Su quali presupposti si basa il manifesto di AccessiWay
Partiamo da un concetto. Il tema della piena accessibilità digitale che, come abbiamo visto, solo in Italia interessa almeno 13 milioni di persone direttamente (ma che, in realtà, è un qualcosa che si deve applicare a tutta la comunità, perché dei servizi più inclusivi migliorano l’ecosistema che tutti abitano) deve essere considerato come un diritto umano. È questo il punto di partenza su cui AccessiWay si è basata per lanciare il suo manifesto, un documento di sensibilizzazione per portare all’attenzione pubblica il problema della scarsità dell’accessibilità dei servizi digitali, dei siti web, delle applicazioni mobile. Come abbiamo visto in un altro punto del nostro monografico, in Italia soltanto il 3% circa delle home page dei siti web è perfettamente compliant ai criteri di accessibilità che la start-up verticale ha individuato e che seguono i principi inseriti all’interno dell’EU Accessibility Act.
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Manifesto AccessiWay, il diritto all’accessibilità digitale
Rivolgendosi alle autorità politiche e istituzionali, il manifesto cerca di lanciare un messaggio chiaro e lineare: «Noi, rappresentanti di aziende, associazioni e istituzioni attive in Italia in Europa, ci rivolgiamo a voi per difendere l’accessibilità digitale non solo come motore di inclusione, ma come diritto umano inalienabile in quanto l’accessibilità digitale produce autonomia e dunque welfare: se strumenti di lavoro, piattaforme digitali e siti web sono accessibili, le persone con disabilità sono in grado di lavorare, gestire un conto corrente, acquistare titoli di viaggio ecc., e dunque essere parte attiva della società».
Il grido di battaglia del manifesto, ovviamente, è che «l’accessibilità non si auspica, è un diritto», anche se oggi – in Italia – questo aspetto viene trascurato per mancanza di cultura. Quello che si richiede, a questo punto, è una maggiore attenzione sull’aumento delle competenze specifiche in ambito aziendale e pubblico, anche perché la mancanza di incentivi economici rischia di complicare ulteriormente le cose.
Dunque, si chiede un processo legislativo che definisca criteri chiari di conformità per i servizi digitali, sottolineare la natura di diritto umano dell’accessibilità e stabilire un sistema di sanzioni efficace per chi dovesse contravvenire alle leggi sull’accessibilità. L’auspicio è che tutto questo possa avvenire entro il 2025, quando scatterà automaticamente la possibilità – per gli utenti – di denunciare difformità all’EU Accessibility Act; che ci possano essere incentivi alla transizione verso l’accessibilità, anche attraverso campagne di promozione istituzionale (soprattutto da parte del governo); che si monitori la rapidità dell’evoluzione degli strumenti web, perché la corso all’aggiornamento non fa altro che esasperare il digital divide. «Riteniamo – concludono i promotori del manifesto – che queste misure siano essenziali per garantire a tutte le persone con disabilità in Italia il diritto di accedere ai servizi e alle informazioni online in modo efficiente e senza barriere».
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