Calderone: “L’Italia è fondata sul lavoro, non sul sussidio. Presto misure per le aziende che assumono”
”Abbiamo un punto fermo: l’Italia è fondata sul lavoro e non sul sussidio, questo credo che sia fondamentale”. Il ministro del Lavoro, Marina Calderone, lo ha ribadito nel corso del dibattito “L’Europa del Lavoro. Investire sulle imprese e sulla formazione per creare occupazione”, che si è svolto nella sala “Vienna 1683” della Conferenza programmatica di FdI, in corso a Pescara. Ed è già tutto in quella frase il senso dell’incontro, al quale hanno partecipato, moderati dalla deputata e responsabile del dipartimento professioni di FdI Marta Schifone, oltre al ministro, il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Walter Rizzetto; il viceministro al Lavoro con delega alle Politiche sociali, Maria Teresa Bellucci; il presidente di Conflavoro Pmi, Roberto Capobianco; il presidente del Consiglio nazionale forense, Francesco Greco; il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, collegato da remoto.
Schifone ha introdotto il confronto ricordando che “il lavoro è un punto centrale della piattaforma programmatica di FdI per l’Europa” così come lo è “nell’azione di governo”. Un’idea che contrappone al modello assistenzialistico, il modello della creazione di opportunità. Partendo dalla convinzione che non è lo Stato a creare ricchezza, ma il tessuto produttivo e chi lo costituisce, dagli imprenditori ai lavoratori, fino ai liberi professionisti. In questo modello ha ugualmente importanza la formazione, che genera le “competenze” che sono linfa del tessuto produttivo e risposta necessaria alle “sfide transizionali” del nostro tempo. Con questo schema, ha ricordato ancora Schifone, il governo ha raggiunto risultati ragguardevoli nella crescita occupazionale, registrando non solo “un trend in crescita, ma anche il consolidamento del dato”.
Quello intrapreso dal governo è “un percorso non facile”, ha sottolineato poi Calderone, ricordando le polemiche sollevate dalla sinistra al grido di “il governo ce l’ha con i poveri”. Può succedere ”quando si deve ridisegnare il sistema degli aiuti”, rispetto al quale il governo ha compiuto la scelta di separare l’accompagnamento al lavoro dalla sfera dell’assistenza. ”Abbiamo una percentuale di disoccupazione che è la più bassa di sempre” e ”una percentuale di occupazione che è la più alta di sempre” anche perché, ha sottolineato il ministro, gli ”strumenti che prima consegnavano anche a una condizione di tranquillità nella percezione di un sussidio, hanno visto una modifica importante”. ”È finito – ha chiarito – finito il sussidio a gogò”. ”Ho la sensazione che siamo ben incamminati perché quando i dati strutturali del mercato del lavoro continuano a mantenere un trend costante in termini positivi vuol dire che non è un qualcosa come dire di episodico, ma vuol dire che si sta creando invece una consapevolezza”, sottolinea il ministro, ribadendo a sua volta l’importanza della formazione, perché è necessario pensare a “quali sono le sfide per il futuro, non guardare ai lavori che ci sono oggi, ma a quello che ci chiederanno le imprese tra 5 anni anche per effetto della mutazione di alcune attività”.
”Prestissimo avremo degli altri interventi che saranno proprio volti da un lato a sostenere le aziende che assumono, dall’altro a dare alle aziende e ai lavoratori gli strumenti per intercettare quelle che sono le sfide del futuro che parlano di competenza, parlano certamente di Europa, parlano di lavoro e questo è l’elemento importante”, ha poi annunciato Calderone, sottolineando che ”c’è sicuramente la componente importantissima dell’ascolto e della valorizzazione delle tante sensibilità e delle tante diversità. Diversità che non vuol dire condizioni di disagio o condizioni di disabilità, ma diversi talenti di cui il mondo del lavoro invece può sicuramente beneficiare”.
Si è soffermato sul cambiamento del mercato del lavoro anche Rizzetto, spiegando che si tratta di scenari che la politica “deve seguire molto da vicino”. Poi il presidente della Commissione Lavoro della Camera, ricordando che con il governo Meloni si sono registrati 537mila posti di lavoro in più, si è soffermato sulla necessità che “la prossima Europa faccia qualcosa di molto banale: armonizzare tutta la pressione fiscale, perché ormai le nostre aziende non delocalizzano più dall’altra parte del mondo, ma all’interno della stessa Europa, impoverendo il nostro tessuto socio-economico”.
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