Presunto insabbiamento dell’inchiesta sui boss Buscemi e Gardini, pure l’ex procuratore di Roma Pignatone indagato a Caltanissetta
C’è anche l’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone tra gli indagati dalla Procura di Caltanissetta per il presunto insabbiamento di un’indagine, aperta a Palermo nel 1992, sui rapporti tra gli imprenditori mafiosi Nino e Salvatore Buscemi e il gruppo Ferruzzi guidato da Raul Gardini. Come anticipato da Repubblica, il magistrato – attualmente presidente del Tribunale vaticano – ha ricevuto un invito a comparire e si è presentato mercoledì ai pm per essere interrogato. L’ipotesi di reato è di favoreggiamento alla mafia, commesso secondo l’accusa da Pignatone, ai tempi pm a Palermo, in concorso con l’ex procuratore Pietro Giammanco (morto nel 2018 e considerato “l’istigatore” della condotta), con l’allora collega Gioacchino Natoli e il capitano della Guardia di Finanza (ora generale) Stefano Screpanti. Sia Natoli che Screpanti hanno ricevuto l’invito a comparire nelle scorse settimane e sono già stati interrogati: l’ex pm si è avvalso della facoltà di non rispondere e ha annunciato di voler chiarire la sua posizione in un secondo momento, mentre il militare ha respinto le accuse.
La ricostruzione della Procura nissena ruota attorno al fascicolo (trasmesso a Palermo da Massa-Carrara) sulle infiltrazioni di Cosa nostra nelle cave di marmo in Toscana, di cui Natoli chiese e ottenne l’archiviazione nel giugno del 1992. Tra i principali indagati c’erano Nino e Salvatore Buscemi, imprenditori mafiosi (vicini al “capo dei capi” Totò Riina) poi divenuti soci del gruppo Ferruzzi, nonché il boss Francesco Bonura e il politico Dc Ernesto Di Fresco. Secondo l’accusa, Natoli, Giammanco, Screpanti e Pignatone (ciascuno nel proprio ruolo) hanno aiutato i sospettati a “eludere le investigazioni”, svolgendo “un’indagine apparente” e in particolare chiedendo “l’autorizzazione a disporre attività di intercettazione telefonica per un brevissimo lasso temporale”, “inferiore ai quaranta giorni per la quasi totalità dei target”, e “solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione”. Inoltre, non sarebbero state “trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato”.
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