Prima la lite a casa, poi minacce e porte divelte al Pronto soccorso di Monfalcone
MONFALCONE Un’alba all’insegna del panico per pazienti e operatori sanitari si è schiusa tra le mura del Pronto soccorso di via Galvani, dove gli strascichi di un’infuocata lite domestica tra conviventi, scoppiata soltanto un paio d’ore prima a Vermegliano, hanno trovato epilogo verso le 6 nell’arresto di un quarantaduenne, già noto alle forze dell’ordine.
L’uomo, un cittadino italiano poi bloccato – sempre nel perimetro del San Polo – da agenti del commissariato di Polizia, s’è reso dapprima protagonista di invettive e comportamenti inconsulti nella sala d’attesa e poi di un danneggiamento: ha abbattuto la porta scorrevole che dà accesso all’area dell’emergenza, seminando spavento tra i presenti. Secondo una prima ricostruzione – le indagini risultano tutt’ora in corso – avrebbe cercato evidentemente con ogni mezzo di parlare con la compagna, finita all’ospedale per una profonda ferita al braccio, nelle ore successive necessariamente ricomposta attraverso operazione chirurgica, per una lesione muscolare.
Doppia chiamata
Il fermo è avvenuto per l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, poiché anche alla presenza dei poliziotti, già qualche ora prima intervenuta nell’abitazione di Ronchi dei Legionari per sedare l’accesa lite tra conviventi, ha dato in escandescenze, opponendosi agli agenti. Dunque una seconda chiamata della Volante in servizio, nell’arco di appena un’ora. I poliziotti erano giunti una prima volta, attorno alle 4.30, nella frazione di Vermegliano per la richiesta di soccorso lanciata dai vicini, che avevano nitidamente avvertito a notte inoltrata le urla della coppia.
La lite, poi l'arrivo al San Polo
Momenti concitati anche quelli con gli agenti già nell’alloggio, impegnati a bloccare le due persone ancora dedite a proseguire l’alterco al loro arrivo. Entrambi dunque bisognosi di un ricorso a cure, sono stati accompagnati in ambulanza all’ospedale San Polo, dove poi la donna, italiana di 46 anni, è stata presa subito in carico dagli operatori dell’Emergenza. Stando a una prima versione, la profonda ferita al braccio sarebbe stata autoinferta, scagliando l’arto contro una porta o altra superficie, ma sul punto seguiranno gli accertamenti del caso. Anche alla luce del fatto che inizialmente gli agenti erano corsi a Ronchi per fronteggiare l’ipotesi di un possibile codice rosso, protocollo codificato quando dinamiche di liti in astratto coinvolgono un uomo e una donna legati da rapporti affettivi. Aspetti, questi, tutti da sondare, al momento non suffragati da riscontri specifici.
Parapiglia in Pronto soccorso
Dunque il Pronto soccorso di Monfalcone nuovamente teatro di parapiglia, all’alba. Il fatto, avvenuto in presenza di pazienti, non è rimasto sotto silenzio. Ha visto anzi l’intervento pressoché istantaneo di Uil Fpl e Nursind. Allo scoppio del movimentato episodio, infatti, non era più presente la Polizia, che aveva consegnato agli operatori sanitari le due persone, mai perse di vista prima. Per questo il personale sanitario ha dovuto comporre prima il numero di emergenza dedicato al presidio da Asugi («Ottenendo una risposta inadeguata», secondo le due organizzazioni sindacali) e poi direttamente la Polizia per l’invio di una pattuglia. Sul punto tuttavia la Questura di Gorizia nega recisamente vi sia stata una doppia chiamata: non risulta.
L'appello per la sicurezza
Nella zona non ci sono telecamere di sorveglianza o, se presenti, non funzionano, così Uil Fpl e Nursind tornano a chiedere con forza, come già in un precedente episodio di violenza a settembre, il servizio di vigilanza. A tutela di personale e pazienti. «Serve ripristinare sulle 24 ore un presidio di polizia come in passato – così i segretari regionali Stefano Bressan (Uil) e Luca Petruz (Nursid) –, ma occorre pure incentivare gli operatori e adeguare il numero ormai al collasso di medici e infermieri e dei posti letto della medicina d’urgenza, oggi inadeguato. Urge dare risposte urgenti anche alla ristrutturazione del Pronto soccorso, bloccata in Regione». In assenza di risposte in tempi brevi le sigle saranno costrette a «proclamare lo stato di agitazione».
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