L’ultima notte, i segni sulle braccia: cosa sappiamo del giallo della donna trovata morta a Trieste
TRIESTE «Ho notato una borsetta e dei trucchi sparsi sulle scale sopra il nostro appartamento. Poi ho sentito un odore forte e ho visto un ginocchio». Parla una delle coinquiline della quarantacinquenne ucraina Zhanna Russu, la donna trovata morta sabato sera nel sottotetto della palazzina di via Fabio Severo 20: è lei ad aver scoperto il cadavere e ad aver dato l’allarme. La testimone conviveva con la vittima e i suoi due figli in un alloggio dell’Ics in cui sono ospitate cinque famiglie ucraine, al sesto piano dell’edificio.
[[ge:gnn:ilpiccolo:14563535]]
La testimone
«Quando ho notato i trucchi e la borsa non ho avuto il coraggio avvicinarmi – spiega la coinquilina – anche perché l’odore era davvero molto forte». Il corpo era lì da circa un giorno e mezzo, da quando cioè la quarantacinquenne risultava scomparsa. La salma versava già in uno stato di decomposizione. Comprensibile, considerando le elevate temperature di questi giorni. Tanto più in un sottotetto situato sopra il settimo piano. Tra venerdì e sabato sera nessuno dei residenti si è accorto di avere un morto nel condominio.
[[ge:gnn:ilpiccolo:14563254]]
Il luogo del ritrovamento
Ma, come si apprende ora, la vittima non giaceva esattamente nel sottotetto, bensì lungo la scalinata che conduce a quel punto della casa. Era distesa sui gradini che si imboccano dopo il settimo piano, la zona delle cantine. Indossava un abito leggero che appariva alzato, come se la donna fosse svestita. E c’è il dettaglio della borsetta trovata aperta accanto al corpo, con gli oggetti fuori. L’impressione degli investigatori e del personale sanitario, cioè chi per primo ha avuto modo di vedere la salma, è quella di una persona riversa in modo innaturale sulla scalinata. Come se fosse caduta, insomma. Ma accidentalmente, oppure per fuggire da una situazione o da qualcuno di cui aveva paura? In altri termini, perché Zhanna Russu avrebbe sentito il bisogno di salire sulla rampa?
[[ge:gnn:ilpiccolo:14565167]]
La pista del suicidio
Resta tutt’ora valida l’ipotesi del gesto estremo, dunque il suicidio. Una pista, questa, in qualche modo corroborata dal profilo personale e psicologico della donna: Russu era arrivata in Italia, dall’Ucraina, circa un anno e mezzo fa con due figli, un maggiorenne e una bambina, lasciando il marito come tante ucraine in fuga dal paese in guerra. Era stata prima presa in carico dalla Fondazione Luchetta e quindi, da circa un mese e mezzo, dall’Ics. Lavorava in un hotel, ma aveva palesato comportamenti che denotavano un certo squilibrio: la depressione, l’alcolismo e un atteggiamento chiuso. Assumeva farmaci, ora oggetto di analisi per capire se un eventuale abuso può aver determinato un’intossicazione fatale.
[[ge:gnn:ilpiccolo:14565169]]
Nessuna ferita
Sul caso indagano i Carabinieri, diretti dal pm Pietro Montrone. Anche il magistrato si è recato sul posto, a tarda notte, dopo lunghe ore di rilievi, a conferma che la vicenda presenta effettivamente molti lati bui e che l’idea del suicidio e dell’incidente dovuto a un malore causato dall’assunzione di medicinali, sono solo due delle spiegazioni possibili. Analogamente a quella di un’azione violenta provocata da terzi, anche se l’ispezione cadaverica dell’équipe medico legale non ha riscontrato ferite apparenti in grado di giustificare il decesso. Nessun taglio e nemmeno lesioni al collo che possano far pensare allo strangolamento; o tracce di violenza sulla bocca, come da soffocamento. Nulla di evidente, perlomeno.
I segni sulle braccia
Ma c’è un dettaglio, tutt’altro che trascurabile: da un primo controllo sulla salma, sono stati riscontati alcuni segni di pressione, forse lividi, sulle braccia. Il corpo sarà sottoposto ad autopsia e all’esame tossicologici. Solo così si potrà stabilire la causa della morte. «Abbiamo visto i Carabinieri che portano via un’intera valigia piena di farmaci», racconta una vicina.
C’è un’ulteriore testimonianza: un’altra inquilina, una componente della cinque famiglie che risiedono nell’appartamento Ics, che sostiene di aver visto Zhanna, l’ultima volta, venerdì attorno alle otto di sera: «Si era truccata ed era uscita dall’appartamento indossando un vestito rosso... poi non è più tornata».
Le indagini
La scalinata in cui è stato rinvenuto il cadavere è sbarrata dai nastri dei Carabinieri, così come la stanza da letto nell’appartamento in cui era ospitata la vittima.
Gli investigatori stanno risaliranno al giro di frequentazioni della donna. Verrà analizzato il cellulare, quindi i contatti, i messaggi e le telefonate. «Zhanna aveva delle conoscenze – riferisce un’altra coinquilina – e credo si frequentasse con qualcuno». Se è così, questo “qualcuno” sarà sentito dai Carabinieri.
Le macchie di sangue sul pianerottolo del sesto piano non sono tracce di violenza sulla vittima: sono sversamenti biologici dovuti alla movimentazione del corpo spostato per l’ispezione del medico legale.
RIPRODUZIONE RISERVATA