La “guerra civile” irrompe anche nel dibattito sull’Ue: da Conte e Schlein il solito repertorio
Accusata di portare avanti una guerra contro “bimbi” e “poveri”, di avallare “il pestaggio” di un deputato, di voler comprimere i diritti delle donne. Sia Elly Schlein sia Giuseppe Conte sono tornati a “mostrificare” Giorgia Meloni anche nel corso del dibattito sulle comunicazioni in vista del Consiglio europeo. A rendere particolarmente significative queste affermazioni nient’affatto nuove per Schlein e Conte c’è il contesto in cui arrivano: ieri, in un breve passaggio del suo videomessaggio sulle riforme, il premier ha contestato all’opposizione l’uso di “irresponsabili toni da guerra civile”. Una frase che ha scatenato grandi dibattiti, e proprio in risposta alla quale Schlein e Conte hanno ritenuto di tornare ad agitare quella rappresentazione di un premier colpevole di ogni nefandezza che stava alla base della denuncia di Meloni.
Conte accusa Meloni e dimentica Cherchi…
“La smetta con questo finto vittimismo, la guerra civile l’avete scatenata voi in quest’Aula, aggredendo il nostro Donno con un pestaggio in piena regola. E la cosa altrettanto grave è che lei non ha avvertito la responsabilità politica di condannare questa vile aggressione, anche oggi ha perso l’occasione” di farlo, ha detto Conte, il cui partito annovera tra i deputati quella Susanna Cherchi che in occasione del dibattito sull’Autonomia ha evocato piazzale Loreto e tirato in ballo anche figli e nipoti dei parlamentari di maggioranza.
Schlein rispolvera tutto il repertorio
Elly Schlein, poi, ha ritirato fuori tutto il repertorio: il presunto odio del governo, Meloni in testa, verso i bambini delle coppie omogenitoriali, verso i poveri, verso le donne. “Ieri Meloni ha parlato di ‘guerra’, mi pare che l’unica guerra sia quella che state facendo voi contro i poveri con l’abolizione del reddito di cittadinanza, i taglia alla sanità e al Sud con l’autonomia, ai bimbi figli di coppie omogenitoriali: loro sono le vere vittime”, ha detto Schlein alla Camera. E, ancora, “non avete bisogno di toccare la legge 194 per limitare il diritto delle donne a scegliere sul proprio corpo perché l’unica cosa concreta che avete fatto in un anno e mezzo sulla sanità è stata quella di far entrare gli antiabortisti nei consultori”.
La distanza tra piazze e urne
Si tratta di un refrain che Schlein & co vanno ripetendo sostanzialmente da quando l’esecutivo è entrato in carica, raccontando come un attacco ai più deboli le posizioni del governo su temi come la maternità surrogata, il reddito di cittadinanza e il sostegno alla maternità, travisandole. Un atteggiamento ipocrita e in fin dei conti pericoloso, al quale va aggiunto il continuo richiamo all’allarme fascismo. Così che, se la si legge con il filtro applicato dalla sinistra politica e d’opinione, l’Italia è governata da una donna che non conosce umanità e che sta facendo ripiombare il Paese in un clima fosco di violenza e compressione di qualsiasi libertà. Il tutto a fronte di un partito, FdI, che ha quasi il 30% dei voti e che, con gli alleati, arriva quasi alla maggioranza assoluta dei consensi degli italiani. I quali, a loro volta, in questa narrazione sono evidentemente colpevoli di non capire nella migliore delle ipotesi, di sostenere convintamente lo scempio nella peggiore. Poi ci sono quelli bravi, i “sinceri democratici” evocati da Antonio Scurati nel suo ormai celebre monologo per il 25 aprile. Quelli che magari vanno in piazza e mettono Meloni a testa in giù, finendo poi legittimati da una deputata che lo spirito di piazzale Loreto lo evoca pure alla Camera.
Le barricate a difesa dello status quo, dalle riforme all’Europa
“Noi siamo patrioti che sanno quale sia il verso della bandiera tricolore quando la sventolano, e che lavorano perché tutti i cittadini di questa Nazione abbiano gli stessi diritti e le stesse opportunità, dimostrando che si sarebbe potuto fare anche prima. Forse lo sa anche l’opposizione, e forse per questo sono così nervosi, e usano irresponsabili toni da guerra civile […]. Ma io penso che le parole e i modi violenti che utilizza la sinistra, non solo sull’autonomia ma su tutte le riforme portate avanti da questo governo, non siano in fondo altro che una difesa disperata dello status quo”, sono state le parole di Meloni a conclusione del suo videomessaggio sulle riforme. A giudicare dal dibattito di oggi, il discorso vale anche per l’Europa.
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