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Июнь
2024

Da Silvio Brusaferro a Bebe Vio: il ricordo della maturità per otto personaggi famosi

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Anche personaggi famosi, sportivi e politici sono stati studenti e come tutti hanno dovuto affrontare le temute prove dell’esame di maturità. Ma c'è anche chi non è riuscito a ottenere la maturità, e chi ha lasciato la scuola per dedicarsi a un'altra carriera

Abbiamo chiesto a otto personaggi “famosi”, punti di riferimento nel loro campo, di raccontarci il loro esame di Stato. Ecco i loro ricordi.

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«Ho il ricordo terribile del compito di matematica». A trent'anni di distanza può sorridere Remo Anzovino, compositore e pianista, diplomato al liceo scientifico Grigoletti di Pordenone, ricordando anche che quella prova venne ampiamente superata dallo scritto di italiano, voto otto, uno dei migliori della scuola.

«Era un compito difficilissimo e io ero abbastanza scarso in matematica. A scuola in generale andavo abbastanza bene – racconta Anzovino –, all'epoca facevo già musica, e ricordo la maturità come la prima prova davvero importante della vita. Compensai il disastro di matematica con uno dei migliori compiti di italiano della scuola, mentre all'orale feci una testina sul rapporto fra filosofia e musica, che andò molto bene».

Un consiglio ai ragazzi? «Riposare il più possibile, non studiare a ridosso, l'ultimo giorno non serve a nulla. Serve invece lucidità – aggiunge il compositore –, quella che ti consente di usare bene il tempo, di gestirlo. La differenza la fa non arrivare all'esame a corto di energie, già bollito».

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Silvio Brusaferro, diplomato al liceo classico Stellini di Udine, docente di Igiene e sanità pubblica all'università i Udine, già presidente e commissario dell'Istituto superiore di sanità, ha due suggerimenti: fare sintesi delle cose studiate e arrivare all'esame con una buona preparazione fisica e mentale.

«Ricordo la maturità come un momento di grande studio e di grande preoccupazione, perché il programma era molto vasto. Non ero un secchione – assicura Brusaferro –, studiavo, ma ero anche impegnato in gruppi parrocchiali e di volontariato. La maturità è quella fase della vita in cui sei proiettato a chiudere un ciclo e aprire il successivo e io ero orientato a fare il medico».

Sul fronte dello studio Brusaferro suggerisce di «focalizzarsi sulle cose essenziali e fare sintesi». «Alla prove – conclude il prof – bisogna arrivare con una buon preparazione fisica e mentale, un'idratazione e un'alimentazione corrette, dormire per avere la mente lucida. È bene mangiare regolarmente, non eccedere con dolci e caffè»

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Quando affrontò la maturità era già vicecampionessa mondiale juniores di sci di fondo. Manuela Di Centa assicura di avere «ricordi bellissimi». La campionessa olimpica studiava e faceva sport – «un binomio in cui ho sempre creduto» –, mentre papà le ripeteva "puarte a cjase (porta a casa) il diploma".

«La soddisfazione più grande fu il tema di italiano, chiedeva cosa significasse essere cittadina del tuo tempo e ricordo tutto quanto scritto, per me, che giravo il mondo, voleva dire raccontare il mio vissuto». Diplomata allo Stringher di Tolmezzo, Di Centa ricorda un esame «sudatissimo». «Avevo un preside e insegnanti meravigliosi, che non mi hanno mai ostacolata – racconta Di Centa – e alla fine sono stata la diplomata con il voto più alto».

Ai ragazzi la campionessa suggerisce di non studiare fino all'ultimo, ma di «seguire i temi di attualità, per avere una mente aperta». «E poi siate voi stessi e lasciatevi accompagnare da un po' di stress buono, che va gestito e che caratterizza ogni nuova esperienza».

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La mia maturità? «Madonna, quanto tempo è passato, l'ho fatta dopo che la prima volta non venni ammesso, dovetti rifare l'esame e scelsi appunto di farlo da privatista, per ottenere il diploma, non certo per il mio futuro professionale...» .

Red Canzian, 72 anni, all'anagrafe Bruno, voce e bassista dei Pooh, icona sempreverde della musica leggera italiana, si tuffa nella memoria. «Facevo l'istituto geometri a Fiera, ma alla scuola non pensavo già più, mi ero già affermato come musicista, ero già portato altrove».

Però il pezzo di carta lo ha voluto prendere. «In effetti, sarei un geometra», e sorride, «ma certo non mi proiettavo nella professione, ero concentrato sulla musica, per dire andavo già sulla Rai». E di quei tempi, mezzo secolo fa e dintorni, cosa ricorda? «Anni bellissimi e spensierati, ogni tanto rivedo i compagni di allora. Uno è Ugo Piccoli, che avrebbe poi aperto un'agenzia immobiliare in centro...»

