Iva Zanicchi: «Da Berlusconi al Festival, la mia vita esagerata»
«Devo spostare la mia madonnina. Ho fatto il voto di dire un’Ave Maria ogni volta che le passo davanti, succede troppe volte al giorno. La metterò in un angolo meno in vista». La devota che parla è Iva Zanicchi, colta al ritorno dalla Calabria, dove ha tenuto una serata in piazza: a 84 anni, per una vitale come lei, cosa volete che sia.
Voi anziani non vi ritirate mai: non solo lei, Iva, guardi Joe Biden e Donald Trump.
Veramente Biden ha lasciato la corsa alla vice Kamala Harris, non lo sa?
Sì, ma Trump, non un ragazzino, è sempre in campo e ha buone probabilità di vincere.
Già, non sono più i tempi di un giovanotto come John Kennedy. Ormai i vecchi, se la salute regge, lottano come leoni. Pallottole permettendo, nel caso di Trump.
Per lei che cos’è la vecchiaia, l’«età grande», per dirla in modo attenuato?
Ho avuto l’onore, tanti anni fa, di passare un po’ di tempo con il poeta Giuseppe Ungaretti. Facevamo passeggiate nei boschi, chiacchierate. Lui era già anziano. Mi disse una banalità, forse, ma verissima: conta l’interno, non l’involucro. Se dentro di te conservi una luce, non sei vecchio, anche se il tempo fa il suo lavoro. La mia luce è la curiosità. Sono curiosa di tutto. Vedo la tv e parlano di un paesino? Vado subito a leggere, in Rete, dove si trova, quanti abitanti ha, che giunta lo governa. Faccio così con tutto: persone, storia, animali, scienza. Sono esagerata.
No, continuare a studiare e imparare è positivo.
Soprattutto per una come me, che non ha studiato. Ho fatto le medie, poi basta. Da noi solo i maschi potevano sperare di andare avanti negli studi. Lo sappiano le femministe di oggi, che hanno trovato la pappa pronta. Pensi che il mio sogno era diventare scrittrice: mi piace leggere, da ragazza ho fatto la commessa in libreria.
E qualche libro lo ha pure scritto.
Ricordi della mia vita, della mia famiglia. Mi dicono che sono scritti in modo semplice ma bene, e ringrazio. Ma per diventare scrittrice vera, mandare alle stampe un romanzo, ci vuole una cultura solida che non ho.
Mai dire oramai: potrebbe sempre stupirci. Come quando è entrata in politica ed è stata eletta al Parlamento europeo con Forza Italia.
Saprà che Berlusconi non voleva. Ero in tv con Ok, il prezzo è giusto, andavamo alla grande, c’era la fila degli sponsor, il Cavaliere era felice come una Pasqua.
E lei gli fece lo scherzo di candidarsi.
«Iva, non farlo. Ti farai odiare dagli spettatori che non sono dalla nostra parte». Silvio la pensava così. Ma io, cocciuta, convinta delle sue e mie idee, mi sono candidata. Con poche migliaia di euro, tutti usciti dalle mie tasche, ho fatto campagna elettorale
e vinto. Silvio ha dovuto ricredersi.
Cosa prova oggi che può sbarcare all’aeroporto di Malpensa intitolato a Silvio Berlusconi?
Che gli avrei intitolato Linate, dove sbarco più spesso che a Malpensa. Silvio era un grande, tra noi c’era un’amicizia purissima. L’ho sentito quando era già malato. Un uomo generoso, con una visione moderna. Raccontava pure bene le barzellette, come me, era convinto di essere il più bravo. Glielo lasciavo credere, ma sono più brava io. Silvio ha fatto tanto per il Paese. Fosse per me, gli intitolerei una grande piazza di Milano. Pensi che bello poter dire al tassista: mi porti in piazza Ber-lu-sco-ni, scandendo bene il nome. Fa più effetto che l’aeroporto. Benché mi diverta immaginare la faccia dei passeggeri anti-Silvio, magari incalliti comunisti, che all’annuncio della hostess si butterebbero giù dall’aereo pur di non scendere nello scalo dedicato al loro nemico numero uno.
Ma vede comunisti dappertutto! A proposito, come ha fatto lei, che viene da Ligonchio, in provincia di Reggio, un puntino nell’Emilia rossa, a non scegliere quella parte?
Ligonchio era un paese tipo quello di Don Camillo e Peppone. Gli uomini erano tutti comunisti o socialisti, le donne andavano in chiesa, e il prete ordinava, pena l’inferno, di votare Dc. Le donne erano di più. E i voti arrivavano: infatti, da noi venivano in visita i caporioni democristiani, per esempio Fanfani. Non gli pareva vero che lì, in un mare di bandiere rosse, ci fosse un nucleo bianco. Ma attenzione: i miei nonni erano socialisti, uno di Nenni, l’altro di Saragat. Nonno Adamo, antifascista, aveva un’osteria. Durante il regime di Mussolini non so quanti litri di olio di ricino dovette bere. Ma vede, non sono mai stata comunista, però ciò non toglie che sia amica di Marco Rizzo.
Rizzo, il presidente onorario del Partito comunista e capo di Democrazia sovrana popolare?
Lui, ci siamo conosciuti sui banchi del Parlamento europeo, un simpaticone. Una volta indossavo un vestito rosso, mi ero stufata dei tailleur neri e grigi di ordinanza, e Marco, appena mi vide, sorrise e disse ad alta voce: ecco Iva, una di noi.
Rizzo a parte, lei non è di sinistra, ma si dice che poche siano femministe come Iva, anche se critica le odierne paladine delle donne.
