Le razze non esistono /2 – C’è un rapporto tra i geni di individui e popoli? Prendiamo italiani e ungheresi
Abbiamo visto nel post precedente di questa serie che la genetica delle popolazioni studia la frequenza di caratteristiche ereditarie, e che ogni individuo possiede caratteristiche ereditarie ma non frequenze. Già questo ci permette di individuare due gravi errori delle teorie razziali classiche: 1) classificavano le “razze” in base a caratteristiche somatiche imprecise e non interamente genetiche; e 2) presumevano che la relazione tra la caratteristica della “razza” e quella dell’individuo fosse semplice e diretta: per dirlo in termini semplici tutti gli individui che a guardarli sembrano caucasici sono caucasici o più brutalmente, tutti i neri sono neri. Invece lo studio dei gruppi sanguigni (interamente determinati dalla genetica) dimostra che i gruppi umani differiscono tra loro per ragioni statistiche, quantitative anziché qualitative e che la relazione tra il gruppo e i suoi membri è a sua volta statistica.
Per riprendere l’esempio del post precedente se noi non sapessimo che gli ungheresi vivono in Ungheria e parlano ungherese, mentre gli italiani vivono in Italia e parlano italiano, e non avessimo quindi criteri non genetici per identificarli, i nostri studi di genetica delle popolazioni non potrebbero neppure incominciare.
Per spiegare la relazione tra l’individuo e il gruppo torno al discorso sulle frequenze dei gruppi sanguigni, immaginiamo di prendere un cittadino scelto a caso tra le popolazioni italiana e ungherese e di chiederci quale sia la sua nazionalità. Poiché gli italiani sono circa 60 milioni e gli ungheresi circa 10 milioni, la nostra stima è che ci sono 10 probabilità su 70 (cioè il 14%) che la persona sia ungherese. Supponiamo ora di venire a sapere che il gruppo sanguigno di questo cittadino è B. Questa informazione cambia la nostra stima, come fu dimostrato nel XVIII secolo dal matematico inglese Thomas Bayes. Infatti possiamo ripetere il calcolo della probabilità escludendo tutti gli italiani e tutti gli ungheresi il cui gruppo sia diverso da B.
Gli italiani di gruppo B sono: 60 milioni x 9% = 5,4 milioni. Gli ungheresi di gruppo B sono 10 milioni x 19% = 1,9 milioni. La probabilità che il nostro soggetto di gruppo B sia ungherese risulta quindi 1,9 / (1,9 + 5,4) = 0,26 (26%). Apparentemente non abbiamo fatto un grande passo avanti: la nostra stima sulla “ungheresità” di questa persona è passata da una probabilità del 14% ad una del 26%; però se noi avessimo (come abbiamo) informazioni sulla frequenza di altre caratteristiche genetiche nelle due popolazioni, la formula di Bayes potrebbe essere applicata nuovamente, per migliorare la precisione della nostra stima, eventualmente fino ad un grado di probabilità assai elevato.
Si noti che per precisione in questo caso si intende la misura in cui noi possiamo allontanarci dalla stima basata sulla sola numerosità delle due popolazioni, non il valore assoluto di probabilità (nel nostro esempio, prima di conoscere il gruppo sanguigno la probabilità che il nostro cittadino fosse italiano era dell’86%, ma questo valore, pur elevato, non rifletteva una “precisione” della stima; rifletteva il mero fatto che gli italiani sono più numerosi degli ungheresi). Il lettore può ripetere il ragionamento su qualunque coppia di nazioni, usando una tabella delle frequenze dei gruppi AB0.
Ovviamente, avere la cittadinanza ungherese non significa essere geneticamente ungherese, come cittadino italiano non significa geneticamente italiano: ci potrebbero essere persone che hanno antenati italiani da molte generazioni e si sono trasferite in Ungheria il mese scorso o viceversa. Questa complicazione però è numericamente poco rilevante: la maggioranza degli ungheresi ha antenati nati e vissuti in Ungheria e la maggioranza degli italiani ha antenati nati e vissuti nella penisola; se così non fosse, cioè se le due popolazioni avessero scambi continui e frequenti, sia nel senso di spostamenti geografici che di matrimoni misti, le differenze genetiche scomparirebbero rapidamente: il fatto stesso che siano osservabili ci garantisce che l’interscambio tra le popolazioni è alquanto modesto.
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