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Август
2024

Caschi blu, bravi quanto inutili

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I caschi blu attivi nella guerra tra Israele ed Hezbollah hanno fallito la missione di pace. Rischiando ogni giorno la vita sotto il tiro incrociato. Se il loro ruolo non cambia, «che tornino a casa», dice chi vive sulla linea del fuoco.

Nella notte fra il 5 e 6 agosto una valanga di razzi lanciata dai giannizzeri filo iraniani di Hezbollah, dal Sud del Libano, è passata sopra la teste degli italiani rimasti a presidiare il kibbutz di Sasa. «Un inferno di fuoco, che ci ha costretti nei bunker e nelle stanze blindate. L’obiettivo era il monte Meron, più a Sud» racconta Angelica Calò Livne, anima della comunità in prima linea. Sulla montagna c’è l’importante base israeliana per il controllo del traffico aereo già colpita dal partito armato libanese. «Razzi e missili di Hezbollah vengono sparati sul nord di Israele sotto il naso dei caschi blu, compresi gli italiani, che non servono assolutamente a nulla» si lamenta Luciano Assin, origini milanesi, da una vita a Sasa. I dati dell’Alma center, centro studi israeliano di base in Galilea, sugli attacchi dal 7 ottobre soprattutto dal Libano meridionale, che dovrebbe essere presidiato da 15 mila uomini dell’Onu, fanno impressione. Fino a luglio sono stati registrati 2.560 missili, razzi o droni lanciati sul nord dello Stato ebraico.

Anche gli israeliani non scherzano rispondendo colpo su colpo oltre alle eliminazioni mirate di capi militari sciiti nel sud del Libano e bombardamenti che hanno già provocato 500 morti (un centinaio i civili). L’ultimo è Hassan Fares Jeshi, comandante Hezbollah delle unità che lanciano i missili anticarro, ucciso il 7 agosto. «Abbiamo tre radar a disposizione, ma posso confermare che da ottobre scontri a fuoco, razzi, droni, colpi di artiglieria, da entrambi le parti e incursioni dei caccia sono diverse migliaia. Il numero maggiore è da parte israeliana» dichiara a Panorama Andrea Tenenti, storico portavoce di Unifil. Sarit Zehavi fondatrice dell’Alma center denuncia che è «una guerra di attrito con una media di 250-300 attacchi di Hezbollah al mese». L’ex ufficiale dell’esercito israeliano dichiara che «i vostri caschi blu stanno rischiando inutilmente la vita nel fuoco incrociato fra Hezbollah e israeliani. Fino a oggi hanno fallito non solo nella prevenzione, ma addirittura nel riportare le violazioni. O la missione cambia radicalmente oppure è meglio che tornino a casa».

Il 7 agosto il generale Francesco Paolo Figliuolo, responsabile del Comando operativo di vertice interforze, è volato in Libano per l’emergenza. Nella missione Unifil sono schierati 1.200 caschi blu italiani. Il contingente della brigata Sassari è arrivato il 2 agosto con il generale Stefano Messina, che guida il settore ovest dell’Onu a ridosso della «Blue line», il confine non riconosciuto fra Libano e Israele. Dagli inizi di agosto, in vista della rappresaglia iraniana per l’uccisione a Teheran del leader di Hamas, si sono moltiplicati i lanci di droni kamikaze dal Libano nella Galilea occidentale, che passano sopra le teste del contingente italiano. In Libano abbiamo anche la missione Mibil, con 160 uomini e sede a Beirut, che addestra le forze armate libanesi. La forze di interposizione delle Nazioni Unite svolgono un ruolo «più importante che mai» sostiene il sottosegretario per le operazioni di pace Jean-Pierre Lacroix. «È l’unico canale di collegamento tra la parte israeliana e quella libanese in tutte le sue componenti, come Hezbollah» sottolinea il responsabile francese. Bravi, quanto inutili se si vanno a leggere i caposaldi del mandato, che si basa sulla risoluzione del Consiglio di sicurezza 1701 dopo la guerra del 2006 fra la milizie finanziata da Teheran e Israele.

Sul sito del ministero della Difesa italiano si evidenzia che i caschi blu debbano «prevenire la ripresa delle ostilità, mantenendo tra la Blue Line e il fiume Litani un’area cuscinetto libera da personale armato, assetti ed armamenti che non siano quelli del governo libanese e di Unifil». Il Litani scorre a 29 chilometri dalla Galilea. L’auditorium del kibbutz Sasa, a 1.200 metri di distanza dal Libano, è stato «trapassato», da una parte all’altra, con un missile anticarro Kornet, di fabbricazione russa, lanciato da Hezbollah. Centrata anche una piccola fabbrica di veicoli blindati. La gittata massima del Kornet è di 10 chilometri. Se i fedelissimi di Nasrallah fossero stati oltre il Litani non avrebbero raggiunto gli obiettivi. Un altro passaggio disatteso della risoluzione recita che Unifil deve «intraprendere tutte le necessarie azioni nelle aree di schieramento delle sue forze e, per quanto nelle proprie possibilità, assicurare che la sua area di operazioni non sia utilizzata per azioni ostili di ogni tipo». Pure gli israeliani che bombardano preventivamente le postazioni di Hezbollah e sorvolano Beirut superando la barriera del suono a scopo intimidatorio, violano gli accordi, ma oramai il conflitto, come in passato, si combatte sopra le teste dei caschi blu.

L’Alma center ha individuato 26 aree militari di Hezbollah, nel sud del Libano, dove i caschi blu e l’esercito libanese non possono entrare per prevenire lanci di razzi o droni. «La missione Unifil ha solo due opzioni: diminuire le forze a poche centinaia di uomini con compiti di collegamento fra le parti oppure fare rispettare davvero la risoluzione. Quando loro stessi segnalano dagli elicotteri le “sorgenti” di fuoco dovrebbero intervenire per fermarle» spiega Zehavi. Il portavoce italiano di Unifil sottolinea che «tutto il contingente svolge 450 attività giornaliere compreso il monitoraggio e l’assistenza agli sfollati. Sappiamo che la risoluzione 1701 sta passando un momento difficile, ma i caschi blu sono una deterrenza. Spetta a entrambi le parti rispettare gli accordi». I piani di evacuazione sono pronti, ma per il momento i soldati restano sul campo. «Se la situazione peggiorasse in maniera tale da non poter svolgere la missione» spiega Tenenti «la decisione finale è del Consiglio di sicurezza dell’Onu». All’ultimo voto di rinnovo dell’operazione di pace Russia e Cina hanno scelto una strategica astensione. Dall’Alma center lanciano l’allarme sull’inevitabile rappresaglia: «Che Iran ed Hezbollah lancino più missili possibile, ma anche infiltrarsi via terra dalla Siria o dal Libano...». E sotto il naso dei caschi blu.