Tour de France: prima della volatona di Torino, la Grande Boucle nella terra della maglia nera, del suo amico in giallo e di ‘Manina’
Seduti in centro a Tortona si aspetta il passaggio della terza tappa del Tour de France partita da Piacenza. A farci compagnia Fausto Coppi, Luigi Malabrocca e Giovanni Cuniolo, che sono disegnati sulla panchina in centro. Coppi, il Campionissimo per cui il Tour sta passando da queste parti, il talento più puro di sempre espresso dal ciclismo italiano, e la maglia nera Malabrocca sono nati a pochi chilometri di distanza ed erano amici. Malabrocca non capì subito la classe del collega e lo prendeva in giro come fosse uno che valesse poco. Ma si stimavano, anzi Coppi più volte lo ha aiutato prestandogli qualche attrezzo per la bici. Chiamava Malabarocca “il cinese”, per via degli occhi a mo’ di fessura. Malabrocca era nato povero e ambiva all’ultimo posto in classica per poter sbarcare il lunario. Con Carollo, il vicentino suo rivale massimo per la maglia nera al Giro non al Tour, non si sono mai potuti incontrare nuovamente in tarda età. Che peccato. Luigi non ha mai fatto un Tour ma “ha illuminato Parigi”, come scrisse l’Equipe nel 1946 dopo la vittoria della Parigi-Nantes. Qui a Tortona, dove ancora non è chiarito dove si trovasse precisamente la sua casa natale, c’è una sezione Fiab a nome Malabrocca. La nipote Serena porta avanti lo spirito e la filosofia dello zio con spettacoli teatrali e artistici che hanno il motto di “Siamo tutti Malabrocca”. Come a dire anche l’ultimo ha la sua dignità, perché sempre primi non si può arrivare. Lo sloveno Pogacar, già in giallo da ieri, il Merckx dei nostri giorni potrebbe eccepire. Sembra davvero imbattibile.
Giovanni Cuniolo è il terzo uomo seduto sulla panchina. Ciclista tortonese, è arrivato al professionismo in anticipo su Malabrocca e Coppi. Prima della Grande Guerra vinse un Giro di Lombardia, una tappa al Giro e tre titoli italiani. Nel 1908 partecipò al Tour senza troppa fortuna. Il suo soprannome era “Manina” perché in volata era veloce di gambe e di mani. Era il ciclismo dei pionieri ed il suo rivale storico fu Giovanni Gerbi, il “diavolo rosso” cantato da Paolo Conte. Quella di oggi è la più semplice delle quattro tappe italiane, dedicata ai velocisti. Al colle di Tortona-Fausto Coppi, primo Gran Premio della Montagna di giornata, si palesa anche Faustino. Arriva per primo il solito Jonas Abrahamsen. Come previsto, a Torino volatona finale. I piazzamenti di Pogačar, Vingegaard, Evenepoel e Carapaz possono cambiare la classifica per la maglia gialla e sarà proprio quest’ultimo a indossarla domani. Van der Poel ha un problema tecnico ai 6 km, Philipsen perde dunque l’uomo che gli deve tirare la volata. Alla fine vince l’eritreo Biniam Girmay Hailu, 24 anni di Asmara.
A venti minuti d’auto da Tortona c’è l’unico municipio in Italia che porta il nome di uno sportivo: Castellania Coppi. Il nome del Campionissimo è stato aggiunto cinque anni fa. Il paese ha circa novanta abitanti, c’è una unica strada che arrampica fin qua su e non c’erano possibilità perché il Tour passasse esattamente da qui. Rimane meta di un turismo giornaliero composta soprattutto da ciclo appassionati che arrivano da ogni parte del mondo. Qui tutto gira attorno a Coppi. Il museo è aperto dal 2000 nella casa natale del ciclista, che ci ha vissuto fino alla fine della Seconda guerra mondiale, ma ancora nei Novanta era abitata da suoi parenti. Alcune stanze (anche la camera dove è nato) sono rimaste così com’erano in passato, altre sono state adibite a vere e proprie sale museali che tracciano la storia di Fausto e del ciclismo: ci sono aneddoti buoni per uno storytelling come la citazione della frase del radiocronista Nicolò Carosio dopo la vittoria nel 1946 della Milano-Sanremo: “Vince Fausto Coppi; in attesa del secondo classificato trasmettiamo musica da ballo“. Sabato mattina è stato anche inaugurato il giardino davanti alla casa, ribattezzato “Le Jardin du Tour“, che ha uno splendido belvedere. Domani si parte da Torino e si sconfina con la Francia, tappa difficile con Sestriere e Galibier. Ma il Tour è proprio questo. Lo avevamo chiesta alla partenza al piacentino Giancarlo Perini cos’è il tour, a lui che ne ha fatti tanti, il primo a 22 anni nel 1982. “È fatica”, aveva detto a ilfattoquotidiano.it. Soprattutto per lui, gregario che ha dedicato la carriera ai suoi capitani. Era emozionato. “Il Tour a Piacenza è una cosa impressionante, non mi capiterà più di vederlo in vita”.
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