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Апрель
2024

Sciopero dei giornalisti Rai il 6 maggio. Usigrai: “Controlli asfissianti, vogliono ridurci a megafono del governo”

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Dopo i comunicati per denunciare l’utilizzo della rete come “megafono del governo“, le proteste dopo la censura dei vertici sulla presenza dello scrittore Antonio Scurati al programma Chesarà di Serena Bortone e, ultimo episodio in ordine di tempo, la chiamata del primo ministro albanese, Edi Rama, ai vertici dell’azienda per protestare dopo la messa in onda di una puntata di Report sull’accordo Italia-Albania per i migranti, i giornalisti Rai hanno annunciato uno sciopero per il 6 maggio. A comunicarlo è il sindacato Usigrai spiegando in una nota che “l’incontro di raffreddamento con l’azienda si è risolto con un nulla di fatto, motivo per cui confermiamo il nostro stato d’agitazione“.

Per questo, continua il testo, “sentita la commissione garanzia è stato proclamato uno sciopero di 24 ore con astensione dal lavoro dalle 5.30 di lunedì 6 maggio alle 5.30 di martedì 7”. E aggiunge però che “nel rispetto delle regole fissate dalla Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, non potranno aderire i giornalisti del Giornale Radio Rai che già saranno impegnati in uno sciopero sabato 27 aprile contro l’ipotesi di accorpamento del Gr Sport con Rai Sport e di Gr Parlamento con Rai Parlamento che svuoterebbe Radio1 della sua vocazione all news senza alcun vantaggio per la testata e l’azienda”.

Usigrai fa sapere che nei giorni precedenti allo sciopero verranno messe in atto una serie di iniziative sindacali come da mandato dell’assemblea dei cdr dello scorso 17 aprile. “I motivi della protesta – aggiungono – sono il controllo asfissiante sul lavoro giornalistico, con il tentativo di ridurre la Rai a megafono del governo, l’assenza dal piano industriale di un progetto per l’informazione della Rai, le carenze di organico in tutte le redazioni, il ‘no’ dell’azienda a una selezione pubblica per giornalisti, la mancata sostituzione delle maternità, la disdetta dell’accordo sul premio di risultato senza una reale disponibilità alla trattativa, la mancata stabilizzazione dei colleghi precari”.

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