Inutile girarci intorno
Fra una settimana il Milan di Fonseca inizierà la stagione 2024/25 e finalmente inizieremo a vedere se, al termine di un’estate lenta, il timido progetto tecnico di Ibra&co ha un qualche nesso logico con le affermazioni stellari del management, che non perde occasione per parlare di vittorie.
Ci sono diversi interrogativi aperti che il campo può fugare. Il primo, e principale, riguarda le effettive ambizioni di questo gruppo, che per dimostrarsi all’altezza delle aspettative teoriche del popolo milanista (quelle realistiche si sono abbassate già di molto) dovrà partire a razzo e il 22/09 spezzare il record di 6 derby persi consecutivamente. Non ha senso infatti girarci intorno: la calma piatta e serenità dell’estate, accentuata dalla tournee USA condita di risultati positivi, diverrà rapida pressione a 3000 PSI a partire dal post Trofeo Berlusconi, una morsa che culminerà appunto nel derby poco più di un mese dopo.
Restano i dubbi dell’anno passato relativamente al ‘montaggio’ di questa squadra, che pare una serie di pezzi anche validi ma impossibili da accrocchiare; mancano alcuni rinforzi definiti necessari dal tecnico e dalla stessa intellighenzia milanista, l’intera preparazione è stata svolta a colpi di rincalzi ed esperimenti, e solo questa settimana ci sarà modo di affinare il tutto con i titolari. Non una grande estate sulla carta, diciamolo.
Paulo Fonseca, finora l’unica novità trasversalmente accolta con un certo tepore, avrà pochissime cartucce da sparare a suo favore. L’ingresso nel mondo Milan è stato positivo, ovviamente: essendo l’unico professionista esperto nel gruppo dei manager, sta facendo un figurone; lo scetticismo potrà però avvolgerlo rapidamente in caso di scarsi risultati. Poco importa che il suo predecessore ci abbia propinato un calcio tremendo per lungo tempo, conteranno da subito i punti.
La maschera su Redbird/Elliot è caduta, e purtroppo aveva ragione chi partendo dalle prime mosse e qualche pregiudizio aveva pensato molto male della nostra proprietà USA. Non si vede infatti alcun segno di programmazione, preparazione, metodo; e nemmeno si vedono mosse riconducibili a tanto decantati utilizzi di algoritmi, formule. Il Milan lavora in modo diverso da tutti, ma ad un livello veramente basso; il modus operandi, pur rimanendo pressochè identico negli anni, si è estremizzato con un particolare focus sul risparmio. Gli obiettivi sono esclusivamente economici: qualora si riesca, per caso, ad identificarne alcuni con anche una valenza tecnica allora bene; ma non è fondamentale, il Milan può restare senza le proprie necessità.
Io credo che sia importante ripetere allo sfinimento questi concetti anche se palesi, e sia ancora più importante ripetere che al tifoso di tutte le latitudini non frega un cazzo del bilancio. Diciamo, per farci capire bene anche dai tifosi e sostenitori di questa proprietà che affollano i media tradizionali, spacciandosi per tifosi del Milan, che a noi interessa del risultato economico quanto a Furlani interessa di Fofana, di Samardzic, di Zirkzee o di qualunque calciatore. Capito adesso?
Allora quest’estate ci siamo tutti tolti ogni dubbio possibile. Il Milan aveva (ha) delle necessità, e degli stimoli di primissimo livello viste le bastonate prese dall’Inter. Aveva (ha) anche delle risorse e delle possibilità. Sono anni che si migliora il famoso bilancio, attività descritta dai sostenitori della Associazione Contabili Milan come necessaria a sbloccare le Porte del Paradiso; sono anni che si calmiera il monte ingaggi, e anni che si ripete che servivano molte qualificazioni alla Champions per poi tornare a fare operazioni di livello. Ebbene il valore del Milan è cresciuto del 162% in 4 anni, ci siamo qualificati alla Champions per il quarto anno consecutivo: è cambiato qualcosa? No.
Scetticismo, rassegnazione e forse anche contestazione andranno dunque accettati senza troppi cazzi.
Per quanto gli ultras della Milan Brothers Inc. si sforzino a far penetrare nella cultura dei tifosi del Milan l’amore morboso per la contabilità e il rispetto incondizionato dei paletti autoimposti dal management Redbird/Elliot, una serie di privazioni incomprensibili, il discorso non attacca. E non attacca nemmeno gironzolare per il mondo a rastrellare soldini, perché poi tanto qua si deve tornare. A Milano. Dove perdere 6 derby è un grosso problema, e vedere l’Inter più forte e strutturata è un problema, e vederla vincere e convincere è un fottuto problema.
Non c’è nessuna credibilità sportiva nel progetto di Redbird, e non c’è alcuna credibilità nei giornalisti vicini al management, che sono gli unici che paiono apprezzarlo. Questi personaggi sono gli stessi che negli anni precedenti alla “banter era” mentre le sirene di allarme già suonavano, dicevano che era tutto a posto. E pure durante la “banter era” mentre il Milan, che nel 2007 era il Club più importante e titolato al Mondo, si riduceva a battersi per un ottavo posto con Torino e Sassuolo a meno di dieci anni di distanza, raccontavano estasiati di piani di rilancio. Stesse persone, stesse narrazioni, pretendono pure di essere presi sul serio! E si lamentano pure se qualcuno si incazza.
Il Milan non è un brand, ma una squadra di calcio che avrà pure i conti a posto e ci mancherebbe, è un’ottima cosa; ma ha anche un deficit pazzesco verso i propri tifosi: un deficit di risultati sportivi.
Questa squadra di calcio negli ultimi 17 anni ha vinto pochissimo. Se prendiamo il famoso indice della Deloitte sulla ‘ricchezza’ dei club, nelle prime 15 posizioni secondo la media storica (noi siamo al 11esimo posto) solo il Tottenham ha vinto meno di noi negli ultimi 20 anni.
Per capire la sensibilità dei tifosi milanisti, e una certa propensione allo scazzo, basterebbe contestualizzare e raccontare le cose come stanno.
Larry