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Апрель
2024

Immigrazione, la realtà batte la paura

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Gli ultimi giapponesi della guerra agli immigrati. A ridurli a patetica retroguardia sta provvedendo non la polemica politica, ma la realtà implacabile dell’anagrafe: che a Nord Est vede scalare rapidamente posizioni la sequenza dei cognomi dal resto del mondo, da Hu a Chang, da Singh a Hoti, da Krasniqi a Gashi, da Hossain ad Abdul. Ma la presenza più significativa ha matrici storiche remote: a Padova il cognome più diffuso (e nelle prime posizioni in regione) è il venetissimo Schiavon. Che, a distanza di secoli, contraddistingue intere generazioni di popoli slavi, provenienti dalla Schiavonia, messi in fuga nel Medio Evo dalle invasioni turche: trovando riparo sull’opposta sponda adriatica, e via via integratisi fino a diventare tutt’uno con la società di accoglienza.

È tutt’altro che un’eccezione. Da decenni ormai, sulla costa della California, il cognome vietnamita Nguyen sopravanza di gran lunga l’americanissimo Brown, equivalente del nostro signor Rossi. E il confine meridionale tra Stati Uniti e Messico, alla faccia dei muri di ogni sorta eretti in funzione anti-immigrati, ne vede passare ogni giorno a decine di migliaia: al punto da venire ridicolizzato con l’etichetta di tortilla border. L’Occidente che si affanna a innalzare barriere contro il resto del mondo, sta diventando inesorabilmente vittima di un apartheid alla rovescia, quotidianamente smentito dai fatti: come in Gran Bretagna, dove oggi i tre premier di Inghilterra, Scozia e Galles, Sunak, Yousaf e Gething, hanno radici rispettivamente in India, Pakistan e Zambia.

A quella parte consistente d’Italia che utilizza gli immigrati come esca elettorale, e si ostina a presentarli come una minaccia da ributtare a mare, il Nord Est è in prima fila nell’opporre la realtà dei numeri, ma pure della sostanza. A Monfalcone, la cui sindaca cavalca la crociata anti-moschee, gli stranieri sfiorano il 30% della popolazione; presenze consistenti si registrano a Verona col 22, a Padova col 19; ad Arzignano, nel Vicentino, su 25 mila abitanti uno su cinque è immigrato, proveniente da 67 Paesi diversi. Nelle scuole venete, i ragazzi stranieri sfiorano i 100 mila, il 14%; in quelle friulane sono 23 mila, il 17%. Quanto ai grandi, contribuiscono per la loro parte alla quotidianità: in Veneto versano un miliardo l’anno di Irpef, e valgono il 12% del Pil; in Friuli Venezia Giulia garantiscono 3 miliardi di Pil, pari al 9 %. Ci sono già oggi 65 mila imprenditori veneti stranieri, quelli friulani sono 12 mila.

Certo, c’è tanto lavoro ancora da fare per garantire una piena integrazione a chi arriva dall’altro mondo: a partire da un’adeguata formazione, come sottolineano le associazioni degli imprenditori, per i quali un’immigrazione qualificata rappresenta ormai una priorità. Esemplari, in questo senso, gli accordi in atto da parte di Confindustria veneta; inutili, se non risibili, le battaglie per le barriere: smentite, oltretutto, già nella preistoria. Come ha documentato una ricerca genetica, 30 mila anni fa un gruppo consistente di emigranti africani approdò in Europa, soppiantando le popolazioni indigene. Chissà cosa ne penserebbero il generale Vannacci e i suoi epigoni.