Wimbledon – Il torneo dei 5 set e dei 21 vincitori capovolti. Djokovic non è lui. Dopo i rimpianti per lo show anticipato Sinner-Berrettini ora seguono quelli per Sinner-Alcaraz?
Sedici teste di serie su 32 “saltate” fra gli uomini, 10 fra le donne, non significa che a Wimbledon sia scoppiata la rivolta dei peones, ma semplicemente che l’erba attenua i gap fra i più bravi e i meno bravi e fa scaturire match equilibrati anche fra giocatori le cui classifiche possono essere anche molto distanti.
Nella quarta giornata dei Championships ci sono state 8 maratone conclusesi al quinto set e fra queste quella vinta in rimonta da Lorenzo Musetti su Luciano Darderi che era stato avanti due set a uno prima di subire un break in modo piuttosto sciagurato, nonché quella persa da Flavio Cobolli con Alejandro Tabilo cui pure aveva rimontato due set di svantaggio, nel corso dei quali aveva risposto pochissimo e male al servizio mancino del cileno– 5 punti soltanto fatti in sei turni di risposta nel primo set, 10 punti nel secondo ma senza mai arrivare a 40 (“E sì che la risposta di solito è la mia miglior qualità…per questo mi ero molto innervosito” ci avrebbe detto a fine partita) – ma era stato invece molto bravo a mantenere immacolata la casella dei break subiti fino a che all’inizio del quinto set ha invece patito quel primo che si è rivelato fatale.
Entrambi i due sconfitti hanno grossi rimpianti, la vittoria sembrava a portate di racchetta, anche se nel complesso possono essere soddisfatti di aver superato un turno e di essersi difesi fino al quinto set in un torneo cui prendevano parte per la prima volta, con quasi zero esperienza erbivora.
Delle 8 partite concluse al quinto set una sola, quella vinta da Dimitrov sul cinesino Tseng (il più giovane partecipante ai Championships), è stata frutto di una rimonta da due set a zero. Però dall’inizio del torneo sono state ben 9 le partite che hanno sovvertito l’handicap di due set. A conferma di quanto scrivevo qualche riga più su. Basta un nonnulla, un doppio fallo, una riga un po’ fortunata, un net, a invertire la tendenza e l’esito di un match.
Tante le partite conclusesi nei pressi delle 4 ore. Secondo molti, e certo i detentori dei diritti tv, partite troppo lunghe da seguire, a prescindere dalle rivoluzioni suscitate nei palinsesti.
Gli Slam però non vogliono rinunciare a distinguersi dagli altri tornei. La distanza dei tre set su cinque se la tengono stretta. È certo vero che le battaglie più epiche, quelle che vengono ricordate con maggior enfasi – e nostalgia – dagli appassionati, sono quelle che si sono concluse al quinto set. Certi 9-7 al quinto (Nadal-Federer, Ivanisevic-Rafter), 16-14 al quinto (Federer-Roddick), 13-12 al quinto (Djokovic-Federer) non si dimenticano. Quasi mai vengono ricordate dagli storiografi del tennis le partite vinte al terzo set. Anche se è stato un 7-6… Sono le vittorie (e le sconfitte) che giungono al termine di vere maratone nei tornei dello Slam quelle che tutti ricordano all’infinito.
Gare due set su tre e gare tre set su cinque sembrano essere quasi due sport diversi. E anche qui a Wimbledon quest’anno e in soli due turni di gara completati, tantissimi match avrebbero avuto vincitori diversi se gli incontri si fossero chiusi in due o in tre set. Non soltanto quei nove match cui ho accennato e che sono stati vinti da chi aveva perso i primi due set.
Avrebbero perso al primo turno: Darderi, Ruusuvuori, Rinderknech, Machac, Kokkinakis, Safiullin, Pouille, Seyboth Wild, Altmaier, Harris, Shelton, Tiafoe, Thompson, Bublik, e al secondo Dimitrov, Paul, Comesana, Musetti, Shelton (di nuovo…), Popyrin, Halys.
Insomma ben 21 partite su 80 – se non me ne sono persa qualcuna – hanno avuto sulla distanza dei 3 set su 5 risultati rovesciati rispetto a una conclusione al secondo o al terzo set. Un quarto delle partite disputate, insomma.
La partita più lunga è più vera, tutela maggiormente i più forti. Il tennista molto più forte, non solo atleticamente, può …distrarsi un set, magari due, ma se non incappa in una pessima giornata non per tre set. Il tennista più debole può tirare fuori magici conigli dal cappello del prestidigitatore per un set o per due, ma difficilmente può riuscirci per tre.
