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Июль
2024

Le richieste di Federico Malignani, presidente del Comitato “Udine sicura”: «Temiamo altre violenze, è ora di farsi sentire»

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UDINE. Aveva visto la luce dopo un autunno contrassegnato da ripetuti episodi di zuffe e risse tra giovani e giovanissimi, nato dopo che spontaneamente un migliaio di cittadini si era coalizzato, dando vita a un gruppo whatsapp costruito per condividere segnalazioni ed episodi sospetti.

Oggi il comitato Udine Sicura annovera circa 1.500 iscritti. E, dopo l’omicidio di Shimpei Tominaga, ha deciso di manifestare le proprie preoccupazioni per quel che sta accadendo in città scendendo in piazza, in un corteo silenzioso che lunedì si snoderà a partire dalle 18.30 da piazzale XXVI Luglio a piazza Libertà.

«Vogliamo riavere la nostra Udine: una Udine sicura, aperta, civile. Temiamo un’escalation di violenza: in un brodo informe, che racchiude tante criticità, il rischio è elevato», riflette il presidente del comitato, Federico Malignani.

La decisione di valicare il confine del virtuale per scendere in piazza arriva a pochi giorni dalla morte di Tominaga. Fin dalla costituzione del comitato avevate lanciato l’allarme, paventando problematiche sempre più serie per la tenuta della sicurezza in città. Qualcuno vi ha dato delle cassandre...

«Beh, tutto quello che avevamo previsto si è puntualmente verificato. Ed è accaduto perché non si è fatto nulla, in questi mesi, per contrastare un fenomeno fuori controllo, quello legato alle comunità che accolgono minori stranieri non accompagnati, liberi di agire come credono».

I giovani coinvolti nell’episodio di via Pelliccerie non arrivano dalle comunità, tuttavia.

«È una questione ancor più complessa. Udine non è Ibiza, ma non è neppure Caorle o Jesolo.

Perché tanti ragazzi arrivano in città da fuori, sistematicamente? Domandiamocelo».

Ha una risposta?

«C’entra la droga».

A proposito di risposte: sono arrivate quelle che vi attendavate dalle istituzioni?

«No. Siamo consapevoli che il Comune non abbia la possibilità di fare piazza pulita, ma certamente possono agire nel momento in cui arrivano le segnalazioni dei cittadini. Invece, alle decine di segnalazioni che abbiamo fatto pervenire non c’è stata mai una risposta.

Anzi: quando chiedevamo l’intervento dell’Esercito in piazza Primo Maggio, in concomitanza con i ripetuti episodi di risse durante le giostre, c’è stato qualche esponente della maggioranza che ci ha deriso.

Poi è stata proprio la giunta a invocare l’intervento dei militari, arrivati giustamente a dar manforte alle forze dell’ordine, alle quali non possiamo imputare proprio nulla: sono sotto organico, con le mani legate da norme che spesso impediscono un’azione immediata».

Qual è, a oggi, la mappa delle zone critiche?

«La situazione di vicolo Brovedan era nota ben prima dell’accoltellamento di maggio.

Abbiamo segnalazioni costanti da via Leopardi, via della Rosta, via Aquileia, piazza Primo Maggio, largo dei Pecile».

Chi si rivolge al vostro comitato percepisce una Udine effettivamente meno sicura?

«Non è una questione di percezione, oramai. È la realtà: Udine oggi non è sicura.

Riceviamo messaggi di genitori che hanno paura a far uscire i ragazzi di casa, di anziani che dopo una certa ora si rintanano nelle loro abitazioni».

Lunedì sarete per le strade del centro. Ogni manifestazione presuppone delle rivendicazioni. Cosa chiedete?

«Anzitutto maggiore dialogo: il Comune ha preso delle decisioni, dalla Ztl all’ordinanza anti-alcol, senza coinvolgere i portatori d’interesse.

E poi chiediamo un cambio d’atteggiamento: l’amministrazione avrebbe dovuto andare a Roma e pretendere un incontro con il ministro dell’Interno».