Diga del Vanoi, il Trentino ribadisce il suo no: si muovono anche il Veneto e Roma
Allarme e forte preoccupazione di fronte a chi «va avanti lo stesso, senza rispettare il primato della politica».
È stata immediata la reazione della Provincia Autonoma di Trento di fronte alla notizia della conclusione del progetto dell’invaso del Vanoi da parte del Consorzio di Bonifica del Brenta.
Notizia che la giunta e i consiglieri trentini hanno appreso dal Corriere delle Alpi ieri mattina e ne hanno discusso durante la seduta del consiglio provinciale del pomeriggio.
La provincia di Trento
«La posizione della Provincia Autonoma di Trento nei confronti della diga del Vanoi non cambia, è la stessa espressa all’unanimità dal consiglio con l’approvazione della mozione sul tema».
Dunque: contrarietà all’opera. A dirlo è stata l’assessora trentina all’ambiente Giulia Zanotelli, dopo che il capogruppo Dem Alessio Manica aveva chiesto un’informativa urgente. «Stante le informazioni che ad oggi sono in nostro possesso», ha detto Zanotelli, «il Consorzio di Bonifica del Brenta ha comunicato l’avvio del confronto pubblico sull’opera. Ad oggi non ho altri elementi da dare. Ci stiamo muovendo per capire lo stato dell’arte e poi eventualmente proseguire anche con gli impegni presi dall’approvazione della mozione. La posizione della giunta è nota già dalla scorsa legislatura. Ma ricordo che ci è stato negato l’accesso agli atti relativi al progetto».
Tra i consiglieri, Roberto Paccher (Lega) ha invitato a non “intasare” il consiglio di discussioni inutili, parole che hanno fatto insorgere le minoranze, con Lucia Coppola (Avs) che ha invitato a mantenere alta la guardia, Francesco Valduga (Campobase) che ha sottolineato come i consiglieri dovrebbero essere «estremamente preoccupati» per quello che sta succedendo e Filippo Degasperi che ritiene «un problema che la giunta non sappia nulla». «Come faceva la giunta a non sapere», ha chiesto Alessio Manica (Pd), «se la notifica del Consorzio è arrivata il 2 luglio? Come si fa a dire che il Veneto non vuole l’opera, quando ad aprile ha respinto una mozione simile a quella da noi approvata? C’è molta leggerezza sul tema, non basta fare una telefonata a Zaia per dire che il Trentino non vuole la diga, servono gli atti ufficiali».
«Non ho dubbi sul fatto che la giunta trentina si impegnerà affinché il no alla diga del Vanoi rimanga tale», ha affermato la consigliera provinciale primierotta Antonella Brunet (Noi Trentino per Fugatti Presidente).
In Regione Veneto
In Veneto l’argomento potrebbe arrivare in Consiglio regionale martedì per una precedente mozione presentata dalla maggioranza. Alla questione del progetto, invece, stanno lavorando i consiglieri del Pd Vanessa Camani e Andrea Zanoni che stanno preparando una interrogazione alla luce delle novità dEL 4 luglio.
«Se le notizie del proseguimento dell’iter per la realizzazione della diga del Vanoi dovessero trovare riscontro concreto, ci troveremmo in una distanza siderale tra gli impegni presi dalla giunta Zaia e dalla sua maggioranza e ad una svolta che è a dir poco preoccupante», dice la capogruppo del Pd Veneto in Consiglio regionale, Vanessa Camani.
«Ricordo che da parte dell’assessore Bottacin c’è stata la promessa di escludere la diga dall’elenco delle opere prioritarie della Regione. E da parte dell’amministrazione Zaia e delle forze politiche che la sostengono l’impegno a verificare con attenzione l’opportunità di costruire la diga. Un’opera di evidente impatto ambientale in un territorio che ha già pagato un prezzo altissimo. Purtroppo questo governo regionale, se non verrà fermato l’iter, si dimostra incapace di gestire partite epocali come questa: pensare di risolvere il problema della siccità della pianura con una infrastruttura di questo tipo è davvero impensabile».
Anche la consigliera di Europa Verde, Cristina Guarda, interviene nell’immediato: «La diga del Vanoi non serve a trattenere l’acqua, ma è semplicemente un grande spartiacque tra progetti dannosi e il buon senso. Apprendiamo a mezzo stampa che il progetto ha ripreso il suo iter, nonostante l’esistenza di alternative 30 volte meno costose per stoccare acqua per gli agricoltori dell’area del Brenta, con la ricarica di falda controllata, nonostante siano molti gli amministratori locali, provinciali e cittadini (compreso il prof D’Alpaos) si sono opposti al progetto, e nonostante si siano palesate tutta una serie di contraddizioni interne nella maggioranza in Consiglio regionale. Dispiace constatare, per l’ennesima volta, come il dibattito politico su alcuni progetti e sulla strategia per affrontare situazioni di crisi ormai strutturali valga quanto un pugno di mosche. Peccato che a dover convivere con questo ecomostro saranno i cittadini, i quali hanno espresso a più riprese i loro timori a riguardo, non solo sulla sicurezza e sul valore ambientale a rischio, ma anche sulla reale utilità di una diga per fermare un corso d’acqua che trasporta molti detriti, che limiteranno la capacita dell’opera, e che oggi ha già una funzione preziosa nei territori più a valle. Il nostro impegno, tuttavia, non si ferma qui. È tempo che da Roma qualcuno prenda posizione e si faccia avanti: il Veneto non può imporre ad altri territori grandi e costosissime opere, se ha alternative percorribili e non impattanti. Altrimenti viene da pensare che l’interesse non sia pubblico, ma di pochi».
In Parlamento
A Roma l’iniziativa è ancora del Pd, con le deputate Sara Ferrari (trentina e già coinvolta nella questione Vanoi) e Rachele Scarpa (veneta): «Ad ottobre avevamo presentato un’interrogazione al ministro Salvini per capire come intendesse muoversi, ma non abbiamo mai avuto risposta. Stiamo preparando un’altra interrogazione, ma nel frattempo, la prossima settimana, chiederemo di parlare in commissione della nostra richiesta di ottobre».