Sono femminista nel vero senso del termine. Mi sono resa indipendente, lavorando sodo, sfidando i pregiudizi. A Ligonchio noi ragazze non potevamo mettere i pantaloni, né andare in bici: era sconveniente. Chi
si ribellava andava incontro a reprimende terribili. Non era una vita facile, la difesa delle donne non era andare in piazza a sventolare cartelli con scritto «il corpo è mio e lo gestisco io». Non mi chiede se sono stata molestata, se ho dovuto cedere alle richieste di qualche potente per fare carriera? Mai e poi mai, non l’ho mai «data via» se non per amore. Sarò una mosca bianca.
Lasciamo politica e ideologia e torniamo alla vita normale.
Va bene, la politica in effetti ci sbriciola, ci mangia.
Ma lei fa ancora all’amore?
Non si smette mai di fare all’amore. Parte dal cervello, organo sessuale che non si spegne. Se hai il compagno giusto elabori, anche in tarda età. Non sarà più il sesso acrobatico dei vent’anni, dico per dire, ma ci sono la tenerezza, i baci, gli abbracci. Corpi che hanno confidenza e si avvicinano. Eppure, se lo dici sembra qualcosa di sporco. Perché mai? Siamo ancora al Medioevo.
Lei è passionale?
Quando amo sono capace di qualsiasi cosa. L’amore nella fase iniziale è una malattia. Ma sono fedele, il tradimento mi fa orrore. Farlo o riceverlo è una coltellata. Una cosa da non perdonare: come fai a stare con qualcuno che si è ficcato nel letto con un’altra? Certo, passati i settant’anni si vede tutto con più tolleranza. Ora perdonerei, alla grande.
Dunque è un’eccezione, fedelissima nei secoli.
Ma che ha capito? Sto con Fausto Pinna da quasi 40 anni, lui, il mio amore che ora sta combattendo contro una malattia, non l’ho mai tradito, ma prima qualche colpo di testa l’ho avuto.
Ah ecco, così Iva si umanizza...
Da sposata, mi innamorai follemente di un ragazzotto sbagliato. Feci l’errore di dirlo a mio marito, di confessare la mia passione bruciante. Una tragedia, passai l’estate più complicata e pazza della mia vita, tra l’uomo sbagliato che mi aveva preso il cuore e la routine che avrei voluto conservare. Lo dico alle donne: non tradite, ma se lo fate, tenetelo per voi, negate anche l’evidenza. La sincerità è un guaio.
La cafoneria dell’estate italiana 2024?
La stessa delle ultime estati: l’uso disinvolto, e non punito, dei social, anche da parte di ragazzini che possono rovinare sé stessi e i coetanei. E poi il solito finto perbenismo, che impedisce di parlare come si mangia. Non difendo la volgarità, ma che non si possa dire pane al pane e vino al vino è una follia. Mi viene in mente il povero Fausto Leali, anni fa crocifisso perché gli è scappato un «negro» al Grande Fratello. Ma si può?
Da Ligonchio prese il volo grazie alle canzoni.
Sì, l’Aquila di Ligonchio, mi chiamavano così per via del naso, che ho poi corretto a 45 anni, quando potevo davvero farne a meno. L’Aquila volò con Gianni Morandi e Orietta Berti, al concorso Disco d’Oro di Reggio Emilia, nel 1961. Vinsi io, Morandi era ancora quasi un bambino. Da lì cominciò la mia carriera.
E che carriera: tre Festival di Sanremo vinti, un record, nessuna cantante lo ha ancora raggiunto. Ma di quell’onda musicale sono rimaste delle amicizie?
Mina, la Tigre di Cremona, la più brava di tutti, la sentivo solo all’inizio. Con Milva, la Pantera di Goro, ero in relazione fino alla sua scomparsa. C’erano e ci sono la Vanoni, la Caselli, Patty Pravo, prive di soprannome zoologico. C’è Orietta, ci sentiamo, le mando messaggi se la vedo in tv, siamo amiche. Non sento Morandi, ma Al Bano sì: per me è un fratellone. A cantare dal vivo siamo rimasti in pochi, di quella generazione. C’è una certa Iva Zanicchi, con una bella voce (sorride). Sa quanti mi dicono: perché ai tempi non ti sei data alla lirica? Rispondo: per fame. La musica leggera prometteva successi più immediati.
Ricordi del primo Sanremo che ha vinto, nel 1967?
Ero in coppia con Claudio Villa, il Reuccio, un vero despota. Mi sentivo una scolaretta, ma interpretai Non pensare a me a mio modo, mentre Villa la fece da stornellatore, il suo stile. Vincemmo, era l’anno orribile del suicidio di Luigi Tenco. Pensare che stavo per andarmene prima della finale: mi fermarono nella hall dell’albergo, dove c’era mia mamma ad aspettarmi. Non credevo che il festival continuasse, dopo quella tragedia. E invece...
E l’ultimo festival di due anni fa, con Amadeus?
Sono arrivata diciottesima. Ma basta gare a Sanremo, non ho più l’età.
Se la chiamasse il nuovo conduttore, Carlo Conti? Gli direbbe di no?
Come ospite ci andrei. Se mi invitasse ci mancherebbe: potrei pure pulire i camerini, preparare dei buoni spaghetti. Scherzo...
Canzoni a parte, cosa bolle in pentola?
Avrò un autunno e la primavera con Canale 5, che sento come casa mia. Ho visto crescere Pier Silvio Berlusconi. In autunno sarò giurata a Io canto, di Gerry Scotti. E in primavera, si tenga forte, farò tre o quattro puntate di un programma tutto mio. Ancora da mettere a punto, ma siamo avanti.
Adesso può anche andare a spostare la madonnina...
Subito, oggi ho già detto quattro