I Majors, cioè gli Slam che mettono in palio molti più soldi (e punti), hanno tutto l’interesse a che vadano avanti i più forti, per ragioni di cassetta, vendita di biglietti, audience televisive, sponsor. Per questo motivo – anche se tanti network tv (soprattutto negli USA) – hanno perorato la causa dei due su tre anche negli Slam, finora i 4 proprietari degli Slam non hanno mai inteso abbandonare i tre set su cinque che costituiscono anche una sorta di marchio distintivo, di maggior prestigio. Gli Slam vinti da mezzi campioni sono pochissimi. Chi vince sette partite sulla lunga distanza è quasi sempre un vero grande campione.
Alla fine dei salmi chi vincerà Wimbledon quest’anno? Dopo aver esclamato “ma che peccato!” in tutte le salse per via del maligno sorteggio che ha opposto Berrettini a Sinner al secondo turno, e soprattutto dopo aver ammirato con sorpresa – ed è stata una bella sorpresa – il risorto Berrettini sui suoi livelli di un tempo (“Forse sto giocando perfino meglio, so fare più cose…”), adesso dopo aver visto l’incerto Djokovic di questi giorni, viene proprio spontaneo dire ancora una volta “ma che peccato!”. Che peccato che il tabellone maschile sembri oggi, che non c’è più nella metà bassa neppure il polacco Hurkacz, davvero fortemente squilibrato. Nella stessa metà alta ci sono Sinner, Medvedev (sebbene io veda il russo già a rischio oggi con Struff), Alcaraz e, un gradino più sotto, anche il recente vincitore del Queen’s Paul, che possono vantare un curriculum di tutto rispetto, mentre in tutta l’altra metà – dopo il il ritiro di Hurkacz, vedo solo solo tennisti del calibro di Paul, cioè Fritz, Zverev, Rune e de Minaur. Tutta gente forte ma non fortissima come Sinner e Alcaraz, ma semmai un gradino sotto… proprio come Paul.
Già Djokovic. Beh, per quel che ho visto fino ad ora onestamente Djokovic non mi sembra neppure parente del Djokovic che ha trionfato a Wimbledon 7 volte. I problemi di deambulazione manifestati dal campione serbo contro la modesta wild card inglese Fearnley, n.277 ATP che gli ha strappato un set ed è stato anche lì lì per salire sul 4-2 nel quarto (ha avuto due pallebreak), mi inducono a credere che Nole, per quanto fenomeno disumano, non possa farcela a recuperare appieno nei prossimi giorni. Hurkacz lo avrebbe sicuramente messo a dura prova, ma anche un Rune in buono stato di mente e spirito, penso che si rivelerà un ostacolo troppo alto per come lui è messo oggi. Nole ha già fatto un miracolo, a ripresentarsi in campo – e su campi umidi e scivolosi in cui fa fatica a stare in piedi anche chi sta benissimo – dopo così pochi giorni dall’intervento chirurgico al ginocchio. Ha avuto fortuna di imbattersi in avversari fin qui modestissimi, Kopriva e Fernley – molto di peggio non c’era – e per un terzo turno l’australiano Popyrin non è il test più terribile che gli poteva capitare, ma almeno un primo test più serio lo è. Rune in ottavi dovrebbe poter essere l’esame della verità. Ma insomma, Sinner e Alcaraz sono certo più favoriti di Nole per la vittoria finale. Ed è abbastanza ingiusto che si ritrovino, come già a Parigi, nella stessa metà tabellone, per un probabile nuovo scontro in semifinale.
Spero che Fognini stamani riesca a battere Bautista Agut in un duello fra “over 36”, ma nessuno dei due mi sembra in grado di andare oltre gli ottavi – per Fabio già gli ottavi sarebbero traguardo mai raggiunto – a meno che Bublik batta Paul e allora poi contro il talentuoso Bublik può vincere chiunque se il kazako di Russia scende in campo in una di quelle giornate di luna storta che ogni tanto gli capitano.
Chi avrebbe un tabellone da… sfruttare alla grande è Lorenzo Musetti. Prima, per approdare agli ancora mai raggiunti ottavi, trova l’argentino Comesana che, n.122 ATP, ha saputo approfittare di un Rublev fuori di testa e poi del modesto aussie Walton (peraltro battuto soltanto 10-8 al supertiebreak del quinto set), ma che non dovrebbe poter mettere in difficoltà un Lorenzo che giocasse almeno al 75% per cento delle proprie possibilità.
