuova è necessaria, ricorda. «Anzitutto è bene ricordare che la cittadinanza italiana non è un automatismo, va richiesta dal singolo». Vari i modi per ottenerla da giovani, ricorda: oggi i Comuni segnalano (via lettera o con convocazione all’Anagrafe) ai ragazzi che compiono 18 anni che possono richiedere la cittadinanza italiana. E hanno tempo entro il compimento del 19esimo anno di età. Altro modo, in caso di minori, è collegarsi alla richiesta del genitore che dopo 10 anni di residenza ininterrotta può richiederla.

Oppure, per i ragazzi arrivati in Italia a 15 anni c’è l’attesa di dieci anni prima di chiederla. «Nel caso degli adulti le problematicità non mancano affatto e si collegano al tema dei minori. Ci vogliono mediamente dai 2 ai 3 anni di attesa per ottenere un sì o un no alla richiesta. E con il procedimento informatizzato c’è chi indica la mail del patronato che ha seguito la pratica, e rischia, ed è successo, di non avere la informazione del rilascio della cittadinanza. E questo è un problema perché si hanno poi sei mesi di tempo al massimo per fissare l’appuntamento per il giuramento sulla Costituzione italiana», avvisa.

Ma per l’esperto, il tema è di rilievo nelle città sempre più multietniche. «Specie i ragazzi nati qui sono già cittadini italiani ed è necessario rafforzare i loro legami con l’Italia. Il tema delle radici è di rilievo. Occorre creare il legame e le radici italiane non tanto per una questione di integrazione ma per garantire loro un giusto riconoscimento all’interno del paese di cui fanno già di fatto parte».