L'Europa si divide sulle auto elettriche dalla Cina, terza chi non le vuole e chi le produce
Stiamo perdendo un treno? E ci conviene? L’auto elettrica cinese, leader del mercato in espansione, sbarca fisicamente in Europa spinta dai numeri delle vendite in crescita, ma soprattutto dal tentativo di evitare i dazi sulle importazioni. Localizzarsi sul Vecchio Continente, anche per la produzione, è la strategia anti-dazi messa in atto da Pechino. E così è iniziata la “campagna acquisti” tra i Paesi europei e Roma rischia di stare a guardare. Lo dimostra la vicenda Chery. La casa automobilistica cinese aprirà una fabbrica in Spagna, anziché in Italia. È la sua prima fabbrica europea e sarà vicino a Barcellona. Questo stabilimento, che produrrà vetture elettriche sotto i marchi Omoda e Jaecoo, rappresenta un importante passo avanti per l'industria automobilistica cinese nel continente europeo. L'investimento di Chery in Spagna è il secondo tentativo, dopo quello di BYD in Ungheria, di localizzare la produzione nel continente europeo.
La Spagna sta salendo al volo il treno. È in vetta alla classifica dei produttori europei di auto con 2,4 milioni di vetture nel 2023 (il triplo rispetto all’Italia e il doppio rispetto alla Francia) senza avere una “casa madre nazionale”, ma attraendo dall’estero per infrastrutture, incentivi e sostegno governativo. E così è arrivata anche Chery che, dopo una trattativa con Roma, ha scelto Barcellona. Nelle scorse settimane la casa cinese era sempre più data per certa come protagonista in Italia accanto a Stellantis per assumere il ruolo di secondo costruttore. Ma, alla fine andrà in Spagna. Fonti Reuters parlano di scarsi riscontri alle richieste cinesi da parte del governo italiano.
Sono mesi che Roma chiede un salto nella produzione elettrica made in Italy. “Stellantis non è più sufficiente per raggiungere l'obiettivo di 1,3 milioni di veicoli costruiti all'anno nel nostro Paese”, ha ripetuto più volte il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. E alla richiesta di almeno 200mila auto l’anno l’azienda aveva risposto con un “aspettiamo ancora gli incentivi” e un avvertimento del Ceo Carlos Tavares “Fabbriche a rischio se in Italia arrivano produttori cinesi di auto”. E intanto è sfumata la possibilità di produrre la simil-500 cinese di Leapmotor a Mirafiori (Stellantis la produrrà in Polonia), Chery sbarca in Spagna e nessun negoziato con produttori esteri al momento sembra aver dato i risultati sperati.
Tutto questo con il mercato europeo che accoglie sempre più marchi cinesi, l'anno 2023 ha visto un boom senza precedenti, con 7 nuovi brand che si sono aggiunti ai 23 già presenti e con i marchi cinesi hanno registrato la vendita di 322.000 unità nel 2023, con un aumento del 79% rispetto all'anno precedente, portando la loro quota di mercato al record del 2,6% (analisi di Jato).
Ma la localizzazione della produzione cinese continuerà e si rafforzerà non per i numeri (i volumi sono ancora poca cosa) ma per evitare i nuovi possibili e ulteriori dazi sulle importazioni. Bruxelles sta pensando a imporre tariffe fino a 10mila euro sui modelli elettrici meno costosi cinesi, per arginare il mercato di Pechino e proteggere quello europeo. Si vuole fermare l’arrivo delle auto elettriche cinesi? E allora Pechino le costruisce in territorio europeo. A meno che l’Europa non segua gli Stati Uniti, facendo rientrare nei prodotti sottoposti a dazi o sfavoriti dagli incentivi anche le auto prodotte dalla Cina in Europa. Tantopiù che Pechino nel prender piede sul territorio europeo non rinuncia a “portarsi dietro” le parti cinesi direttamente dalla patria. Nel frattempo, la Cina entra in Europa, passando dalla Spagna, che cresce nel settore mentre l’Italia? Perde un treno?