Olimpiadi 2024, Stefano Mei: «Nel futuro dell’atletica azzurra vedo tanti successi»
Dal trionfo agli Europei di Stoccarda '86 ai vertici della Fidal, Stefano Mei sta vivendo questa sua seconda Olimpiade da presidente accanto al team azzurro di atletica. In questi ultimi giorni della competizione a cinque cerchi la sua squadra è chiamata a tanti banchi di prova importanti e lui è pronto a sostenere ogni atleta in ognuna delle finali conquistate.
Arrivato a oggi che bilancio si può tracciare di queste Olimpiadi?
«Un bilancio positivo nella misura in cui analizzando quelli che sono stati i risultati ti rendi anche conto di quante possibilità di medaglie hai avuto. È vero che, purtroppo, sono arrivati tanti quarti e quinti posti, ma dobbiamo pensare che quei risultati sono figli di discipline atletiche dove a fare la differenza sono i centesimi. Detto questo abbiamo tanti atleti classificati per le finali e questo è un altro dato che dimostra il valore del team azzurro»
Come ha visto gli atleti?
«A differenza di Tokyo ho potuto vivere molto meno con loro. La condizione è diversa in primo luogo perché all'epoca sia per la distanza sia per l'emergenza sanitaria abbiamo vissuto a stretto contatto e gli arrivi e le partenze non erano scaglionati come con Parigi che è molto più vicina a noia. Sicuramente, a oggi, posso dire che a Tokyo abbiamo vissuto un'unita dettata dal momento che stavamo attraversando che sarà difficilmente replicabile in futuro».
Crede che la chiave del successo di Tokyo derivi anche da quel clima?
«Lo sport italiano ha affrontato l’emergenza sanitaria nel modo giusto. Quando sono arrivato il gruppo era già potenzialmente pronto, io ho cercato di tirare fuori il meglio da ognuno toccando le corde giuste e dedicandomi a loro come prima non era stato fatto. Come dico sempre, però non mi prendo i meriti dei 5 ori di Tokyo e analizzandoli rispetto a oggi posso dire che non abbiamo visto un calo delle prestazioni, anzi tutt'altro. Quindi gli scorsi traguardi olimpici non sono figli di un caso isolato e a dimostrarlo sono i risultati ottenuti in questi ultimi tre anni dai mondiali di Budapest ai recenti europei di Roma. Infine, non è nemmeno un caso che la prima medaglia sia arrivata da Mattia Furlani, il più giovane della spedizione»
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Proprio guardando ai più giovani, come valuta il ricambio generazionale del team azzurro?
«Stiamo vedendo una grande crescita, abbiamo fatto un campionato europeo partecipato con ragazzi che sono riusciti a fare una doppia programmazione senza problemi. I giovani ci stanno dando tante soddisfazioni, basta guardare agli ultimi europei in Slovacchia dello scorso luglio dove la spedizione under 18 che si è posizionata prima nel medagliere. Da Tokyo si è innescato un circolo virtuoso che difficilmente verrà interrotto e credo che da qui a Brisbane 2032 ci saranno ancora tante affermazioni».
Tra i tanti riflettori puntati c'è quello su Gianmarco Tamberi, colpito da una colica renale
«Con Gimbo ci siamo visti appena è arrivato. È chiaro che se ti viene una colica a 6 giorni dall'evento non si può parlare altro che di sfortuna, però lui non ha mollato e ovviamente si è debilitato da quanto è successo e anche giustamente nervoso, ma la cosa positiva è che lui ha superato lo scoglio della qualificazione ed è riuscito a ottenere il pass per la finale. Questi giorni di recupero non so se basteranno per vincere la medaglia, per lui vuole quella, ma lo conosco e so che ce la metterà tutta fino all'ultimo».
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Da atleta a presidente, come viva le competizioni una volta e come le affronta adesso?
«Da atleta, almeno ai miei tempi, tendevi a essere egoista, pensavi solo a te e alla tua gara del resto e dei compagni ti importava poco. Adesso per esempio è diverso, questo gruppo è straordinario tutti pensano all'altro e si sostengono a vicenda. Per quanto mi riguarda nel ruolo di presidente il mio approccio alle competizioni è completamente cambiato, vivo costantemente in ansia per tutti: sono lì che un momento devo pensare che Gimbo stia bene, un altro che Jacobs non abbia ricadute, che Palmisano non abbia la febbre o che Stano non abbia dei ritorni dalla frattura di aprile, insomma loro sono diventati il mio centro e io non smetto di rimanere focalizzato su ognuno di loro. Diciamo che sono passato dal pensare solo a me a mettere il team davanti a tutto».