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Июль
2024

Boom di febbri estive a Padova: «Maggiore diffusione di virus con il cambiamento climatico»

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La febbre del Nilo alza la testa e punge. A destare attenzione, ad oggi, non è tanto il numero di casi, quanto la loro gravità. Quattro i casi neuroinvasivi – con altrettanti ricoveri – registrati nel Padovano a circa un paio di settimane dal ritrovamento di zanzare infette: tra questi, una persona senza fragilità e un decesso.

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Ma il West Nile non è l’unico virus a tenere alto l’interesse dei sanitari: nel mirino tutte le febbri estive che stanno affollando i Pronto Soccorso.

La professoressa Annamaria Cattelan dirige l’Uoc Malattie Infettive e Tropicali dell’Azienda Ospedale Università, un osservatorio di prima linea in questo settore.

Professoressa, si torna a parlare prepotentemente di West Nile.

«Abbiamo ricoverato un uomo di 55 anni con una meningoencefalite e senza comorbilità. È molto raro, ma non significa che sia impossibile. Se sia un caso o un trend potremo capirlo solo a fine stagione. Ricordiamo che nel 2022 i casi neuroinvasivi furono numerosissimi, mentre l’anno scorso non ne abbiamo avuti. Vedremo come evolve la situazione».

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Nel caso aumentassero i sintomatici gravi tra le persone sane è ipotizzabile pensare che il virus stia mutando?

«Sì, è possibile ed è un’ipotesi al vaglio dei virologi, che già dopo il 2022 hanno cominciato a valutare se ci siano varianti maggiormente presenti. Del resto, l’aumento delle temperature favorisce la diffusione e la permanenza delle zanzare. Questo rende possibile l’emersione di varianti, ma è un ambito che va studiato».

Anche la Dengue sta facendo registrare un numero significativo di casi.

«Quest’anno complessivamente i casi sono stati cinque volte superiori allo scorso anno con un ottantina autoctoni, pur non in Veneto. L’incremento da noi al momento è riconducibile ai viaggi e alla diffusione del virus a livello globale».

Quali sono i virus cui prestare maggiore attenzione per la potenziale pericolosità?

«Tutti possono essere o diventare pericolosi. Anche se nel caso del West Nile solo l’1% evolve in forme neuroinvasive e i due decessi in Italia hanno coinvolto persone anziane. Dopodiché in questi giorni stiamo registrando un grande aumento delle persone che si rivolgono al Pronto Soccorso con febbre e cefalea. In particolare, stiamo assistendo a diversi episodi di meningoencefalite tra i giovani, anche se non abbiamo isolato altri virus o batteri».

Com’è possibile?

«Difficile dirlo, dal punto di vista microbiologico non è emerso nulla di nuovo, quel che sappiamo è che c’è sempre una quota di casi che non viene diagnosticata dai test. Ma tra le forme neuroinvasive ci sono anche quelle di Tbe, causate dalla zecca, e Dengue. In questi casi, però, c’è da dire che esistono i vaccini e sono efficaci. Quello per la Dengue è valido per tutti e 4 i sierotipi e chi ha in programma un viaggio nelle zone a rischio dovrebbe farlo. Anche nel caso della Tbe il vaccino è sicuro e viene già raccomandato per residenti e lavoratori delle zone montane: anche se nel 70% dei casi è asintomatica, per la restante parte decorre con una febbre in due fasi che sono quelle di replicazione del virus. I sintomi sono i classici influenzali, ma uno su tre evolve in meningite o encefalite e il 10-20% lascia complicanze a lungo termine».

Il 2022 è stato anche l’anno del vaiolo delle scimmie, che fine ha fatto?

«Negli ultimi 2-3 mesi abbiamo visto qualche caso sporadico con lesioni minuscole. Questo proprio perché a suo tempo abbiamo fatto una campagna di vaccinazione a tappeto».

Parlando di virus, è impossibile dimenticare il Covid, anche se sembra un ricordo lontano. Ne vedete ancora?

«Sì, sta tornando qualche caso, soprattutto nelle persone con sistema immunitario compromesso. Adesso abbiamo anche un no vax con una brutta polmonite. Ma in linea di massima le persone che a suo tempo si sono vaccinate e che sono sane se la cavano in un paio di giorni con febbre, mal di gola e raffreddore. È diventato endemico e in questo momento non ci preoccupa. Speriamo in futuro non porti altre novità».

Con l’immigrazione si stanno vedendo muovi virus?

«Vediamo ancora l’Hiv, soprattutto nelle manifestazioni tardive, quando la malattia è già conclamata. E poi c’è parecchia Tbc, non solo tra gli immigrati ma anche nei nostri anziani, riconducibile soprattutto a condizioni disagiate e di promiscuità tra i primi e di immunodepressione nei secondi».

Dal suo osservatorio a cosa crede sia dovuto questo aumento dei virus estivi?

«Al cambiamento climatico, senza dubbio. Virus come West Nile e Toscana ne risentono tantissimo. Ogni infezione dipende da tre fattori: umano, eziologico e ambientale. E quelle trasmesse da vettori come le zanzare sono le più influenzate da quest’ultimo. Ho chiara davanti agli occhi l’immagine di una mappa della Nasa del 2022 con le temperature dell’Europa, quasi ovunque tropicali, sopra i 30-35 gradi. E questo ha effetti concreti perché riduce il ciclo di sviluppo dei vettori, diminuisce i tempi di riproduzione dei patogeni artropodi. Con l’allungarsi della stagione a loro favorevole, le zanzare aumentano e si adattano: il ciclo dello sviluppo è temperatura-dipendente, al di sopra dei 25 gradi si chiude in una settimana. Di fronte a situazioni sempre più favorevoli le zanzare si adattano e si moltiplicano. La West Nile è trasmessa dalle comuni culex che ormai non muoiono più, ci sono anche in inverno. Sono infestanti e si replicano».

Qual è il ruolo dei viaggi in questo scenario?

«In una condizione di globalizzazione non possono che favorire la diffusione di vettori: pensiamo allo scambio di vacanzieri, aerei, valigie. La Dengue è un tipico esempio di importazione, dopodiché in Italia, come detto, ci sono stati anche casi autoctoni. Né la gente può smettere di viaggiare per timore».

Considerando che i tradizionali repellenti non sembrano più particolarmente efficaci, come ci si difende?

«Con zanzariere, abbigliamento leggero ma coprente ed evitando ristagni d’acqua».

C’è sentore di possibili nuovi virus?

«Direi che ne abbiamo già abbastanza, al momento non c’è sentore di altro. Ma ricordiamo che fino a poco tempo fa non conoscevamo il Toscana Virus e l’Usutu, quindi potremmo arrivare a trovare altri virus autoctoni simili».

Come se ne esce?

«Credo che sarà la tecnologia a doverci dare una mano, non vedo altre possibilità. Il problema è che l’innalzamento delle temperature non è graduale ma parabolico e non c’è modo di invertire la rotta in poco tempo».