Massaggi abusivi nel centro benessere, assolta la titolare
CIVIDALE. Nel maggio di due anni fa i carabinieri del Nas di Udine avevano messo i sigilli al centro benessere thai di Ruangthong Picco in via De Rubeis.
Secondo gli accertamenti dei militari del nucleo antisofisticazioni la 64enne titolare dello studio, originaria proprio della Thailandia e da trent’anni residente in Friuli, praticava ai propri clienti massaggi curativi e terapeutici, esercitando dunque abusivamente la professione di fisioterapista.
Un’accusa pesante, che oltre al sequestro dell’attività (dissequestrata dopo il ritiro di alcuni volantini promozionali), aveva portato Picco davanti al tribunale: il giudice monocratico, accogliendo peraltro le conclusioni a cui era arrivato dopo il dibattimento anche il pubblico ministero, ha assolto Picco – difesa dall’avvocato Lorenzo Fabbro – «perché il fatto non sussiste». I testi che hanno raccontato di essersi rivolti al centro di via De Rubeis (tra loro anche un ex atleta professionista e un rivenditore di attrezzatura per fisioterapisti) hanno descritto alle udienze del processo di essere stati trattati con massaggi non terapeutici, ma finalizzati unicamente al benessere personale e al miglioramento estetico del proprio corpo. Nelle motivazioni della sentenza, il giudice ha inoltre evidenziato come il termine “medical”, utilizzato nell’insegna dell’attività sia legato «una finalità solo promozionale, inidoneo a mutare la natura oggettiva delle prestazioni offerte da Picco», che non richiedeva ai propri clienti documentazione sanitaria: a chi si sottoponeva al trattamento, la 64enne domandava unicamente di compilare una scheda, «utile a segnalare quali manovre e zone evitare nell’ottica di eseguire un massaggio che favorisse il rilassamento muscolare e il benessere personale». Nel corso del dibattimento, l’avvocato Fabbro ha inoltre evidenziato che l’attività del fisioterapista «ha per oggetto lo svolgimento di terapie fisiche e terapiche presupponenti l’esistenza di disabilità motorie, psicomotorie o cognitive, certificate da preventive diagnosi, che certamente non ricorrevano nel caso».