Reato che compi, attenuante che trovi
Questa sentenza, che ha fatto molto discutere, ha un lato positivo e un lato negativo. Il lato positivo ve lo dico alla fine. Quello negativo è abbastanza evidente: usare il Covid come attenuante per un assassino rientra nel perfetto campionario delle assurdità della nostra giustizia. Certo: tutti noi ricordiamo quei giorni terribili. Bisognava stare chiusi in casa. E c’era lo stress. E c’era l’angoscia. E c’era la tensione. E c’erano i Dpcm. E c’era il premier Conte con le sue conferenze stampa. E c’erano i bollettini dei morti. E c’erano i virologi Bassetti, bassotti, Burioni e boriosi, che spargevano terrore a piene mani. E c’era il divieto di giocare a calcetto, di mangiare una pizza, anche solo di andare a correre in spiaggia. C’era tutto questo, si capisce. Figuriamoci se non lo sappiamo noi che abbiamo sempre denunciato la follia di quei giorni. Ma quella follia basta per giustificare un omicidio? O anche solo per giudicarlo meno grave?
Perché vedete, se fosse davvero così, è un peccato non averlo saputo prima. Ci pensate quante occasioni abbiamo perso? Quanti conti avremmo potuto regolare con la giustificazione del Covid? Per dire, la suocera che rompeva le scatole: scusi, signor giudice, le ho dovuto sparare perché c’era il Covid. Oppure il marito che s’impossessava del telecomando per guardare le partite di Champions: scusi, signor giudice, l’ho dovuto strozzare perché c’era il Covid. Oppure la sorella che non usciva dal bagno pensando di aver diritto di truccarsi per ore: scusi, signor giudice, le ho dovuto fracassare il cranio, perché c’era il Covid. Potete aggiornare la lista a vostro gradimento, e sono sicuro che in questo modo, cioè pensando a quel che avreste potuto fare con la scusa del Covid, qualcuno di voi finirà persino per rimpiangere quella stagione crudele.
Non disperate, però, i giudici sono capaci di stupire con attenuanti sorprendenti anche quando non si tratta di Covid. A Genova, per esempio, un assassino, anche lui reo di aver ammazzato la propria compagna, si è visto ridurre le pena perché «era disperato». Non c’era la pandemia, ma è bastata la «delusione» per far scattare l’attenuante. A Bologna invece i giudici hanno riconosciuto come attenuante all’assassino la «tempesta emotiva». A Torino uno stupratore si è visto ridurre le pena perché la stuprata aveva lasciato socchiusa la porta del bagno (attenuante toilette); a Palermo un pubblico ufficiale che aveva molestato due impiegate si è visto ridurre la pena perché, pur avendo 65 anni, è stato giudicato «immaturo» (attenuante immaturità).
E ancora, a Busto Arsizio un sindacalista si è salvato dall’accusa di molestie perché aveva palpeggiato una hostess, ma lei ha reagito solo dopo 20 secondi (attenuante del diciannovesimo secondo: se palpeggi entro quell’istante sei salvo).
Che ci volete fare? Questo è il Paese che ha inventato il diritto e poi però anche il suo rovescio. Non a caso ci troviamo quasi ogni giorno a commentare sentenze assurde, proprio come quella sul Covid. La quale sentenza, però, come dicevo, insieme al suo lato evidentemente ridicolo e dunque negativo, presenta anche un altro aspetto, invece più serio e positivo. Infatti essa se non altro dimostra che i magistrati riconoscono, seppur in modo un po’ rocambolesco, che quello della pandemia è stato un periodo devastante, fuori da ogni regola e da ogni controllo. Un periodo meritevole di analisi speciali.
Ora sarebbe bello se lo riconoscessero anche le nostre istituzioni e i politici che le guidano. La commissione d’inchiesta, per esempio, che fine ha fatto? E perché si continua a non dare risposta ai tanti che la chiedono? E alle vittime degli effetti avversi? Perché, vedete, il Covid non può essere un’attenuante per chi uccide, questo è ovvio. Ma nemmeno per chi governa, e questo invece non lo dice nessuno. n
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