Combattiamo la solitudine del paziente
certifica la nuova edizione dell’Annuario statistico del servizio sanitario nazionale da poco pubblicato dal ministero alla Salute. «Il malessere è testimoniato dalle fughe. Si stima che tra il 2019 e il 2022 in 11 mila abbiano scelto di lasciare il servizio pubblico, mentre tanti giovani appena specializzati scelgono l’estero. Poi c’è il territorio, dove in questi anni c’è stato un calo significativo. I medici di famiglia nel 2022 erano 39.366, cioè oltre 6 mila in meno dei 45.437 del 2012 e 7.500 in meno dei 46.907 del 2002. I pediatri in dieci anni sono scesi di quasi 700 unità fino a 6.962. E la guardia medica, della quale vent’anni fa facevano parte 14.322 professionisti, oggi conta 10.671 medici».
Sono tutti dati molto preoccupanti perché ci mostrano una sanità che ha perso elementi strutturali non secondari ma indispensabili. Tutto questo considerando la popolazione che invecchia e che, quindi, incrementa la domanda di salute: più vecchi ci sono, più malattie senili ci sono e più sanità - soprattutto pubblica - è necessaria. Il fatto che i medici di famiglia siano spariti nel numero di seimila professionisti in soli dieci anni, e che sale a 7.500 se si torna indietro di vent’anni, pone una questione, soprattutto per la popolazione anziana, di gravità estrema. Perché? Per il semplice motivo che per gran parte di quella classe della società spesso è difficile, se non impossibile - in assenza di un medico di famiglia a disposizione -, ricorrere al Servizio sanitario nazionale attraverso il Pronto soccorso che è divenuto, con il tempo, il sostituto del dottore di famiglia. È una degenerazione del welfare avvenuta nel corso di decenni che incide negativamente sul benessere degli anziani e sulle loro possibilità di cura.
Aggiungiamo che la diminuzione dei medici nel 2023 ha provocato una diminuzione del numero delle visite fatte che si sono limitate a 100 milioni circa, meno di visite ed esami rispetto all’anno 2019, quello che precedette la pandemia. In questa chiave si comprende anche la questione delle file e delle attese per gli esami specialistici. Le macchine, da sole, non eseguono gli esami, almeno finora, poi si vedrà quando l’intelligenza artificiale avrà il sopravvento anche in medicina. A oggi, senza sanitari non si fanno esami e non si fanno visite e, quindi, la diminuzione del numero dei medici e un acquisto limitato dei macchinari, per la contrazione della spesa pubblica nel settore, rendono sempre più complicato e lungo il periodo di attesa che segue alla domanda di assistenza.
Siamo alle solite: il sistema piano piano si è ospedalizzato sempre di più e, da una parte, è diminuito il numero delle strutture di cura; infatti, si sono chiusi 95 ospedali negli ultimi dieci anni e 290 negli ultimi vent’anni con un intasamento dei Pronto soccorso che ha portato, come è noto, anche a scene e ad atti di violenza contro i medici e il personale di quella struttura così importante nei nosocomi. Alla diminuzione del numero degli ospedali è corrisposta, come abbiamo già detto, una diminuzione anche dei medici di famiglia quindi meno Pronto soccorso e meno sanitari sul terrirorio. Questo ha condotto a un incremento della «solitudine» del paziente di fronte alla propria malattia salvo un incremento delle visite privatistiche, e anche degli esami, ma solo da parte di chi se lo è potuto permettere. Di fonte a questa situazione le strade da seguire sono evidenti: bisogna colmare le lacune rappresentate dai numeri che abbiamo esposto. Non si tratta di tornare al numero degli ospedali precedente perché alcuni sono stati soppressi poiché a essi non corrispondeva più un bacino di popolazione tale da giustificarne l’esistenza.
Quello che è certo è che i cittadini hanno diritto a disporre di cure, visite, esami forniti in tempi utili dal Servizio sanitario nazionale. Una strada auspicabile sarebbe quella di finanziare il paziente e non la struttura cioè dare al paziente stesso, povero o ricco che sia, la possibilità di scegliere una struttura che per qualità e velocità gli offre il servizio migliore. Ma su questo in Italia si è ancora restii, perché si pensa che ciò comporterebbe una mercificazione della salute.