Poi, puntando ai quarti, il vincente fra il temibile gigante e lucky loser Mpetshi Perricard (2 metri e 02 e un servizio devastante alla Isner, Karlovic, Opelka…scegliete voi! 51 ace nel primo turno contro Korda…ma in qualificazione aveva perso con Janvier, n.225 ATP, a significare che è ancora acerbo e incostante) e il finlandese Ruusuvuori, ottimo tennista e tuttavia certo battibile per il miglior Musetti. Insomma Fritz, Zverev e anche Norrie eventualmente nei quarti sarebbero avversari certamente più tosti. Mi sono spinto troppo in là? Forse, ma mai mettere limiti alla Divina Provvidenza… soprattutto se Lorenzo riuscisse una buona volta in campo a limitare le sue esternazioni irriguardose e bruttissime verso l’Alto dei Cieli se lui sbaglia un dritto o se l’avversario colpisce una riga o prende un net. Il giorno che riuscirà a controllarsi diventerà anche un tennista migliore. Ne sono convinto. Sarà forse la battaglia più difficile, ma fra un paio d’anni anche Ludovico Musetti, suo figlio, sarà in grado di capire che cosa dice suo padre.
Non ha questo problema Jannik Sinner. Matteo Berrettini, appoggiandogli fraternamente una mano sul collo a fine magnifico duello, gli ha detto: “Adesso vinci questo torneo, arriva fino in fondo”. Giocherà ancora per terzo match del giorno sul Centre Court, ormai il suo giardino di casa, come spetta quasi sempre ai numeri uno del mondo. Jannik non sottovaluterà Kecmanovic e lo batterà con maggior agio di quanto gli sia riuscito, anche per via di qualche “basso” di troppo (soprattutto nel terzo set perso 6-2) con Berrettini. Ma Kecmanovic non gli servirà 28 aces come ha fatto Berrettini e non ha certo né il dritto di “The Hammer” né un simile CV. Forza Jannik dunque, fai quel che ti ha detto Matteo, arriva fino in fondo.
Non vedrò più Andy Murray, se non cambia idea come non ha escluso Novak Djokovic, a Wimbledon. Dove l’ho visto trionfare 3 volte, due nei Championships (e la prima 77 anni dopo Fred Perry), una alle Olimpiadi 2012. È stato un grande. Braveheart come tennista e come uomo. Essere riuscito ad esserlo, vincendo 3 Slam e 2 medaglie d’oro olimpiche, diventando n.1 del mondo dopo le trionfali ATP Finals del 2016 battendo Djokovic nel duello di fine d’anno, confrontandosi negli stessi anni dei mostri sacri Federer, Nadal e Djokovic, certifica tutta la sua grandezza. L’ho sempre stimato moltissimo, senza riserve. Capisco bene perchè tutto il Regno Unito sia impazzito per lui. La cerimonia che gli è stata dedicata ieri sera su Centre Court era il minimo che si potesse fare. Meritatissima.
Le teste di serie eliminate da Wimbledon 2024
Primo turno uomini:
- Baez 18 (Nakashima)
- Jarry 19 (Shapovalov)
- Mannarino 22 (Monfils)
- Navone 31 (Sonego)
Primo turno donne:
- Zheng 8 (Sun)
- Andreeva 24 (Fruhirtova)
- Cirstea 29 (Kartal)
- Sabalenka 3 ritirata (spalla)
- Azarenka 16 ritirata (spalla)
Secondo turno uomini:
- Rublev 6 (Comesana)
- Hurkacz 7 (Fils, infortunio)
- Ruud 8 (Fognini)
- Tsitsipas 11 (Ruusuvuori)
- Aliassime 17 (Kokkinakis)
- Korda 20 (Perricard)
- Khachanov 21 (Halys)
- Cerundolo 26 (Safiullin)
- Griekspoor 27 (Kekmanovic)
- Draper 28 (Norrie)
- Etcheverry 30 (Popyrin)
- Zhang 32 (Struff)
Secondo turno donne:
- Pegula 5 (Wang)
- Vondrousova 6 (Maneiro)
- Garcia 23 (Pera)
- Pavlyuchenkova 25 (Zhu)
- Noskova 26 (Andreescu)
- Siniakova 27 (Putintseva)
- Boulter 32 (Dart)