Eurostat “salva” i conti pubblici italiani: “Impatto del superbonus sul deficit può essere spalmato negli anni”
Eurostat ritiene che il Superbonus maturato dopo l’adozione della riforma contenuta nel decreto legge di marzo e convertita in legge a maggio, debba “essere registrato nei conti pubblici come credito d’imposta non pagabile nel 2024”, salvo per le eccezioni previste dalla legge. Lo si legge nel parere inviato all’Istat sulla contabilizzazione dei crediti che confermano in sostanza l’approccio sinora utilizzato per i conteggi dall’istituto statistico italiano. Eurostat ha inoltre ribadito la classificazione come “credito di imposta dovuto” per il Superbonus attivato negli anni 2020-2023. Si deduce quindi che dall’adozione delle ultime norme, l’effetto del Superbonus sul deficit sarà spalmato negli anni.
Ritenere “pagabile” il superbonus del passato significa che la spesa fino a fine 2023 per gli incentivi edilizi del 110% rimane contabilizzata nei conti pubblici del passato. Dal 2024 essendo classificata come “non pagabile” questa spesa potrà invece venire spalmata in più anni, avendo dunque un diverso e più graduale impatto sul deficit pubblico. Ossigeno per il ministero dell’Economia, considerando che, da quest’anno, sono tornate in vigore le regole del Patto di stabilità europeo, riformato in aprile dopo lunghi negoziati, con criteri stringenti anche sul rientro dei deficit pubblici in eccesso.
Tra le principali novità della legge di maggio sul Superbonus c’è peraltro proprio quella per cui le spese sostenute dal primo gennaio 2024 potranno essere portate in detrazione in 10 anni anziché in 4. Nelle conclusioni del parere Eurostat precisa che per la parte della spesa 2024 relativa alle deroghe, come definite dalla legge, per le quali resta applicabile la trasferibilità, il Superbonus maturato dovrà continuare ad essere contabilizzato come credito d’imposta pagabile. Per il passato l’ufficio di statistica europeo aveva già indicato in altri pareri sul Superbonus che la propria valutazione era basata sul presupposto che gli importi dei crediti d’imposta che verranno eventualmente persi in futuro saranno trascurabili per il periodo 2020-2023.
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