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Апрель
2024

Carceri, al Coroneo di Trieste 103 detenuti in più: «Condizioni inaccettabili »

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TRIESTE Visto da fuori, con gli agenti di polizia penitenziaria che entrano ed escono alla spicciolata per il cambio turno, sembra tutto sereno e normale. E invece le parole per descrivere ciò che hanno osservato i componenti della delegazione durante la visita di ieri mattina nella casa circondariale di Trieste, non hanno nulla a che fare con quella sensazione di tranquillità immaginata. Innanzitutto per i numeri del sovraffollamento: 242 detenuti a fronte di una capienza di 139.

«Le condizioni in cui vivono le persone, lì dentro, sono inaccettabili», ha affermato la consigliera regionale di Patto per l’Autonomia Giulia Massolino a sopralluogo concluso. È stata lei a chiedere di entrare al Coroneo per constare la situazione. Era accompagnata dalla garante comunale per i diritti dei detenuti Elisabetta Burla, dal garante regionale dei diritti della persona Paolo Pittaro e da Massimo Brianese, componente della Società della Ragione, realtà impegnata sul terreno della crisi della giustizia e della riforma del carcere.

Dunque l’annoso problema del sovraffollamento. «In stanze in cui ci dovrebbero essere due persone, se ne contano quattro o sei», ha insistito Pittaro. La visita di ieri è stata chiesta da Massolino proprio per questo. «Un dramma nazionale – ha precisato dal canto suo il garante regionale – le strutture del Paese hanno una capienza di 51 mila persone, ma ad oggi siamo a oltre 61 mila». Per le 242 persone in carcere a Trieste (di cui 26 donne nella sezione femminile) costrette a condividere spazi pensati, costruiti e gestiti per 139, significa «che le condizioni in cui vivono non rispettano il fine educativo della pena», ha rimarcato Burla. E ciò comporta anche, oltre alle celle piene, l’impossibilità a far partecipare tutti ad attività e corsi. A questa situazione si aggiunge il personale «drammaticamente sotto organico».

Di quei 242 detenuti (metà stranieri e una parte significativa di età compresa tra i 19 e i 29 anni), 116 sono condannati in via definitiva e quindi «potrebbero beneficiare di misure alternative», hanno spiegato i due garanti, Burla e Pittaro. Di qui il pressing, a livello nazionale, per una riforma della giustizia, depenalizzando reati minori e puntando a pene e strutture alternative al carcere.

«Il problema del sovraffollamento – ha ripreso Massolino, che insieme al capogruppo di Patto per l’Autonomia aderisce alla “staffetta” di digiuno promossa dal garante di Udine, Franco Corleone per sensibilizzare sulle condizioni dei detenuti – non si risolverà costruendo carceri più grandi, ma facendo in modo che ci siano meno persone recluse, lavorando sulla prevenzione e garantendo la reintegrazione di coloro che hanno portato a termine il percorso rieducativo. Bisogna investire nel carattere riabilitativo delle pene».

Il Coroneo non è investito dal fenomeno dei suicidi (in Italia, da inizio anno, sono 30 le persone che si sono tolte la vita); la struttura, peraltro, ogni mese compie una valutazione sulle situazioni di rischio. Ma all’interno della casa circondariale di Trieste ci sono detenuti con disagio psichico e tossicodipendenti. Peraltro dei complessivi 242, solo una parte – 116, cioè chi sconta una condanna definitiva – può essere seguito da psicologi. Come è stato fatto notare ieri, chi versa in condizioni di disagio ricade quindi sul sistema sanitario regionale, «già sottodimensionato».

«La Regione – ha chiosato Massolino – ha un ruolo fondamentale sulla salute mentale e sulla continuità assistenziale di detenute e detenuti».