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Апрель
2024

Lutto nel mondo della musica triestino: morto Fulvio Cancelli

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TRIESTE È scomparso Fulvio Cancelli, e con lui se ne va un pezzo di storia della musica cittadina. Sassofonista, clarinettista, flautista, noto sia per la sua lunga carriera nell’orchestra del Teatro Verdi che nell’ambito della scena jazz, Cancelli era nato a Trieste nel 1938. Musicista apprezzato è anche il fratello Gino, trombettista, classe 1934.

Il libro di Giorgio Berni “Trieste e il jazz – Cinquant’anni di storia” (Ed. Fenice 2002) li definisce: «I fratelli terribili del jazz triestino. Terribili perché il loro carattere e la loro passione viscerale per la musica ne fanno oltre che dei personaggi godibilissimi, pur diversi nel carattere, anche dei perfezionisti nella qualità della produzione musicale».

Fulvio grazie alla musica ha girato il mondo: a vent’anni parte, come bagaglio l’astuccio dello strumento e poco più, e suona in Olanda, Francia, Svizzera, Germania, Austria, Spagna, Malesia, Libano, Giordania, Afghanistan, Kenia, Egitto, Angola, Dubai, Marocco.

Quando torna a Trieste entra nell’orchestra del Verdi, parallelamente continua a portare avanti la sua passione per il jazz, lavorando per la Rai, con la Big Band del Music Club di Trieste, oltre che le esibizioni nel Trieste Modern Jazz.

«Mamma era napoletana – racconta Gino Cancelli – e papà romano: la sua carriera militare li portò nel capoluogo giuliano, dove misero su una famiglia numerosa, sette figli. Fulvio, che aveva quasi cinque anni meno di me, cominciò a suonare emulandomi. Suonavamo nella banda del ricreatorio e ascoltavamo i dischi jazz cercando di imitare gli americani. Dopo il militare fui proprio io a fornirgli una grande occasione: suonare per l’Hilton Hotel a Kuala Lumpur. Lì è cominciata la sua vera carriera, dal top, stava molto bene. Nel ’72 l’ultimo contratto a Dubai. Tornato qui sono riuscito a farlo entrare al Verdi dove è rimasto fino al pensionamento nel ‘94».

«I fratelli Cancelli – commenta Gabriele Centis, direttore della Scuola 55, da batterista ha suonato con entrambi – hanno attraversato la storia della città, animatori della scena, dai tempi delle bande di tradizione austro-ungarica, poi il boom del jazz con la presenza degli americani nel dopoguerra. È stata una generazione di musicisti di altissimo livello. Ho imparato tantissimo da loro. Due personalità al fulmicotone, con una musicalità grandissima, capaci di essere dentro la musica in maniera istintiva. Fulvio era uno studioso instancabile, ipercritico con sé stesso».

Lascia tre figli, due con la moglie Bianca Mestroni (anche lei flautista, ha lavorato a teatro con il marito): «A vent’anni entrai in orchestra al Verdi – ricorda Bianca – trovai Fulvio vicino, era stupendo, solido, affidabile, eclettico, curioso. Aveva un cuore che pulsava per il jazz. Amava Trieste, specie Via San Michele 11 dove era nato».