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Апрель
2024

L’orazione della prof Ferrando scalda la piazza del 25 Aprile a Pavia: «I conti col fascismo mai fatti fino in fondo»

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PAVIA. Resistere significa non essere indifferenti. Anna Ferrando, docente di storia transnazionale della cultura nell’Italia contemporanea all’Università di Pavia, ha dato cuore e passione alla rituale orazione in piazza Italia. A partire dall’informale «Buon 25 aprile» con cui ha esordito dopo i ringraziamenti di rito alle autorità.

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Materia incandescente

Passione e competenza estrema. «Se a quasi 80 anni – ha detto – il 25 aprile appare materia incandescente nel nostro Paese, è perché i conti con il fascismo non si sono voluti fare appieno».

Eppure, 80 anni fa, qualcuno decise di «superare la linea dell’indifferenza». «La Resistenza – ha ricordato la docente – è stata assunzione di responsabilità di fronte al proprio passato, ma anche riconquista della dignità nazionale calpestata dal fascismo». E sulle modalità con le quali la dignità fu calpestata, la docente si è diffusa con esempi puntuali, documentati, agghiaccianti. Come l’esperienza di una giovanissima Tina Anselmi che con i compagni dell’Istituto magistrale di Bassano del Grappa fu costretta a vedere 43 giovani impiccati agli alberi dopo un rastrellamento dei nazi fascisti.

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O, ancora, come l’annus orribilis per la Resistenza, il 1944 con le Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Fu tutto quest’odio, tutta questa morte a spingere tanti a superare «la nausea per la guerra», e rifugiarsi in montagna, ingaggiando la lotta contro tedeschi e fascisti. Una lotta che costò, a sua volta, sangue e lutti, anche in Oltrepo, terra di partigiani. «Un luogo che ricorda la durezza dell’occupazione – ha rammentato la docente – è il castello di Cigognola, sede della Sicherheits, luogo di interrogatori, torture, sevizie».

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Anche se qualcuno, reduce dalla tragica campagna di Russia, non riuscì a superare la nausea per la guerra. «Ricordo gli occhi azzurri di mio nonno, emozionati, quando da ragazzina mi diceva “io non riesco a parlare di queste cose”. Non rispose ai bandi della Repubblica sociale italiana, anche se questo significava rischiare la vita». La professoressa Ferrando ha restituito voce e ruolo anche alle tante donne che hanno consentito di rovesciare il regime fascista.

Esclusione secolare

«Sulle donne pesavano ancora di più i 20 anni della dittatura fascista perché si innestavano sull’esclusione secolare della donna dalla sfera pubblica». E allora, anche cucire le divise per i combattenti diventava un atto “politico”. E allora, le «differenti idee di Italia che i partiti antifascisti esprimevano furono indispensabili per riscoprire il senso profondo della democrazia». Anche per superare le crudeltà dell’occupazione fascista dell’Etiopia, tra il 1935 e il 1936, una serie di nefandezze «che basterebbero da sole a demolire il mito degli italiani brava gente». Servì il sangue per mondare altro sangue, per consegnare a noi l’Italia che conosciamo e che diamo per scontata. Con un’avvertenza da non scordare mai: «Resistere significa non essere indifferenti».