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Май
2024

Intervista a Domenico Quirico: un mondo sotto assedio

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Giornalista, inviato di guerra per La Stampa, Domenico Quirico ha raccontato molti dei conflitti che hanno insanguinato il nostro pianeta: dal Mozambico a Gaza, passando per Somalia, Congo, Ruanda, Siria, le primavere arabe, Cecenia e Ucraina. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni, ultime delle quali Succede ad Aleppo (Laterza 2017) con cui ha vinto il Premio Terzani nel 2018, e Kalashnikov. Dal Vietnam all'Ucraina, in un'arma la storia del secolo crudele,(Rizzoli 2024).

Quirico sarà presente al Festival vicino/lontano con due appuntamenti: oggi, giovedì 9 nella Chiesa di San Francesco alle 21 dove dialogherà con Paola Cariddi, Damir Ovcinar e Anna Maria Giordano su Popoli sotto assedio, mentre domani venerdì 10 alle 21 nella Loggia del Lionello con Valerio Pellizzari terrà una conversazione su Kalashnikov o bandiera bianca?

«Quando parliamo di popoli sotto assedio dobbiamo intendere quelle centinaia di migliaia, forse milioni di persone che consumano la loro vita in uno stato di assedio permanente. Basti pensare al primo assedio della storia, quello di Troia che è durato dieci anni»

E di questi popoli ne ha visti tanti dal momento che a partire dagli anni ’80 del secolo scorso è stato presente, raccontandoli, in quasi tutti gli scenari bellici del nostro tempo.

«Intere generazioni di uomini e donne che dall’Afghanistan alla Somalia, dalla Siria al conflitto Israele palestinese, sono attraversate dalla guerra e per le quali la guerra è diventata condizione umana, il recinto dentro cui si svolge l’intera loro esistenza».

Cosa ne pensa di quanto sta accadendo in queste settimane?

«Sono molto pessimista, ma credo realista. Il problema del rapporto tra palestinesi e Israele è un problema insolvibile. Per un semplice motivo che ci sono due popoli che vogliono una terra e la vogliono tutta, non metà o pezzetti, tutta. E hanno ragione entrambi, perché entrambi hanno costruito un gigantesco elenco di violenze e soprusi reciproci stilato in 75 anni di questa tragedia infinita e non c’è nessuno che quell’elenco possa stracciare, per ricominciare da capo».

Il mondo è col fiato sospeso soprattutto per quanto succede in Ucraina e la minaccia di Putin di usare armi nucleari.

«È da due anni da quando è iniziata la tragedia dell’aggressione russa dell’Ucraina, cui ha replicato la Nato che ha sinora impedito che l’Ucraina fosse spazzata via, che il problema atomico è stato accuratamente occultato alle opinioni pubbliche, è sconcertante ma è così. E da due anni che la paura di un conflitto atomico avrebbe dovuto svilupparsi, dal momento che ad affrontarsi sono due potenze atomiche, Russia e Usa, questi ultimi impegnati da assicurare la sopravvivenza dell’Ucraina. Ora, che le cose stanno volgendo al peggio e l’Ucraina sta perdendo al guerra tanto che si parla esplicitamente della discesa in campo degli eserciti occidentali, improvvisamente viene fuori la minaccia nucleare della Russia, che era lì da sempre. In più quelle remore politiche umane etiche e filosofiche ideologiche all’uso dell’arma atomica da parte di entrambi contendenti che funzionarono negli anni della guerra fredda impedendo lo scoppio di una guerra atomica, oggi non esistono più per cui la possibilità di una guerra atomica è possibile. Non capisco perché in due anni coi grandi cervelli che governano il mondo, non si sia riusciti a disinnescare tutto questo, anzi lo si sia complicato, lo si sia reso in qualche irresistibile».

Che cosa racconta il suo ultimo libro?

«Di un oggetto mortifero che ho visto in tutte le guerre e che esiste del 1947, l’anno in cui fu inventato da Michail Kalashnikov, la cui storia (una vita esemplare riassuntiva di ciò che è il rapporto tra i russi e il potere) ho intrecciato con i luoghi cui ho visto il kalashnikov usato come strumento per l’esercizio del Male, da parte di uomini su altri uomini».