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Per Caterina Petrillo, presidente di Area Science Park a Trieste, l'esame di maturità è stato «molto tranquillo, non ricordo paure o stress, forse perché la mia generazione era già stata abituata a parecchi esami nel percorso di studi».

Petrillo si è diplomata al liceo classico di Perugia: «C'era il solito spauracchio del Greco scritto, per fortuna era uscito Latino, anche se tutt'altro che facile. L'autore era Seneca. Avevamo però un insegnante molto bravo e quindi anche quella prova alla fine si era conclusa senza troppe difficoltà. Nel tema di italiano poi ricordo che l'attualità l'avevo subito scartata, scegliendo invece la letteratura. Anche all'orale, dove si portavano all'epoca due materie, avevo optato per italiano, e fisica».

E sui libri era trascorsa anche l'estate post maturità, prima di entrare alla facoltà di Fisica. «Devo dire – aggiunge – che mi sono divertita molto di più all'università che al liceo, ricordo ancora i momenti di gioia alla fine di ogni sessione, quando festeggiavamo bruciando tutti insieme gli appunti»

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«Il tema della maturità mi è molto caro in questi giorni. Mia figlia, a Verona, sta preparando l'esame, quindi rivivo quei momenti attraverso le sue tensioni, la sua apprensione, tipica di un periodo così importante della vita». A raccontarlo è Paolo Valerio, direttore del Teatro stabile del Fvg di Trieste.

«Anch'io mi sono diplomato a Verona – spiega – al liceo scientifico. Alla prima prova avevo scelto una traccia su "Il sonno della ragione genera mostri" di Goya, dalla quale dovevamo sviluppare un approfondimento. Un testo senza difficoltà. Anche l'orale era stato sereno, per me non era un fatica studiare, anzi, un divertimento. Ma più che le materie – sottolinea – ricordo le sensazioni, soprattutto quella del tempo, che in quei giorni si contraeva e dilatava in modo strano: giornate di studio brevi e al tempo stesso infinite. Un po' come ora nel lavoro: quando c'è uno spettacolo teatrale il tempo non passa, poi vola improvvisamente e quando tutto è andato in scena c'è una sensazione unica di libertà»

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Pierluigi Zamò, presidente di Confindustria Fvg, frequenta ancora alcuni dei compagni del liceo Marinelli di Udine.

Qualche anno fa hanno festeggiato anche i 50 anni dal diploma. «Che ricordo ancora molto bene, perché per diversi aspetti era qualcosa di nuovo – spiega –. Era la prima volta, ad esempio, che c'era una commissione esterna. Parliamo del 1969. Matematica e fisica erano le materie principali quell'anno.

Mi ricordo un problema sorto proprio con la matematica, perché fino al quarto anno avevamo un ottimo insegnante, poi è arrivato un docente che in realtà aveva una preparazione di 25 anni sul disegno tecnico. Siamo rimasti un po' spiazzati ma avevo due compagni, Piero e Maurizio, che grazie a uno zio e a un genitore ingegneri, spesso ci spiegavano ciò che serviva. Alla fine tutto è andato per il meglio».

Un aneddoto infine: «Il presidente della commissione, all'orale, mi disse "ma perché lei non ha fatto il classico?". Risposi senza esitazione: "Non pensa sia un po' tardi per chiedermelo?"»

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«Presi la maturità nel 2016, l'anno delle Paralimpiadi di Rio. Un anno molto impegnativo, studiavo di notte. Se si vuole, si può tutto».

Bebe Vio dà una splendida lezione ai ragazzi che mercoledì affronteranno lo scritto d'italiano. Bi-campionessa paralimpica di fioretto e attesa da Parigi 2024, la 27enne moglianese conseguì il diploma in Arti Grafiche Comunicazione all'istituto salesiano San Marco a Mestre.

Poi, nel 2023, la laurea in Comunicazione alla John Cabot a Roma. «Ricordo che l'anno della maturità fu difficile anche perché la scuola non capiva le esigenze di noi atleti», riflette Bebe, «i genitori mi chiedevano di arrivare a 75/100, se poi volevo entrare in determinate università o frequentare certi corsi. Feci meglio: 83. Ai ragazzi dico che studiare è importante. E anche chi fa sport d'alto livello deve pensare al dopo carriera. Fra libri e gare internazionali, non fu facile. Bisogna sapersi organizzare. Il segreto è uno solo: testa bassa e lavorare».