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Август
2024

La Serie A ha perso contro Cloudflare sul Piracy Shield

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Mese di aprile. Dopo aver insistito tanto, attraverso il Piracy Shield, con il blocco degli indirizzi IP di siti web che utilizzavano come CDN i servizi di Cloudflare – azienda statunitense tra i principali big del settore -, la Lega Serie A aveva messo sotto accusa anche il servizio VPN che Cloudflare offriva ai propri utenti. Come sappiamo, si tratta delle virtual private newtork, che permettono agli utenti di utilizzare la rete “schermando” la propria posizione. Secondo il ricorso presentato dalla Lega Serie A al tribunale di Milano il 3 aprile scorso, grazie a questo sistema Cloudflare avrebbe messo a disposizione dei pirati informatici che trasmettono direttamente e senza autorizzazione le partite di campionato di Serie A uno strumento per aggirare le norme sul diritto d’autore in materia audiovisiva. Di questo servizio, inoltre, si sarebbero avvalsi anche gli utenti che, in questo modo, si sarebbero assicurati una visione gratuita di contenuti altrimenti disponibili solo previo pagamento di un abbonamento. A inizio agosto, tuttavia, la doccia fredda: il tribunale di Milano ha respinto il ricorso della Serie A contro Cloudflare.

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Serie A contro Cloudflare, l’esito del ricorso e la sua storia

Su cosa si basava il ricorso? Sul fatto che, a differenza di altri competitor, Cloudflare non assicurava la condivisione dei log di connessione di terze parti (nella fattispecie appartenenti alle forze dell’ordine) per il monitoraggio dei suoi servizi. Non era la VPN a essere illegale – com’è evidente: anzi, talvolta le VPN possono risolvere diversi problemi di sicurezza connessi alla navigazione in internet -, ma il fatto che il provider non assicurasse un monitoraggio dei suoi servizi alle forze dell’ordine. In base a questo principio, veniva scritto nel ricorso presentato ad aprile, ma anche rispetto al fatto che tra i servizi di Cloudflare ci fosse l’apertura di finestre alternative nel momento in cui si verificasse il blocco di IP e FQDN (blocco su cui si basa, appunto, il sistema di azione del Piracy Shield).

Dopo qualche mese, e giusto in tempo per l’inizio del campionato di calcio, è arrivato il pronunciamento del giudice di Milano (provvedimento n. 2762/2024 del 5 agosto 2024) che ha respinto il ricorso della Lega Serie A. Non c’è alcuna competenza decisionale sul fatto di costringere Cloudflare a iscriversi e a entrare nel circuito del Piracy Shield: insomma, i suoi servizi offerti – in generale – non hanno nulla di diverso da quelli delle altre CDN o degli altri provider. Il problema, al massimo, è di chi li usa e di come li usa. Infatti, il giudice ha anche evidenziato che è impossibile stabilire un collegamento tra Cloudflare e chi decide di utilizzare i suoi servizi per trasmettere in maniera illegale le partite del campionato di calcio.

Un nuovo passo in avanti di Cloudflare, insomma, sulla vicenda: nel corso del 2023, infatti, diversi siti – totalmente legali – che si appoggiavano ai servizi di Cloudflare si sono visti oscurare semplicemente perché condividevano lo stesso indirizzo IP (non è più il tempo di siti web che avevano un IP univoco) con siti che trasmettevano in modo irregolare le partite. Questo elemento aveva sollevato una fetta cospicua di esperti e di utenti del web, che avevano protestato contro la metodologia adottata da Agcom e dalla Lega Serie A per portare avanti la lotta contro la pirateria nel calcio.

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