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Август
2024

L’interesse delle Big Tech per le elezioni americane

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C’è stato un momento in cui, più o meno esplicitamente, tutti i big della Silicon Valley sembravano stessero abbandonando la causa democratica. Avrebbe rappresentato sicuramente un fattore di novità per queste elezioni Usa 2024, dal momento che quelle di quattro anni fa erano state caratterizzate da un concorde endorsement delle Big Tech per Joe Biden. All’epoca dei fatti, addirittura, persino Twitter (ancora di proprietà di Jack Dorsey, non ancora passato nelle mani di Elon Musk) poteva rappresentare un baluardo progressista. Le incertezze di Biden e il suo deludente confronto televisivo con Trump avevano fatto vacillare questo asse. Tuttavia, a quanto pare, negli ultimi giorni il ritiro dell’anziano presidente uscente e la candidatura, al suo posto, di Kamala Harris hanno rimescolato le carte in tavola. Per chi votano, dunque, le Big Tech nelle elezioni Usa 2024?

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Big Tech e elezioni Usa, come si posizionano le principali companies americane

Diciamo subito che c’è un silenzio che fa rumore. È sicuramente quello di Mark Zuckerberg che si è rifiutato di esprimere un endorsement a uno dei due candidati alla Casa Bianca. Non ha risposto né su Kamala Harris, né su Donald Trump, esprimendo comunque solidarietà nei suoi confronti per l’attentato subito a metà luglio. Meta sembra essere ben deciso a restare fuori dall’agone politico, anche nelle scelte algoritmiche. Da tempo ha deciso di limitare i contenuti su questi argomenti sulle proprie piattaforme (sia su Facebook, sia su Instagram), privilegiando al contrario materiali multimediali di segno diverso. Anche la sempre più scarsa attenzione ai media ha determinato un allontanamento dall’agone politico, dal momento che questi ultimi venivano sempre visti come mezzo di polarizzazione dell’audience. Tuttavia, negli ultimi giorni, c’è stato il giallo – alimentato dallo stesso Donald Trump – delle ripetute telefonate di Zuckerberg all’ex presidente, soprattutto in seguito all’attentato subito (per scusarsi, principalmente, degli errori dell’AI di Meta su questo argomento). Secondo Trump, Zuckerberg non sosterrà alcun candidato democratico e ha affermato di rispettare Trump per come si sia comportato dopo l’attentato. Una successiva nota di Meta ha confermato però la neutralità del suo CEO per queste elezioni.

Per un CEO di Big Tech che non si esprime, ce n’è un alto che invece non esita a dire la sua. Elon Musk ha fatto un endorsement pubblico a Donald Trump, nonostante il suo vice JD Vence sia sempre stato piuttosto ambiguo nelle sue posizioni su Big Tech. Ritiene, ad esempio, che intelligenza artificiale e criptovalute debbano essere monitorati con molta attenzione, soprattutto in ottica start-up. Nonostante questo, Musk – che ha il polso del consenso populista – non ci ha pensato un attimo a scegliere da che parte stare. Ed è sul suo social network (a parte che su Truth Social) che l’audience dell’ex presidente Trump trova maggiore spazio, con poca moderazione e con pochi interventi anti-fake news.

Anche da Google arriva una sostanziale neutralità, anche se recentemente è stato accusato proprio da Musk di censurare in maniera selettiva le ricerche che riguardano Donald Trump. Alcuni suoi ex membri del board, tuttavia, fanno parte di venture capital che finanziano economicamente la campagna dei democratici (di Joe Biden prima e di Kamala Harris poi). Della stessa scia di finanziatori fa parte il founder di Netflix (altro Big Tech coinvolto attivamente nella campagna elettorale), d’impronta progressista.

La campagna elettorale americana, comunque dovesse andare, è chiamata a fronteggiarsi su tematiche su cui il settore tecnologico è molto sensibile: criptovalute e intelligenza artificiale fanno parte di ogni rally dei candidati e le loro decisioni in materia nel prossimo mandato sono destinate a orientare inevitabilmente, da un punto di vista normativo, un settore che è sempre più in evoluzione. E che non può permettersi un presidente o una presidente che gli mettano i bastoni tra le ruote.

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